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Roma, il muro attorno ai migranti alla Tiburtina: ” Sgomberati? Sarà peggio”

Tra le tende dei rifugiati vicino alla stazione. Gli stranieri assistiti dai volontari del Baobab: “Solo noi facciamo qualcosa, da anni chiediamo una sistemazione vera”


“Quelle recinzioni sono un chiaro segnale – osserva Andrea Costa, il portavoce dei volontari di Baobab Experience – se ci dovessero sgomberare, tutte le marginalità che noi assistiamo si riverserebbero a ridosso della stazione, sotto ai palazzi dei residenti. Allora sì che sarebbe un bel problema. Qui non diamo fastidio a nessuno”.

Poi alza lo sguardo, Costa. Scruta le cime dei 12 pioppi che costeggiano il vialetto d’ ingresso alla tendopoli in via Gerardo Chiaromonte, sul retro della stazione Tiburtina. ” Hey Chris – esclama – come stai?”. Il 30enne nigeriano, con regolare permesso di soggiorno, non dorme più da tempo al Baobab. Adesso ha una borsa di studio, frequenta un master di I livello in Risorse umane alla Cattolica di Milano.

È tornato a Roma per cambiare la residenza. E quando è in città, passa sempre a salutare ” gli amici del Baobab” che nel 2016 l’aiutarono a rifarsi una vita. Come lui gli altri 75mila ragazzi (uomini e donne) che i volontari hanno assistito dal 2015 a oggi. Ora le cancellate montate a protezione del piazzale di proprietà delle Ferrovie preannunciano lo sgombero. Restano da montare solo le ante del cancello.

Gli operai della ditta appaltatrice lavorano dal 27 agosto alla messa in sicurezza del cantiere: presto dovrebbe partire l’ultimo stralcio del progetto di riqualificazione dell’area intorno alla stazione Tiburtina. L’unico immobile ( diroccato) che guarda il ” villaggio dell’accoglienza informale “, ospiterà i laboratori per la ricerca ingegneristica della Sapienza.

Nascerà un giardino dove adesso sopravvivono centinaia di marginalità diverse, in oltre 200 tende rialzate con i mattoni e rinforzate in lamiera. Ci sono i migranti appena arrivati a Roma con il pullman dopo la traversata in mare e lo sbarco in Sicilia, accanto ai ” dublinati” arrivati qualche tempo prima e rispediti in Italia dagli altri Paesi della Ue perché qui gli erano state prese le impronte digitali. E poi la famiglia italiana caduta in povertà, gli sgomberati di via Vannina e via Costi che sono passati per il Baobab prima di trovarsi una soluzione alternativa.

“Non facciamo la selezione all’ingresso – aggiunge Costa – Da tre anni chiediamo al Comune di aprire un hub di prima accoglienza per i migranti. Vorremo che quello che facciamo noi lo facessero le istituzioni ” . Il personale della Sala operativa sociale ( Sos) del Comune ha un presidio fisso davanti al Baobab. “Nel corso del tavolo che si è tenuto tre giorni fa in prefettura – spiega il delegato alla Sicurezza della sindaca, Marco Cardilli – è stata fornita una fotografia della situazione, con i numeri degli interventi della Sos. Non si è parlato di sgombero ” . Ma una nuova riunione è fissata per il 24 ottobre. I volontari temono che sia quella la sede in cui verrà formalizzata la decisione di spazzare via tutto.

“Ci auguriamo avvenga il prima possibile – attacca Lorenzo Mancuso, del Comitato cittadini stazione Tiburtina – speriamo che vengano perseguiti anche gli organizzatori, non è possibile che a Roma chiunque possa creare una tendopoli abusiva che richiama centinaia di migranti irregolari “. Secondo Mancuso “il Baobab, insieme agli accampati sotto la tangenziale e gli sbandati che bivaccano davanti alla stazione, crea una situazione incandescente, un clima invivibile per tutta la cittadinanza”.

Mudu scuote il capo. Mentre ravviva la brace del focolare che usa per cucinare insieme al suo compagno di tenda, osserva: ” Non diamo fastidio a nessuno, i residenti del quartiere vengono a portarci cibo e vestiti – osserva il 43enne senegalese, al Baobab da 7 mesi – siamo tutti in attesa dei documenti, la burocrazia è lenta. Vogliamo andar via. Se fossero più veloci non staremmo qui”. In quel villaggio di tende e lamiere rappresentazione della ” politica delle ruspe ” che rifiuta l’accoglienza

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