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Chi è e perché è stato giustiziato Lai Xiaomin

Le immagini del suo appartamento pieno di soldi, mostrate dalla TV di stato nel gennaio 2020, hanno sconvolto la Cina. Una stanza di uno dei suoi tanti appartamenti era zeppa di banconote, per un valore di 200 milioni di yuan (circa 25 milioni di euro) e del peso di 3 tonnellate. Tutto frutto di una lunga serie di tangenti che hanno permesso a Lai Xiaomin, ex banchiere e alto funzionario del Partito Comunista Cinese, di accumulare illegalmente una fortuna di 277 milioni di dollari.

Lai Xiaomin giustiziato: la condanna del tribunale

Caduto in disgrazia già nel 2018, quando era stato finito sotto inchiesta dalla “Commissione centrale per l’ispezione disciplinare” del partito comunista, Lai Xioamin è stato condannato dal tribunale di stato per bigamia e corruzione. Secondo le accuse che gli sono state addebitate, l’ex funzionario bancario era stato in grado di accumulare oltre 270 milioni di dollari di tangenti, tanto da essere stato definito “l’uomo più corrotto dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese”.

Ad aggravare la sua posizione anche un comportamento personale censurabile (quanto meno per i canoni del regime comunista). Secondo la sentenza, infatti, Lai Xiaomin aveva vissuto per diversi anni con donne differenti dalla moglie, dalle quali aveva avuto diversi figli. Per questo, il banchiere è stato accusato e condannato anche per bigamia.

Comportamenti che, si legge nella sentenza, hanno messo in pericolo la sicurezza nazionale. Per questo motivo Lai Xiaomin è stato condannato a morte. Sentenza eseguita proprio in questi giorni.

Chi era Lai Xiaomin

L’esecuzione di Lai Xiaomin è un evento piuttosto importante nella strategia di lotta alla corruzione avviata da Xi Jinping nel 2012. Lai Xiaomin era una figura di rilievo nell’organigramma del Partito Comunista Cinese: per anni aveva ricoperto il ruolo di capo di “China Huarong Asset management”, uno dei quattro colossi finanziari controllati dallo Stato, e capo del Dipartimento di Supervisione Bancaria della “Banca centrale cinese”.

Sfruttando i ruoli ricoperti, Lai Xiaomin era stato in grado di intessere una fitta rete di rapporti, che gli avevano assicurato la possibilità di “raccogliere” tangenti per decine e decine di milioni di euro nell’arco di pochi anni.

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