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Terrorismo, duro colpo alla rete dei contatti italiani di Anis Amri: 5 mandati d'arresto

Le indagini partite dai tabulati del cellulare dell’attentatore di Berlino poi ucciso a Sesto San Giovanni. Nel mirino stranieri residenti a Napoli e nel Casertano. Perquisizioni a Latina. Le intercettazioni: “Tagliare la testa e i genitali”
ROMA – La rete dei contatti italiani di Anis Amri, il terrorista di Berlino, finisce di nuovo sotto inchiesta. Questa mattina la polizia, su ordine del Gip di Roma Costantino De Robbio, ha notificato il mandato di cattura a cinque stranieri: il palestinese Abdel Salem Napulsi, già detenuto nel carcere di Rebibbia, e quattro tunisini residenti a Napoli e nel Casertano. Perquisizioni sono tuttora in corso a Latina.
L’indagine, condotta dal pm Sergio Colaiocco, è nata dall’analisi dei tabulati del cellulare di Amri, l’attentatore che il 19 dicembre del 2016 fece dodici mortipiombando con un camion sul mercatino di Natale a Breitscheidplatz. Amri fu poi ucciso tre giorni dopo a Sesto San Giovanni da due poliziotti. Nei mesi successivi vennero espulsi dal territorio italiano tre dei suoi conoscenti che vivevano in provincia di Latina, ritenuti essere pericolosi per la sicurezza nazionale. L’operazione di oggi, però, dimostra che la rete intessuta da Amri nel nostro Paese potrebbe non essersi limitata a quei tre.
Abdel Salem Napulsi, 38 anni, è accusato di terrorismo perché si è auto addestrato su Internet. Oltre a 16 video di propaganda islamista presi da Youtube, ha scaricato istruzioni sull’uso di carabine ad aria compressa e lanciarazzi del tipo Prg-7, nonché su come modificare alcune armi in commercio. Non solo. Poco prima del fermo avvenuto nell’ottobre scorso a Latina durante un controllo antidroga, ha cercando di acquistare o noleggiare un mezzo, un modello tipo pick up o camioncino, adatto a montare armi da guerra.

A lui gli investigatori della Digos sono arrivati passando al setaccio la rubrica di Anis Amri, il quale nell’estate del 2015 trascorse almeno una decina di giorni ad Aprilia ospite del suo amico Montassar Yakoubi, conosciuto a bordo del barcone che li portò a Lampedusa nel 2011. Il numero appartiene a Khazri Mounir, uno spacciatore radicalizzato di Latina: attraverso di lui – secondo il Gip romano – Napulsi manteneva “un collegamento diretto con ambienti riconducibili all’Isis”. Ed è con lui che, al telefono, si lasciava andare.
In una conversazione intercettata il 23 agosto scorso, Napulsi si scaglia contro gli infedeli occidentali: “Bisognerebbe mettere la loro testa sul tagliere e via, e colpire (mozzare la testa) e avanti un altro”. I due ridono. Mounir recita poi quello che pare essere un versetto tratto dal Corano (“Quando incontrate i miscredenti colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati”) e Napulsi aggiunge: “Tagliargli la testa e i genitali!”.

Anis Amri, come si costruisce un terrorista – Il trailer

In altre telefonate i poliziotti lo sentono lamentarsi della Tunisia, perché non vige la Sharia e le donne possono non portare il velo integrale, e dell’Italia perché non sopporta la vista di donne “che girano seminude”. Gli altri quattro arrestati sono i tunisini Akram Baazaoui, Mohamed Baazoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazoui. A loro la procura di Roma contesta l’associazione per delinquere finalizzata alla falsificazione dei documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Anch’essi in contatto con un amico di Amri, hanno fatto entrare illegalmente in Italia un centinaio di connazionali, ai quali – dietro il pagamento di grosse somme di denaro – fornivano carte d’identità e patenti fasulle per proseguire il viaggio verso Francia e Germania.
Anche lo stesso Amri si era rivolto a loro per avere un passaporto contraffatto e un finto permesso di soggiorno, prima di trasferirsi in Germania.
Sui foreign fighters ha dichiarato stamane Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia, a Radio anch’io. “Da parte dello Stato c’è un’attenzione altissima. E’ evidente che il rischio c’è. Per quanto riguarda i foreign fighters è previsto un rientro che non dovrebbe superare le 50 unità. C’è quindi una differenza rispetto agli altri paesi che hanno milioni di persone naturalizzate”.  “Gli sbarchi potrebbero essere un canale di rientro. La modalità attraverso la quale i migranti giungono nel nostro territorio per restare ma, per lo più, per muoversi verso altri paesi d’Europa è tale da non consentire una rilevazione certa. E questo potrebbe consentire un passaggio occulto”.

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