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Roma, teste depone al processo Raggi: "Fu Marra a fare il nome del fratello"

“Ma la sindaca non sapeva dell’aumento di stipendio”. Intanto la difesa chiede l’uso limitato delle schermate Whatsapp


È in corso la quarta udienza del processo per falso documentale a carico della sindaca di Roma Virginia Raggi. Il giudice Roberto Ranazzi sta ascoltando le testimonianze del delegato della Sindaca al Personale Antonio De Santis, dell’ex assessore al Commercio e al Turismo Adriano Meloni e del suo capo staff Leonardo Costanzo. Il falso è in relazione alla nomina (prima sospesa e poi congelata) di Renato Marra da dirigente della Polizia Municipale alla Direzione Turismo del Campidoglio: Virginia Raggi disse all’allora responsabile Anticorruzione che sull’assegnazione di quell’incarico aveva deciso lei in assoluta autonomia e che Raffaele Marra si era limitato a eseguire “le sue determinazioni”. Dichiarazione per la Procura smentita dal contenuto di alcune chat acquisite agli atti.
Schermate Whatsapp. Prima dell’inizio dell’udienza la difesa della sindaca Virginia Raggi ha chiesto di tenere conto solo delle schermate delle conversazione WhatsApp relative al periodo dell’interpello di Roma Capitale che ha portato alla nomina a direttore della direzione personale di Renato Marra (ottobre e novembre 2016). Il pubblico ministero Francesco Dall’Olio ha chiesto invece al giudice di attendere la testimonianza della funzionaria di Polizia giudiziaria Quattroni (la persona che operativamente ha acquisito le schermate WhatsApp) così da permettere a lei di indicare la rilevanza delle singole conversazione e dei tabulati, perché dunque soltanto dopo l’esame della teste potranno distinguersi le conversazioni rilevanti per questo processo e quelle no. Il giudice Ranazzi ha confermato la precedente ordinanza di acquisizione dei documenti prodotti dal pm riservandosi ogni valutazione sulla rilevanza delle conversazioni all’esito dell’esame della teste del Pm Quattroni.

Le candidature. “Nella riunione del 26 ottobre del 2016, quando non era ancora chiuso il termine per la presentazione delle candidature dei dirigenti interessati all’interpello” ha detto al giudice Antonio De Santis, “Raffaele Marra, allora capo del Personale, ci fece anche il nome di suo fratello Renato tra coloro che erano in lizza per una promozione alla Direzione Turismo. Non affrontammo mai la questione della fascia retributiva. L’assessore al commercio Adriano Meloni, presente in quella occasione assieme al suo capo staff Leonardo Costanzo e a me, si disse favorevole a quel nome”.
Le promozioni inopportune. “Renato – ha aggiunto – era un soggetto molto apprezzato in Campidoglio, era stato anche premiato dall’amministrazione straordinaria del prefetto Tronca, era ritenuta una persona di valore con le sue legittime aspirazioni, spesso frustrate dalla presenza del fratello. Conobbi Renato prima dell’interpello, mi disse che avrebbe fatto anche un passo indietro di fronte alla ventilata possibilità di diventare capo o vice capo della Polizia Municipale. Era la sindaca stessa a non volere promozioni per lui nell’ambito della Polizia di Roma Capitale per chiari motivi di opportunità”.
L’apprezzamento di Meloni. “La nomina di Renato Marra alla Direzione Turismo invece non avrebbe creato criticità – ha continuato il teste – Era fortemente voluto proprio dall’assessore al commercio Adriano Meloni che alla fine fu accontentato solo su quel nome e non su altri due dirigenti che lui voleva”. De Santis ha ribadito che il 7 novembre del 2016 ricevette una mail da Meloni, indirizzata per conoscenza a Raffaele Marra, alla sindaca e a Costanzo, che si complimentava con tutti per aver suggerito il nome di Renato Marra. “Meloni e Renato Marra avevano già lavorato assieme quando andarono in moto in occasione di uno dei tanti blitz contro abusivismo commerciale”.
La telefonata. Quando il 14 novembre del 2016 esplose il caso mediatico su quella nomina, De Santis ricevette una telefonata dalla sindaca “che era andata su tutte le furie: mi chiese se sapevo che Renato Marra avrebbe avuto un aumento di stipendio” ha continuato De Santis. “Io le dissi di no e il giorno dopo informai Raffaele Marra il quale mi rispose che la sindaca sapeva tutto anche perché lui le aveva mostrato il brogliaccio con tutti i nomi dei dirigenti in lizza per le varie nomine. Quel brogliaccio, una sorta di griglia con le varie caselle da occupare, lo aveva fatto Raffaele Marra. Su nessun nominativo era indicata la nuova fascia di retribuzione ma trattandosi di nomine e promozioni la cosa era di fatto implicita. Io so per certo che nelle riunioni precedenti mai si parlò della fascia di stipendio di Renato Marra e che dopo quella telefonata fatta a me ebbi la percezione che la sindaca era fortemente risentita con Raffaele. Escludo anche che la sindaca conoscesse gli stipendi dei dirigenti e cosa avrebbe comportato una eventuale promozione”.
Il regista. Dalle parole del dirigente comunale ascoltato oggi in aula emergerebbe il ruolo di ‘regista’ di Raffaele Marra nella vicenda. “Raffaele mi parlò tante volte di suo fratello – ha detto De Santis – anche prima di quell’interpello che come amministrazione decidemmo di fare sia per ruotare gli organici dirigenziali sia per dare un segno evidente di trasparenza in certe scelte”.
È stato poi sentito come testimone dell’accusa l’ex assessore al Commercio, Adriano Meloni: “Raffaele Marra mi disse di chiamare il fratello per dirgli che rientrava nelle candidature a capo della Direzione Turismo del Comune di Roma. Nella riunione del 26 ottobre del 2016, ricordo ci incontrammo a circa un’ora dalla scadenza delle candidature – ha aggiunto il testimone – non ricordo se il nome di Renato mi fu proposto da Raffaele Marra o da Antonio De Santis. Conoscevo però Renato come persona attiva, capace, dinamica, anche se mi sembrano strano all’inizio che un vigile venisse al Turismo. Chiamai comunque Renato per dirgli che lo avrei inserito tra i candidati. Non parlammo del suo stipendio. E quando quella nomina fu revocata nel gennaio del 2017, non fui certo contento, anche se non mi ricordo se mi lamentai di ciò con la sindaca”.
Nel corso dell’udienza è stato ascoltato anche Leonardo Maria Costanzo, che ha ricoperto il ruolo di capo staff di Meloni. Anche lui ha ricordato la telefonata intercorsa tra l’ex assessore e il fratello di Marra. “Raffaele buttò lì il nome del fratello, dicendoci: ‘Volendo c’è anche Renato per la Direzione Turismo’. Lo conoscevamo già per averci lavorato. Meloni lo chiamò al telefono perché Raffaele gli disse: ‘Dagliela tu la notizia, perché non lo chiami?’. Anche se poi la decisione ultima sarebbe stata quella della sindaca. A parte la nomina di Renato, rimanemmo scontenti, a fine interpello, del fatto che le altre richieste avanzate da Meloni (che puntava alla conferma di una dirigente e alla rimozione di un altro) non era state accolte. E quando la nomina di Renato Marra fu revocata, per alcune settimane tutto il Dipartimento sbandò. Per mesi nessuno prese il posto di Renato Marra, che stava vivendo la cosa con molta ansia e frustrazione, e ciò creò non pochi problemi. Meloni si lamentava di non poter parlare con il sindaco.

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