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Nella clinica di Antinori scene agghiaccianti: estranei, bisturi contaminati, e lui fumava"

n’infermiera professionale di 55 anni ha presentato denuncia ai Nas. Fino a pochi mesi fa lavorava alla Matris…..Durante gli interventi “il professore entrava in sala operatoria fumando e senza mascherina”. Sul lettino c’erano donne sotto anestesia. “Erano giovani a cui stavamo prelevando ovuli per la fecondazione eterologa oppure future mamme a cui impiantavamo gli embrioni”. Ma in quella stanza entrava chiunque: “ragazze senza alcun titolo, senza mascherina né guanti, che toccavano con disinvoltura il tavolo operatorio e i ferri contaminando il campo sterile”. Mentre quelle donne sotto i ferri “sanguinavano molto più del dovuto, lo vedevo benissimo”. È uno sfogo drammatico, senza pause, quello di Anna (il nome è di fantasia) un’infermiera di 55 anni che vive a Besana in Brianza, che ha lavorato fino a pochi mesi fa nella clinica Matris fino a quando non ha deciso di presentarsi dai Nas per sporgere denuncia. Un racconto che rappresenta un ulteriore, inquietante, tassello nel quadro sulla clinica sotto sequestro di Antinori, sulla quale sta indagando la procura. Per il ginecologo la Procura ha chiesto il carcere, mentre è stata avviata una nuova inchiesta per violazione della legge sulla fecondazione assistita e il mercato degli ovuli.
Da quanto lavorava per la clinica di Antinori, Anna?
“Ho lavorato per lui nel 2013 come infermiera professionale. Ma dopo un anno ho scoperto di avere il cancro e sono dovuta rimanere a casa. C’è stato l’intervento, poi le cure. E quando mi sono ripresa ho dovuto trovare un altro lavoro in una casa di riposo”.
Come mai è tornata alla Matris?
“Alla fine del 2015 ho ricevuto una telefonata direttamente dal professore. Mi ha proposto un posto fisso come infermiera di sala. Lui era Antinori, un medico di fama. E il primo anno mi ero trovata bene. Ho deciso di accettare”.
Che situazione ha trovato dentro alla clinica?
“Uno scenario completamente diverso rispetto a quello che avevo conosciuto”.
Ci spieghi, Anna.
“La Matris si era riempita di donne senza alcun titolo. Ragazze giovani, quasi sempre straniere. Avranno avuto poco più di vent’anni. Il problema è che mi sono accorta che anche Antinori non era la stessa persona che avevo conosciuto”.
In che senso?
“Aveva improvvisi attacchi d’ira. Fortissimi. Durante le visite, con le pazienti lì, mi insultava pesantemente. Urlava di tutto. Un clima da incubo, difficile per me da raccontare”.
Perché secondo lei?
“Era incomprensibile, tutto lo era. Il professore ha cominciato a portare dentro alla clinica decine di ragazze diverse. Alcune dormivano lì la notte, dove il giorno dopo arrivavano le pazienti che subivano un intervento”.
Chi erano queste donne?
“Persone con cui lui si accompagnava. Hanno piano piano iniziato a entrare in sala operatoria”.
E cosa facevano?
“Una aveva le unghie lunghissime, lo smalto nero. Più volte Antinori ha passato a loro le provette con gli ovuli, dopo i prelievi. Erano mani sporche. E questo non importava niente a nessuno”.
Cosa ha fatto di fronte a questo?
“Mi sono scontrata più volte con loro, con Antinori stesso. Stavo malissimo, ero semplicemente terrorizzata: faccio questo lavoro da vent’anni, non mi è mai capitato nulla di simile. Avevo paura delle infezioni, di tutto quello che poteva succedere”.
La Matris sembra essere al centro di un mercato nero di gameti. Ragazze reclutate per donare i propri ovuli a pagamento. Ne sa qualcosa?
“Le posso dire che ho assistito al pagamento di una di loro direttamente in sala operatoria, al risveglio”.
Antinori

ha pagato una donatrice in sala operatoria?
“Si era appena svegliata dall’anestesia. E il professore mi ha detto, anzi. Ordinato: ‘prendimi una busta!’. L’ha riempita di banconote, proprio lì”.
Perché è andata dai carabinieri?
“Ho subito cose molto pesanti lì dentro, inaccettabili. E tutto quello che ho visto andava raccontato, per fermarlo”.

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