Roma, Pronto soccorso San Camillo: meno ricoveri, si muore di più

In 17 anni da 64 a 400 decessi. I medici: siamo pochi e i malati restano qui per i reparti pieni. L’azienda: dati fuorvianti


Al San Camillo raddoppia il numero delle morti in Pronto soccorso, mentre si dimezza quello dei pazienti assistiti. Nel 2000 gli accessi nella prima linea dell’ospedale si aggiravano sui 300 al giorno e alla fine dell’anno si contarono 64 decessi. L’anno scorso, le persone arrivate in Pronto soccorso sono state 160 ogni 24 ore e le morti registrate a fine anno si sono attestate a quota 400 (91 di questi pazienti erano arrivati da cliniche e hospice per malati terminali). Quest’anno la tendenza non sembra abbia invertito rotta, anzi, nei primi tre mesi i decessi sono saliti a 131 (31 i pazienti giunti da altri centri). E dalle corsie del reparto delle urgenze sono gli stessi medici a lanciare l’allarme, dietro la promessa dell’anonimato: “Qui si sta consumando una strage, dobbiamo ancora tacere?”. Dalla Regione e dalla direzione dell’ospedale, però, scuotono la testa: “Si tratta di dati fuorvianti”.
Non la pensano così i medici della front line ospedaliera: “Arrivano qui malati per i quali non c’è più niente da fare se non accompagnare con compassione i loro ultimi istanti”, spiegano. “E questa è una delle ragioni alla base dell’impennata dei decessi in Pronto soccorso”, ammettono. “Un’altra ragione, però – precisano – va ricercata nella drammatica carenza di posti letto, ne abbiamo persi 600 negli ultimi anni, e nella scarsità del personale in campo, costretto ad assistere decine di pazienti che, non trovando altro posto, sostano su una barella in Pronto soccorso anche per dieci giorni”.
Medici, infermieri e ausiliari della prima linea sono pochi di fronte all’onda d’urto di un assalto quotidiano che, è questo il punto nodale, va ad aggiungersi alla massa incredibili (fino a 60 pazienti), che in Pronto soccorso ha trovato il suo reparto perché in quello giusto non c’è posto. Così si moltiplicano l’impegno e gli affanni del personale che, con carichi di lavoro estenuanti, non riesce a dare una risposta adeguata né alle funzioni del Pronto soccorso né a quelle di un reparto improvvisato e inappropriato.
“Sono dati fuorvianti perché riferiti a due Sanità diverse nello stesso ventennio ” , replica il direttore del San Camillo, Fabrizio d’Alba. “In Pronto soccorso non arriva più la massa di pazienti con patologie lievi, che trovano risposte più appropriate dal medico di base e dai servizi territoriali; anche perciò è cresciuta la complessità dei casi soprattutto negli ospedali di grandi dimensioni come il nostro”.
“Sono dati che non mi sorprendono” , aggiunge l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, “sui dipartimenti di Emergenza di secondo livello si concentrano i casi più critici. Va detto anche che i tassi mortalità nelle patologie tempo- dipendenti, dall’ictus all’infarto, al trauma stradale grave, hanno registrato riduzioni consistenti. Ogni giorno – conclude D’Amato – nei Pronti soccorsi del Lazio si registrano 5.000 accessi; di questi, 250 sono i codici rossi che si concentrano in prevalenza nei grandi ospedali dove vengono salvati nell’85 per cento dei casi”.

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