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Mimmo Lucano, revocati i domiciliari al sindaco: divieto di dimora a Riace

“Sento di nuovo la libertà ma sono amareggiato. Il confino? Non sono un criminale. Sembra che ci sia l’obbligo di stritolarmi”

Fine dei domiciliari per Mimmo Lucano, il sindaco, oggi sospeso di Riace, confinato in casa dal 2 ottobre scorso quando è stato arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il tribunale del Riesame, di fronte al quale oggi si è celebrata l’udienza, ha revocato la misura disposta dal giudice di Locri sostituendola con il divieto di dimora.

Anche per la sua compagna, Lemlem Tesfahun la misura cautelare sarebbe stata affievolita. La donna, che dal 2 ottobre scorso ha il divieto di stare a Riace non solo potrà tornare a Riace, ma sarà obbligata a starci con tanto di obbligo di firma. “Un po’ sono contento perché è come sentire di nuovo la libertà, ma non posso non essere amareggiato – dice dalla casa che presto dovrà lasciare- Cosa sono un criminale? La mia paura è che tutto questo sia diventato un fatto politico, che adesso ci sia l’obbligo di stritolarmi”.

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È frastornato Mimmo Lucano, confuso. Non sa dove andrà, come si organizzerà a partire da domani mattina. Cerca di capire cosa abbia portato i giudici a questa decisione. “Io non ne capisco di diritto ma tutto questo mi sembra assurdo. Forse ho sbagliato a dire che avremmo comunque mantenuto in vita il sistema Riace senza finanziamenti pubblici, che avremmo fatto accoglienza spontanea. Cosa ho fatto di male per non stare nel mio paese dopo che ci ho messo l’anima?”.

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Anche nei momenti di sconforto seguiti alla comunicazione della decisione però non ha rimpianti. “Non ho ancora parlato bene con i legali ma si farà ricorso. Io non mi pento di quello che ho fatto anche se adesso sono praticamente in esilio”. Proprio lui che nel “paese dell’accoglienza” negli anni ha dato casa a centinaia di persone costrette a lasciare la propria, sarà obbligato a lasciare la “sua” Riace, divenuta in queste settimane il centro nevralgico di mobilitazioni, iniziative e assemblee antirazziste, organizzate da una galassia di associazioni, comitati, partiti uniti in una rete di solidarietà divenuta ancora più ampia e coesa dopo la circolare con cui il ministero dell’Interno ha cancellato tutti i progetti di accoglienza.

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Sotto casa del sindaco, sabato 6 ottobre ha sfilato un gigantesco corteo di oltre 6mila persone per mostrargli solidarietà e chiederne la liberazione, in centinaia fra politici, artisti, attivisti, sindacalisti si sono presentati a Riace per incontrarlo o mostrargli solidarietà. Ma adesso non sarà più possibile.

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Secondo indiscrezioni, la decisione del Tribunale del Riesame sarebbe stata dettata dalla necessità di evitare che Lucano, oggi sospeso dall’incarico, torni ad indossare la fascia tricolore e da sindaco possa commettere nuovamente il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui è accusato. La sospensione della prefettura decadrebbe in via automatica in caso di totale scarcerazione, mentre secondo la legge Severino permane se «il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale». Ma nella rete di associazioni, comitati che in queste settimane si sono stretti attorno a Lucano e alla “sua” Riace, la lettura è diversa. Ed è politica. Lucano – recita il manifesto che anche oggi a Reggio Calabria ha portato in piazza 600 persone in solidarietà con il sindaco – “è al centro di una campagna politica diffamatoria e falsificatrice, che colpisce Riace per mettere una pietra tombale sull’accoglienza e sull’idea di un’Europa dei popoli e di un Mediterraneo plurale. Ma noi non cederemo di un passo”.

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