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E nella Giornata mondiale della cotoletta viennese vi spieghiamo come si fa alla perfezione la milanese

E’ nata prima quella italiana o quella austriaca e che ruolo ha avuto il maresciallo Radetzky nella diffusione della ricetta? Due chef d’eccezione raccontano un pezzo dell’anima milanese e della sua rivale storica. 


Dove sia realmente seppellito Virgilio, dove sia nato il poeta latino Properzio, o ancora chi abbia inventato veramente la lampadina, chi sia il vero artista capace di dipingere gli sfondi sfumati alle spalle della Vergine delle rocce di Leonardo. Il mondo è pieno di diatribe sull’attribuzione di paternità più o meno incerte – di opere d’arte -, lotte di campanile per la supremazia di un’invenzione, un’opera, un prodotto rispetto a quello del paese accanto. La gastronomia, non fa eccezione e mentre Emilia Romagna e Campania litigano per il ragù migliore, tra Milano e Vienna da secoli ci si interroga sulla vera identità della cotoletta. Italiana o austriaca, migliore di maiale o di vitello, più nobile l’una o l’altra ricetta: una diatriba gastronomica con alle spalle ragioni storiche e alimentari ben definite. All’alba della giornata internazionale della Wiener Schnitzel, ovvero la cotoletta viennese, proviamo a raccontarla.

Le due principali campane del racconto si palleggiano la paternità del piatto con supporti storici più o meno evidenti, legati innanzitutto alla dominazione austriaca nel lombardo-veneto. Secondo una delle teorie in campo, infatti, la Wiener Schnitzel sarebbe stata importata a Milano dagli austriaci in un momento imprecisato dopo il crollo dell’impero napoleonico e la restaurazione delle monarchie europee. Plausibile, se non fosse che la controparte italiana, convinta della superiorità o quantomeno della più radicata identità territoriale della sua ricetta, la rivendica proprio utilizzando uno dei personaggi storici più importanti nel rapporto tra Milano e Vienna. Ovvero il Maresciallo Josef Radetzky che, secondo gli aneddoti che circolano in vari ambienti, avrebbe parlato in una lettera al suo Imperatore, Franz Joseph d’Asburgo-Lorena, di questa “carne avvolta nel pane” la cui ricetta avrebbe conosciuto grazie al matrimonio con una nobile friulana, Francesca Strassoldo.

E nella Giornata mondiale della cotoletta viennese vi spieghiamo come si fa alla perfezione la milanese

 Cotoletta alla viennese: larga e sottile, a differenza di quella italiana, rigorosamente alta

Entrambe le rivendicazioni sarebbero legittime – e la seconda ha sicuramente dei fondamenti storici notevoli, anche se sull’effettiva esistenza della lettera del maresciallo all’imperatore ancora si dibatte -, ma tutto si spegne, i fuochi si acquietano, grazie a un lavoro dello storico Romano Bracalini che, citando Pietro Verri e la sua Storia di Milano, porta alla luce un documento del XII secolo d.C. Ovvero un menu antichissimo, probabilmente appartenente a un monastero e oggi conservato nella Cattedrale di Sant’Ambrogio, che recitava così: “In secunda, pullos plenos, carnem vaccinam cum piperata, et turtellam de lavezolo: in tertia, pullos rostidos, lombolos cum panitio, et porcellos plenos“. I lombolos cum panitio altro non erano che una lombata di vitello impanata, e il carteggio portato alla luce dal Verri, una prova inequivocabile.

Una volta seduti a tavola, però, quali sono le reali differenze tra questi due piatti tanto vicini da essere parenti, l’uno discendente dell’altro? Innanzitutto, forse banalmente ma nemmeno tanto, la forma che, come sottolinea lo chef Cesare Battisti del Ratanà di Milano, “deve essere quella di una costoletta”. Deve avere, cioè, “l’osso, il manubrio, e venire dalla parte centrale del carrè di vitello”. Attenzioni dalle quali non si può prescindere perché questa “ricetta che affonda le radici nei tempi che furono” merita il rispetto che si deve a una “delle anime della città” a parte della sua identità, a uno dei piatti “dei pochi, con cui Milano ha contribuito a rendere famosa nel mondo la cucina Italiana”.

