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Caccia a due complici di Igor

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Due complici, uno in Italia, l’altro in Spagna. La procura di Bologna è convinta che Norbert Feher, alias “Igor il russo”, durante la latitanza abbia avuto almeno due compari. Due fantasmi, per il momento, a cui gli inquirenti sperano di dare un nome grazie al diario trovato fra le cose del killer di Budrio il giorno del suo arresto a Saragozza. Un’agenda che viene descritta da fonti investigative come “corposa, piena di appunti, di nomi e numeri di telefono che potrebbero tornare utili per chiudere il cerchio attorno agli amici del criminale”. Un documento che nei prossimi giorni sarà consegnato ai carabinieri che si recheranno in Spagna per acquisire il materiale in possesso dei magistrati iberici.
Ma come si è arrivati alla certezza che Feher abbia avuto dei compari che lo hanno aiutato? Gli inquirenti hanno lavorato sulla logica delle cose e sulle ammissioni velate che l’assassino ha fatto in varie fasi dopo l’arresto. Per la procura Igor ha un complice italiano perché è lui stesso ad ammetterlo. Il killer ha fatto trapelare, anche attraverso i suoi legali spagnoli, l’intenzione di parlare al processo che si aprirà in Italia (fissate le date del 12, 17 e 31 ottobre) per ammettere parte di reati commessi. Feher sarebbe insomma pronto ad assumersi la responsabilità degli omicidi di Davide Fabbri e Valerio Verri, e del tentato omicidio di Marco Ravaglia, ma non della rapina alla guardia giurata Pietro di Marco, a cui il 30 marzo 2017 portò via la Smith&Wesson con cui poi sparò contro le sue vittime.
Non fu lui quindi a rubare la pistola, che gli venne consegnata successivamente. I magistrati sarebbero portati a credergli. D’altra parte, perché mentire su una rapina a fronte della confessione di due omicidi? Feher tuttavia non è disposto a tradire chi quella rapina l’avrebbe fatta. Questo per gli investigatori significa che si tratta di un complice fuori dal circuito dei nomi “noti”, lo stesso che forse lo ha poi aiutato a sfuggire alla cattura, allontanandosi dal nascondiglio che aveva fra i pantani delle e province di Bologna e Ferrara.
C’è poi la questione del complice in Spagna. Al momento dell’arresto, il killer serbo aveva con sè una pistola Beretta che in Italia non aveva. Gli inquirenti hanno fatto una ricerca presso l’azienda produttrice e hanno scoperto che si tratta di un’arma venduta in Spagna tanti anni fa. Una pistola che non è stata rubata di recente e di cui per questo non c’è traccia negli archivi (il registro dei furti di armi è stato istituito solo da alcuni anni). Chi indaga si è convinto che sia stata consegnata a Feher da un complice spagnolo, un sodale che, anche in questo caso, non sarebbe uno dei tanti ipotizzati in passato. Due ombre, a cui si tenterà di dare un volto e un nome analizzando gli appunti contenuti nel diario del killer.

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