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Regione Lazio, consiglio al via primo test per Zingaretti: 5S e FI litigano sui nomi

il pd Leodori presidente. I due vice: un grillino e un azzurro. Ma nei partiti è rissa. Nel Movimento sfida Porrello-Corrado

L’anatra zoppa, partorita dal voto del 4 marzo, sarà in grado di prendere il largo alla Pisana? L’inner circle del presidente Zingaretti – atteso al primo test della non- maggioranza in consiglio regionale, dove i vincitori sono 24 contro i 26 degli sconfitti – è convinto di sì. E non solo per via della fiducia a tempo, un anno con verifica semestrale, accordata dal M5S più per ragioni nazionali che locali. Domattina, allorché l’XI legislatura verrà inaugurata con l’elezione dell’ufficio di presidenza, il compromesso raggiunto con le opposizioni sui nuovi assetti dell’aula non dovrebbe riservare sorprese.
Frutto di una spartizione che, a differenza del passato, prevede in seno al massimo organo consiliare la parità assoluta tra la coalizione di governo e le due principali forze di minoranza: 3 componenti ( tra cui il presidente) saranno espressione del centrosinistra; gli altri 3 a ndranno al centrodestra e al M5S, che per la prima volta otterranno entrambe le vicepresidenze.
Ma se su numeri non dovrebbero esserci problemi – al netto delle incognite insite nello scrutinio segreto – a 24 ore dal voto a ballare sono ancora i nomi. Colpa delle risse che stanno dilaniando tutti i gruppi politici, nessuno escluso. Chiamati oggi a riunirsi, ciascun per sé alla Pisana, per tentare di dirimere gli ultimi nodi.
A scatenare le tensioni interne, la lotta tra correnti. Particolarmente vivaci nel M5S, dove per la vicepresidenza correvano sia Devid Porrello (fedelissimo di Roberta Lombardi), sia la dimaiana Valentina Corrado. Ebbene, per imporre il primo, alla vigilia di Pasqua il gruppo ha deciso di contarsi: ha vinto Porrello 7 a 3. Ma la Corrado – che alle urne è risultata la più votata dopo la candidata presidente, mentre l’altro è entrato in consiglio per il rotto della cuffia, appena 14 voti a separarlo dal primo dei non eletti – non si è arresa e ha chiesto la protezione del capo politico del Movimento. Tuttavia in ben altre faccende ( di governo) affaccendato. Domani si saprà chi l’ha sputata.
Copione simile dentro il centrodestra. Dove per la poltrona da numero 2, che spetta a FI, si fronteggiano Adriano Palozzi (anche lui il più votato degli azzurri, vicino a Gasparri) e Giuseppe Simeone ( sponsorizzato dal coordinatore regionale Fazzone per conto di Tajani). Il borsino vuole favorito quest’ultimo, ma vedi alla voce 5S: tutto può ancora succedere. Una battaglia che probabilmente finirà per incidere anche sulla partita per il segretario d’aula, uno dei quali spetta al centrodestra. In lizza per i berlusconiani ci sono Aurigemma e uno degli sconfitti tra Palozzi e Simeone, ma FdI sta puntando i piedi per il suo Giancarlo Righini.
A ogni modo, in quanto a fratelli- coltelli, non è che il Pd sia da meno. Se infatti sul presidente del consiglio regionale non c’è questione – l’uscente Daniele Leodori succederà a sé stesso, forte del record assoluto di preferenze: 18.661 – la diatriba verte sull’unico segretario d’aula che spetta ai dem: l’altro di centrosinistra essendo già ipotecato dal civico Quadrana. Il problema è che in ufficio di presidenza, causa quote rosa, serve una donna.
Che però le opposizioni non hanno indicato. Ed ecco allora spuntare il nome di Michela Di Biase, proposta da Leodori, franceschiniana come lui. Ma i renziani, che su quella casella volevano Eugenio Patanè, si sono messi di traverso. E potrebbero avere meglio soltanto se la grillina Corrado dovesse infine vincere la contesa interna sul maschio rivale. Molto più di un’ipotesi se la sua amica Virginia Raggi decidesse di darle una mano, assestando con un sol colpo un doppio schiaffo: a Lombardi e Di Biase.

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