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 Cotoletta viennese: cambia la carne, qui di maiale e non di vitello

“Una delle differenze fondamentali con la viennese, in quanto a ricetta, parte proprio dalla questione della carne. La loro consiste in un taglio di maiale battuto, appiattito in modo che sia largo, a orecchio di elefante come si suol dire,  la nostra deve essere necessariamente alta e, ad oggi, esclusivamente di vitello”. Nonostante in passato questo taglio fosse riservato a nobili ed ecclesiastici – come nel menu riportato da Pietro Verri – “e quindi non è detto che, nella sua versione più popolare, in passato non sia stata preparata con carne di maiale anche la versione nostrana”. In città, oggi, “la fanno in mille modi, con i grissini sbriciolati, tanto quanto con il pane giapponese sbriciolato, in modo da avere delle scaglie sulla superficie della carne. Noi (al Ratanà la costoletta si può mangiare solo previa prenotazione, ndr) utilizziamo un particolare pane integrale impastato con acqua di fonte”, fatto da un “mio amico folle, innamorato della panificazione”.  Ma un piatto della tradizione come la cotoletta, può essere considerato gourmet?: “Come tutti i piatti molto semplici, se cotto con la giusta e doverosa attenzione, può diventare un piatto sublime”.  Imprescindibile, resta “l’altezza, che deve essere tale da mantenere l’interno della carne rosa”. La vera cotoletta alla milanese “non può essere ben cotta, in quanto il sangue della parte rosata ha una duplice funzione”: quella di mantenere un contrasto di consistenze “tra la parte croccante della panatura e l’interno, che in caso contrario renderebbe il morso affatto confortevole”. E, come sottolinea lo chef Giovanni Traversone della Trattoria del Nuovo Macello, quella “di rappresentare la parte acida del piatto. Se la costoletta alla milanese è cotta con tutti i crismi, non c’è affatto bisogno di abbinarci del limone”.

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 Cotoletta alla milanese: se ben cotta, non c’è bisogno del limone

I 10 punti per la cotoletta perfetta (dello chef Giovanni Traversone)

1.  Il primo passo è dal macellaio, rigorosamente uno di fiducia. Il taglio deve essere il carrè di vitello, tenuto ben alto.
2.  Prima di procedere alla panatura, il taglio di carne va pulito dal grasso, anche se qualche accenno, nella preparazione casalinga, è accettato.
3. Per preparare la carne alla panatura, va prima passata nella farina, in modo che sia ben asciutta. E’ importantissimo pulirla, non deve restare alcun eccesso.
4. Dopo la farina  va fatto il passaggio nell’uovo, assolutamente non salato.
5. Infine, il momento fondamentale: la carne va messa in una teglia piena di panatura, facendola stare alcuni istanti per ogni lato e poi lasciandola riposare per circa cinque minuti prima di procedere alla cottura.
6. La scelta della panatura è importante. La resa migliore è con un macinato di pane di grano duro
7. Altro ingrediente fondamentale per una vera costoletta alla milanese è il burro chiarificato, che va scaldato tenendo la fiamma a livello medio.
8. Quando il burro sfrigola, si può passare alla cottura della carne. Circa cinque o sei minuti per lato, facendo attenzione che il fuoco sia ben basso.
9. Fondamentale è che l’interno resti rosato, solo così si può dire che la cottura è perfetta.
10. Una buona cotoletta è tale a prescindere dall’abbinamento di contorno. Se si vuole fare un po’ di attenzione, l’importante è che ci sia un elemento umido, d’estate una purea di verdure (alla Trattoria è di zucchine) e d’inverno o la classica purea di patate, oppure per un contorno più elegante, un finocchio in agrodolce con purea di carote.

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