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Ischia, l'avvistamento è eccezionale: a tu per tu con la rara tartaruga liuto

A 4 miglia dall’isola l’incontro del team di Oceanomare Delphis con il rettile a rischio estinzione, la più grande delle 7 specie di tartarughe marine


 
Quindici minuti in emersione, a quattro miglia dalle coste di Ischia e precisamente nel canyon di Cuma, un piccolo paradiso di biodiversità popolato anche da delfini, balenottere e capodogli. La rara tartaruga liuto si è mostrata così ai ricercatori di Oceanomare Delphis Onlus, che perlustrano quotidianamente i mari del golfo di Napoli cercando cetacei. E l’avvistamento sensazionale di un esemplare della più grande delle sette specie di tartarughe marine esistenti (può raggiungere anche i 2,5 metri di lunghezza), “cugina” della più comune Caretta caretta (che invece in Campania nidifica) è stato segnalato al Centro Ricerche Tartarughe Marine della Stazione Anton Dohrn di Portici, con cui Oceanomare ha avviato una collaborazione scientifica per la realizzazione di attività congiunte di ricerca, formazione e sensibilizzazione sulla tutela dell’ambiente marino, e in particolare dei grandi vertebrati che popolano il nostro mare.
La tartaruga liuto, di quasi due metri di lunghezza, nuotata in un tratto di mare che raggiunge la profondità di 600 metri e che proprio in virtù della ricchezza della sua fauna è prossimo alla zona D, cosiddetta “pelagica”, dell’Area Marina Protetta “Regno di Nettuno”, che abbraccia Ischia, Procida e Vivara.
L’emersione prolungata ha consentito il riconoscimento e la cattura fotografica dell’animale, che potrebbe ora consentirne la foto-identificazione, come avviene – per prassi – per tursiopi, stenelle e capodogli che l’imbarcazione di Oceanomare Delphis, il veliero Jean Gab, intercetta nelle sue uscite. Se per balene e delfini sono la forma della pinna, i graffi o le cicatrici a fungere da vera e propria carta d’identità, per la tartaruga liuto il tratto distintivo è la forma della macchia rosa presente al centro della testa.
L’avvistamento nel mare ischitano, decisamente eccezionale, è considerato una buona notizia: a causa dell’impatto antropico a livello globale, la tartaruga liuto è infatti inserita nella Lista Rossadelle specie a rischio di estinzione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ed è classificata come ‘vulnerabile con trend di popolazione in diminuzione’. La sua è per la verità una distribuzione cosmopolita, con siti di nidificazione presso spiagge sabbiose tropicali e zone di foraggiamento che si estendono da latitudini temperate a sub-polari. In Mediterraneo non nidifica, ma si spinge talvolta per il foraggiamento: lunghi viaggia alla ricerca di meduse e altri invertebrati pelagici, prevalentemente nel bacino occidentale, benché non manchino avvistamenti nei mari di Israele ed Egitto.
“In Italia si contano, tra il 1981 e 2000, appena 152 avvistamenti su 411 registrati in Mediterraneo” spiega Sandra Hochsheid, Responsabile del Centro Ricerche Tartarughe Marine della Stazione Zoologica Anton Dohrn.  E del resto non deve essere difficile comprenderne il perché, visto che “la tartaruga liuto, come altre tartarughe marine, è minacciata dalle attività umane, per lo più di pesca, ed anche dai pericoli derivanti dall’inquinamento da plastica”. Un esempio su tutti, che riporta al 2007: “In una spiaggia di Gaeta – spiega la Hochscheid –  fu rinvenuto un esemplare con lo stomaco e l’intestino colmi di buste di plastica, che l’animale aveva ingerito probabilmente scambiandolo per meduse, suo alimento preferito”.
Sembrava regolarmente in salute, invece, la liuto osservata nel mare di Ischia: è qui, tra l’isola verde, Ventotene e Capri, che si snoda essenzialmente l’attività di Oceanomare Delphis: “Oltre ai cetacei, target del progetto, monitoriamo anche la presenza di tartarughe quali ulteriori indicatori dello status di conservazione e biodiversità dell’ecosistema marino”, spiega Barbara Mussi, la presidente della onlus.
E questo sembra un anno fortunato: “Dall’inizio della campagna 2018  i nostri ricercatori hanno realizzato 15 avvistamenti di specie di tartarughe, di cui 14 tartarughe comuni (Caretta caretta) e l’ultima la tartaruga liuto. Ciò non toglie – conclude la cetologa – che la presenza di plastica nel nostro mare rappresenta una delle minacce principali anche per le popolazioni di cetacei che utilizzano quest’area come sito di alimentazione e riproduzione”.

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