EXITO STYLE

Carabiniere ucciso a Roma, confessa il killer: è uno dei due giovani americani fermati

Si chiarisce la dinamica del delitto: la borsa rubata a un pusher colpevole di aver loro venduto aspirina al posto di cocaina. Lo spacciatore che denuncia lo scippo e i militari in borghese che si presentano all’appuntamento per la restituzione scatenando la violenza ciecadi DANIELE AUTIERI e MARIA ELENA VINCENZI

Sono arrivati in caserma intorno a mezzogiorno e mezzo. Prelevati dalla stanza del loro albergo a quattro stelle da più di 200 euro a notte a pochi passi dalla Corte di Cassazione, nel pieno centro di Roma. Due ventenni americani, in vacanza in Italia. I carabinieri sapevano che i due erano coinvolti in qualche modo nella morte del loro collega, il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ma non sapevano ancora come. Pensavano che i due ragazzi fossero finiti in un brutto giro di droga e che, in qualche modo, avessero trascinato in un pasticcio i militari. Li credevano vittime di questa brutta storia. Invece ieri sera, intorno alle dieci, uno dei due ha confessato: è stato lui ad accoltellare a morte il militare. Volevano cocaina, si sono ritrovati con un po’ di aspirina tritata. Hanno deciso di vendicarsi rubando la borsa allo spacciatore. Poi hanno perso la testa. E, alla fine, hanno ucciso un carabiniere.

Carabiniere ucciso a coltellate a Roma, il video dei due americani coinvolti nelle indagini

Per tutto il giorno si sono susseguite piste, teorie, versioni diverse e poco chiare. Anche dall’Arma arrivavano ricostruzioni ufficiali che lasciavano troppi dubbi e pochissime certezze. Solo a sera ormai inoltrata, quando uno dei due americani, quello con i capelli tinti di biondo, ha confessato di essere l’autore dell’omicidio, si è chiarito cosa fosse successo.

Trastevere, giovedì sera. I due stranieri, nella capitale per turismo (non si sa se soli o in gruppo) comprano della droga. Poco dopo si rendono conto che non è cocaina, ma aspirina tritata. Tornano indietro per cercare il pusher e iniziano a discutere. Sono furiosi, pretendono la “roba” che hanno pagato. Lo spacciatore fa il vago, non cede. E loro, per vendicarsi, gli rubano il borsello. Dentro ci sono soldi, probabilmente altre sostanze da vendere, sicuramente il telefonino. Il pusher chiama il suo cellulare e i due rispondono: “So chi siete, se non mi restituite le mie cose vi vengo a cercare e vi ammazzo”. I turisti insistono: vogliono la cocaina. E si accordano per uno scambio, sotto al loro albergo, a pochi metri da piazza Cavour. Droga buona in cambio della borsa. Il pusher a quel punto contatta i carabinieri. Chiama il 112 ma omette la parte della droga, si presenta come un uomo derubato, racconta dell’accordo. Dice che i rapinatori vogliono 100 euro in cambio dei suoi effetti personali.

Carabiniere ucciso a coltellate a Roma, le forze dell’ordine sul luogo del delitto


Tutto si svolge rapidamente. Non si sa chi decide, se i militari o un superiore. Sta di fatto che, invece del pusher, all’appuntamento vanno i due militari in borghese. Gli americani, nel frattempo, sapendo di avere a che fare con uno spacciatore, si sono procurati un coltello. Arriva l’ora dell’incontro, più o meno le tre di notte. I carabinieri si qualificano subito e chiedono i documenti ai due ragazzi. Tanto basta (forse insieme ad alcol e droga) a far perdere loro la testa. Si avventano sulle forze dell’ordine. Uno tira fuori il coltello e, velocissimo, infilza Mario Cerciello Rega. Otto volte. Con violenza. Il vicebrigadiere inizia a urlare e cade a terra in una pozza di sangue. La sua agonia dura pochi minuti.

DI ANTONIO DI COSTANZO

La caccia
Sin dalle prime ore dell’alba, i carabinieri di via In Selci, incaricati delle indagini, danno la caccia a sei uomini. Probabilmente anche gli inquirenti hanno dubbi sulla dinamica. Due americani e quattro nordafricani, forse i pusher che, però, non sembra fossero a Prati al momento dell’aggressione (e che ieri sera sono stati rilasciati), vengono portati in caserma e identificati. Dopo l’omicidio, gli assassini erano riusciti a fuggire: l’altro carabiniere, anche lui aggredito, li ha lasciati andare quando si è accorto di quello che era accaduto al collega. “Quando ho sentito Mario urlare, ho lasciato quell’uomo e ho provato a salvarlo”, ha detto Andrea Varriale. Che invece di rincorrere i due malviventi li ha lasciati scappare, dando l’allarme via radio, per soccorrere il collega ferito: “Perdeva moltissimo sangue”. Resta da chiarire per quale motivo i due militari siano andati soli, senza il sostegno di altri colleghi.

Carabiniere ucciso a Roma, il comandante: “Ho provato a rianimarlo, per me Mario era un figlio”

La testimonianza
Varriale, immediatamente sentito dai colleghi del nucleo investigativo, ha parlato fin dal primo momento di due ragazzi giovani. Uno con le meches e l’altro con un vistoso tatuaggio sul braccio. E i due americani hanno esattamente queste caratteristiche. A incastrarli sono state le telecamere di videosorveglianza della zona, messa a ferro e fuoco dai militari che hanno pure chiuso la strada per qualche ora. Gli investigatori li hanno trovati nella loro stanza, al primo piano dell’hotel Le Meridien. Varriale, poi, non ha esitato un attimo. Appena li ha visti li ha riconosciuti. Quando i pm sono arrivati in caserma, i carabinieri del nucleo investigativo erano ormai certi che si trattasse di loro. Dopo nemmeno un’ora di interrogatorio, il biondo ha confessato. È stato lui.

Carabiniere ucciso a Roma, fiori e lacrime alla messa: la moglie lascia la chiesa stringendo la sua foto

POST A COMMENT