Morte in diretta. Così il buco nero ha mandato in brandelli una stella
Il raro evento seguito per la prima volta in modo completo. Osservata anche la formazione dei getti intorno al buco nero supermassivo
Morte per buco nero. Lo straordinario evento è stato osservato all’interno di Arp 299, una coppia di galassie in collisione a circa 150 milioni di anni luce da noi. Nel nucleo di una delle due galassie si annida un buco nero la cui massa è circa 20 milioni di volte quella del Sole. E’ solo uno dei tanti buchi neri supermassivi che si trovano nel nucleo delle galassie, e che spesso rivelano la loro presenza grazie a potenti getti di materia che emettono onde radio e altre forme di luce, come ad esempio raggi X e raggi gamma. Se una stella si trova a passare troppo vicina a uno di questi mostri celesti, viene deformata dalle forze mareali generate dal buco nero. La situazione è analoga alle maree che osserviamo sulla Terra, prodotte dall’attrazione gravitazionale della Luna sulla Terra. Ma nel caso di un buco nero le forze di marea sono così intense da deformare moltissimo la stella fino a ridurla in brandelli. Una fine violenta, che gli astronomi chiamano evento di distruzione mareale, o TDE dalle iniziali dell’inglese Tidal Disruption Event. Nel corso di un TDE, i brandelli della stella vanno a formare un disco di accrescimento intorno al buco nero. Il gas all’interno del disco inizia a spiraleggiare intorno al buco nero, e a causa degli attriti interni può scaldarsi fino a milioni di gradi ed emettere raggi X. Questa “morte per buco nero”, per citare un famoso libro divulgativo dell’americano Neil deGrasse Tyson, è un evento molto raro. Ma questa è la prima volta che gli astronomi riescono a seguire un TDE dall’inizio alla fine, un’occasione davvero unica.
Distrutta in diretta. Quando si parla di eventi astronomici, “in diretta” è una frase molto relativa. Prima di tutto perché l’evento è avvenuto in realtà 150 milioni di anni fa, ma solo ora lo possiamo osservare dopo che la luce che è arrivata sino a noi. Inoltre stiamo parlando di un fenomeno che si è svolto nel corso di alcuni anni, molto lunghi per noi ma pur sempre un batter d’occhi rispetto ai tempi cosmici. Le prime osservazioni sono avvenute per caso nel 2005, quando il telescopio William Herschel alle Canarie scoprì una forte emissione infrarossa proveniente da uno dei nuclei di Arp 299. Gli astronomi stavano osservando la galassia nell’ambito di un progetto di ricerca di supernovae, dal momento che in Arp 299 ne erano state osservate già molte. Nel corso del tempo, i radiotelescopi hanno mostrato un flusso crescente di onde radio provenienti dalla stessa regione di cielo. Inizialmente gli astronomi avevano pensato a una supernova, ma gli eventi successivi hanno portato a credere all’ipotesi di una distruzione mareale. Combinando le osservazioni di molti radiotelescopi del pianeta, fra cui quelli dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Medicina, Noto e Cagliari, gli astronomi hanno potuto ottenere nel corso degli anni successivi immagini ad altissima risoluzione, che hanno mostrato nel 2011 la sorgente di onde radio espandersi un una direzione, a formare un getto di materia sempre più grande. Le misure hanno mostrato che il getto di materia si sta espandendo a velocità altissime, pari a circa un quarto di quella della luce.
La strana alimentazione dei buchi neri. La scoperta ci aiuta a capire molto meglio come si comportano i buchi neri supermassivi. “Per la maggior parte del tempo i buchi neri supermassivi non stanno divorando niente, e quindi sono in uno stato quiescente”, sottolinea Miguel Perez-Torres dell’Istituto di Astronomia Andalusa, uno dei coordinatori del lavoro. Quando però una stella o una nube di gas viene catturata, si innesca un meccanismo che porta alla formazione del disco di accrescimento e dei getti di materia, ed è questa la peculiarità vista in questo caso, come ricorda Bondi a Media Inaf, “Per la prima volta si è potuto osservare anche la creazione di un getto radio prodotto dal fenomeno di rapido accrescimento ed è stato possibile seguire la sua evoluzione su un arco di tempo di diversi anni, grazie anche al contributo dei radiotelescopi dell’Inaf che hanno osservato congiuntamente alla rete europea e americana”. Così, dal triste destino della sfortunata stella, potremo capire meglio l’evoluzione dei più spaventosi mostri del cielo.