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Firenze, spariti 158 milioni di euro in criptovalute: "Un furto che riguarda oltre centomila utenti"

Parla Francesco Firano, l’amministratore di Bitgrail, la società che tratta la “Nano moneta”, simile ai Bitcoin: “Appena ce ne siamo accorti siamo andati subito alla polizia”. La procura di Firenze apre un’inchiesta

L’ammanco è di quelli clamorosi: 17milioni di Nano monete sparite nel nulla. Lo scorso venerdì Francesco Firano, fiorentino, 31 anni, ex programmatore di computer convertito alla finanza virtuale, si è presentato negli uffici della Polizia Postale di Firenze per denunciare che qualcuno aveva trafugato dalla piattaforma italiana Bitgrail che lui amministra, un valore di circa 158milioni di euro nella criptovaluta Nano, una specie di mini-Bitcoin. Un crac che potrebbe rivelarsi molto doloroso per migliaia e migliaia di persone sparse nel mondo che usavano questa piattaforma italiana di exchange per fare gli spericolati trading con le monete virtuali. La procura di Firenze ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di “frode informatica connessa con furto di indebito utilizzo dell’identità digitale di uno o più soggetti”.
E’ l’avvocato Francesco Ballati a fare da tramite e a contattare Francesco Firano che accetta di parlare al telefono di quello che è accaduto. Lo fa nel giorno stesso in cui sulla pagina di Bitgrail ha pubblicato un documento in cui spiega che “si è trattato di un furto” e che questo non è imputabile al loro software. “Abbiamo presentato regolare denuncia alle autorità competenti segnalando le informazioni riguardanti i responsabili dell’hack ed i bug sfruttati. Non daremo informazioni tecniche dettagliate sul furto pubblicamente”.
Quando si è accorto di quello che era successo?
“Nei giorni scorsi. Abbiamo due portafogli, uno che opera nel web e l’altro off line. Nel trasferire i fondi da uno all’altro ci siamo resi conto dell’ammanco…”
17milioni di Nano monete. Sono una cifra enorme: come si spiega per una società come la Bitgrail che è nata soltanto a gennaio scorso?
“Dipende dal valore di queste criptovalute che sono passate da 10 centesimi di dollaro, valore all’ottobre 2017, ai 30 dollari a dicembre…. Poi la Bitgrail ha rilevato una piattaforma web che io avevo creato fin dall’aprile del 2017”.
Come si spiegano questi balzi nel valore delle criptovalute?
“E’ cresciuta molto la domanda rispetto all’offerta”.
Su alcune chat lei è accusato di aver fatto il furbo. Di non aver subito denunciato la cosa. 
“Lo so, ma non è vero. Il fatto è che non siamo in grado di attribuire una data a quelle transazioni, cioè tecnicamente quella moneta non riporta un dato temporale delle transazioni”.
Si è fatto un’idea di quante siano le persone danneggiate da questo maxi ammanco?
“Stiamo facendo delle valutazioni. Sulla piattaforma di exchange abbiamo 220mila iscritti, circa la metà di questi utenti hanno investito sulle Nano valute”.
Quindi potenzialmente i derubati sono oltre centomila?
“Sì”.
Quanti sono in Italia e quanti in altri Paesi?
“Non siamo in grado di dirlo perché chi si iscrive non è vincolato a far sapere dove è residente o una sua anagrafica. Non siamo soggetti alle normative antiriciclaggio. Possiamo calcolare che oltre centomila iscritti avevano Nano valute in deposito”.
C’è un modo a suo avviso per rintracciare il bottino scomparso?
“Penso di sì. Noi abbiamo segnalato alla polizia dove riteniamo che siano finite quelle criptovalute”.
In Italia o all’estero?
“Non siamo in grado di dire dove, ma soltanto di dare un indirizzo mail di iscrizione”.
L’accusano di non aver protetto gli investitori.
“Un exchange non è una banca, non è un luogo sicuro. Non c’è lo Stato o l’Europa che rimborsa o risarcisce chi opera nelle criptovalute…”
Lei sta dicendo che è un settore a rischio?
“Dico che i soldi non vanno tenuti sull’exchange e che chi lo fa in genere li tiene lì per tentare speculazioni sull’oscillazione delle criptovalute ed è anche consapevole del rischio. Non c’è certezza

di inviolabilità”.
Scorrendo le chat ci sono centinaia di commenti arrabbiati contro di lei. Stanno arrivando in questura le prime denunce. C’è chi la minaccia. Ha paura?
“Per la vita sì. Hanno divulgato sui social network i miei dati personali, dove abito, con tanto di mappa”.
Come pensa di proteggersi?
“Ho avvertito la polizia”.

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