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Processo Ciapi, confiscati 70 milioni a Giacchetto

Il manager avrebbe depredato la pubblica amministrazione per accaparrarsi appalti e servizi pubblici con le sue aziende

La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha confiscato beni per un equivalente di circa 70 milioni all’imprenditore e manager della comunicazione Faustino Giacchetto, già condannato nel processo denominato “Ciapi”, dall’ente di formazione della Regione Sicilia che sarebbe stato utilizzato per drenare risorse pubbliche. Adesso Giacchetto, su cui hanno indagato il pm Pierangelo Padova e il nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, viene ritenuto socialmente pericoloso per i fatti avvenuti dal 2006 in poi.
Sarebbe stato proprio da quell’anno, infatti, che, secondo il collegio presieduto da Raffaele Malizia, Giacchetto avrebbe messo su un vero e proprio sistema organizzato di corruzione per accaparrarsi appalti e servizi pubblici con le sue aziende. Un sistema di false fatturazioni avrebbe poi gonfiato i costi e giustificato rimborsi eccessivi rispetto alle spese effettivamente sostenute. Per questo sono stati ritenuti esorbitanti, rispetto al suo pur ragguardevole reddito, una serie di acquisti effettuati dallo stesso Giacchetto o dai familiari.

Nel processo Ciapi l’imputato principale è stato condannato a 8 anni e un mese, assieme all’ex presidente dell’Ente formativo, Francesco Riggio, e ad altri tre imputati. Le misure di prevenzione sono applicate normalmente ai mafiosi e a coloro che sono ritenuti vicini a Cosa nostra, ma da alcuni anni una riforma le ha estese a chi si rende colpevole di reati gravi contro la pubblica amministrazione, come la corruzione

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