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Mamba Forever, un anno dopo

Un anno fa ci lasciava una delle figure più iconiche dello sport mondiale. In seguito a un incidente di volo con il suo elicottero, con la figlia Gianna e altre sette persone, per cui purtroppo non c’è stato nulla da fare.

A un anno di distanza però bisogna ricordare chi fosse davvero il “Mamba”.

Il suo legame con l’Italia

Una figura rilevante per Kobe, nel bene e nel male, fu il padre. Grazie a lui l’ex numero 8 e poi 24 dei Lakers crebbe proprio qui in Italia. Tra il 1984 e il 1991 Joe Bryant giocò nella massima serie Italiana, con il figlio che si accostava per le prime volte al gioco.

Qui da noi però, per quanto possa essere un luogo comune, si cresce nella maggior parte con l’ambizione di diventare un calciatore. Kobe non era della stessa idea, non lo è mai stato, voleva diventare come il papà. Infatti quando i suoi compagni giocavano a calcio nei campetti delle città in cui il padre portava i propri talenti, lui li assecondava, ma non vedeva l’ora che se ne andassero per poter giocare con l’altra palla, quella grande a spicchi.

Dopo la sua scomparsa ci sono state alcune palestre che hanno preso il suo nome, proprio quelle in cui iniziò a giocare da piccolo. In cui forse teneva troppo la palla in mano, ma già si iniziavano a intravedere i primi tratti di talento.

Il suo inizio in NBA

Dopo aver fatto direttamente il salto dalle High School alla lega, venne scelto alla tredicesima posizione dai Charlotte Hornets al draft del 1996.

Fonte: pagina facebook di Kobe Bryant

Nella stessa sera però viene scambiato dalla squadra che lo manda a Los Angeles in cambio di Vlade Divac, dopo l’arrivo in città di Shaquille O’Neal.

Nella carriera di Kobe saranno molte le intese che stringerà. La prima di queste fu proprio con il centro preso da Orlando. Loro due insieme formarono una coppia inarrestabile per circa otto anni, contornati dalla vittoria di tre titoli, anche grazie all’arrivo in panchina di Phil Jackson.

Fonte: pagina facebook di Kobe Bryant

Altra figura importantissima per la guardia di nata a Filadelfia fu proprio il coach che insieme al direttore tecnico Tex Winter aveva allenato un altro grande, se non il più grande, del gioco: Michael Jordan.

Lo strano rapporto con Mike

Un anno fa un Michael Jordan in lacrime ci spiegava di come il rapporto tra loro due è sempre stato particolare.

All’inizio i due non erano molto “affiatati” e Jordan era quasi infastidito dalle ossessive domande che gli rivolgeva un giovane Kobe, cresciuto con il suo mito.

Ma pian piano lui stesso capì che quelle erano portate dal fatto che fossero entrambi spinti dalle stesse motivazioni. Avevano bisogno di vincere contro tutto e tutti, allenandosi e trovando sempre delle sfide in tutto ciò che facevano.

Fonte: pagina facebook di Kobe Bryant

E con il tempo infatti Michael iniziò a lasciarsi andare al suo “fratello minore”, che lo chiamava alle ore più disparate della notte per fare le domande più strane che si potesse pensare. Ma in fondo è anche per questo che Kobe alla fine vinse tutto.

Kobe dopo l’NBA

Nello stesso discorso di MJ citato prima, lui stesso elogiava Bryant per quello che aveva fatto una volta dopo che si era ritirato.

Dopo la fine della sua carriera NBA, con l’ultima partita contro Utah, in cui Shaq lo sfidò a metterne 50 e alla fine ne mise 61, Kobe si ritirò alla vita di famiglia. Divenne un padre migliore e che seguiva molto le passioni delle proprie figlie.

Con Gianna però aveva una passione in comune, proprio quel gioco che lo aveva reso grande. Per questo, due anni dopo il suo ritiro, fondò la “Mamba Accademy”, in cui cercava di tramandare tutti i suoi insegnamenti e tutte le lezioni che aveva imparato ai più piccoli, la così detta “Mamba Mentality”.

Fonte: pagina facebook di Kobe Bryant

Ha lasciato un’eredità tecnica e psicologica come pochi altri, pubblicando il libro con il nome della sua stessa filosofia, ispirando gli attuali giocatori NBA, come Kyrie Irving, Trae Young o Jason Tatum. Atleti della generazione seguente che lo guardavano come lui guardava Jordan.

Fonte: pagina facebook di Kobe Bryant

Ha cercato di far capire che chiunque può farcela se mette tutto sé stesso in quello che fa, in modo particolare a chi poteva avere più vicino.

Tirando le somme a un anno di distanza il motto “Mamba Forever” sembra una certezza, perché, nonostante non sia più tra noi, la sua memoria viene ancora celebrata, sperando che sia così nell’avvenire, per la storia del basket.

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