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AVEZZANO : IL NUOVO MISTER 5% CHE INTASCAVA MAZZETTE PER AFFIDARE L'APPALTO ALLA DITTA AMICA

 

Il tribunale di Avezzano:_  L’AQUILA – Come Calouste Sarkis Gulbenkian, imprenditore armeno al quale, per la sua abitudine di pretendere il 5 per cento delle quote delle compagnie petrolifere che contribuiva a sviluppare, all’inizio del Novecento fu attribuito il soprannome di “Mister 5%”, il vice sindaco di Canistro (L’Aquila), Paolo Di Pietro, secondo i giudici “mostrava molto interesse per la mazzetta” e chiedeva al suo interlocutore, l’imprenditore di Penne (Pescara) Sergio Giancaterino, “quanto sarebbe disposto a pagare” il patron della ditta Porcinari di Montorio al Vomano (Teramo) Emiliano Pompa, qualora fosse stato scelto per i lavori, per capire “orientativamente quanto avrebbe intascato nel caso di un appalto di 400.000 euro”.

Tutti e tre sono finiti agli arresti domiciliari, assieme ad altre 4 persone, nell’ambito dell’inchiesta “master list” della procura della Repubblica di Avezzano (L’Aquila), che ha scoperchiato un sistema per manovrare appalti pubblici con circa 15 aziende che venivano fatte partecipare a gare già compromesse grazie ad accordi corruttivi con amministratori locali e pubblici funzionari e che, con offerte al ribasso, indirizzavano la gara verso l’impresa prescelta per l’occasione, determinando un cartello in grado di deciderne l’esito.
Ai domiciliari, insieme a Di Pietro, Giancaterino e Pompa, sono finiti l’amministratore delegato, che si è dimesso, del Consorzio acquedottistico marsicano (Cam), Giuseppe Venturini, il sindaco di Casacanditella (Chieti), Giuseppe D’Angelo, l’imprenditore Antonio Ruggeri di Avezzano, e il responsabile unico del procedimento al Comune di Campotosto (L’Aquila) Antonio Ranieri del capoluogo.
Secondo le accuse, riportate nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Avezzano (L’Aquila) Francesca Proietti, si tratta di un “accordo corruttivo a tre” tra Di Pietro, oggi consigliere di maggioranza a Canistro e braccio destro del sindaco Angelo Di Paolo (non coinvolto in questa inchiesta) sin da quando era assessore regionale ai Lavori pubblici, Pompa e Giancaterino.
“L’accordo corruttivo emerge con chiarezza dalle intercettazioni telefoniche e ambientali: i colloqui intercettati che intercorrono tra il Giancaterino e il Di Pietro esplicitamente fanno riferimento a una percentuale sull’importo dei futuri lavori che il titolare della ditta Porcinari sarebbe disposto a pagare al vice sindaco di Canistro, che, in tal senso, ha avanzato esplicite e ben precise richieste”, si legge nel dispositivo del gip.
Secondo la ricostruzione di quella che viene definita dai magistrati una “vicenda complessa”, il 10 giugno 2014 “vi è stato un primo incarico ottenuto dalla Giancaterino costruzioni sas, relativo all’appalto di ristrutturazione e ampliamento del cimitero comunale di Canistro. Gli accordi illeciti intercorsi per addomesticare la gara sono stati stretti anteriormente all’apertura delle indagini a carico di Giancaterino e, dunque, non sono stati oggetto di intercettazioni da parte degli inquirenti che solo successivamente hanno potuto ricostruirne i contenuti”.
“In questa gara”, scrive sempre il gip, “parte dei lavori, relativa all’impianto elettrico e illuminazione, risulta affidata in subappalto al fratello del vice sindaco, Antonio Di Pietro”.
È questa l’occasione in cui si consolida quello che gli inquirenti considerano un sodalizio criminale, da cui, grazie alla “reciproca soddisfazione”, Di Pietro e Giancaterino “programmano la possibilità di addomesticare anche la gara relativa alla ristrutturazione del palazzo municipale”.
Di Pietro, preoccupato dal fatto che affidare la nuova gara direttamente alla ditta di Giancaterino genererebbe sospetti, lascia all’imprenditore “carta bianca su quale ditta individuare fra quelle a lui amiche”.
A Canistro si collauda così un sistema che “il Giancaterino ha più volte utilizzato per accaparrarsi, con la compiacenza degli amministratori locali, numerose gare in diverse zone geografiche abruzzesi”.
A partire da quella per l’esecuzione dei lavori alla fognatura di Cappadocia, a cui partecipa, ma di cui si lamenta per la decisione dell’amministratore delegato del Cam, Giuseppe Venturini, “di procedere nelle forme della gara aperta”.
È nei computer di Giancaterino, poi, che gli inquirenti hanno trovato “l’elenco di 20 ditte che hanno partecipato alla gara per i lavori del cimitero di Canistro” e “una serie richieste intestate ad alcune imprese per la partecipazione a diverse gare pubbliche”. Documenti contenuti anche in alcune chiavette usb ritrovate sul davanzale della finestra dell’ufficio della ditta.
Elenco che, secondo il gip, è stato predisposto dallo stesso Giancaterino, che avrebbe “manipolato le offerte” delle altre ditte “per conseguire il risultato sperato e già ampiamente programmato: l’aggiudicazione dei lavori presso il cimitero di Canistro”.
Ma occorre tornare addirittura al novembre 2013 per trovare, come hanno fatto gli inquirenti, appunti a penna contenenti un altro elenco di ditte, posseduto sempre da Giancaterino, che metterebbe in evidenza “l’esistenza di un rapporto costante e duraturo tra Giancaterino e Di Pietro” e dimostrerebbe “l’utilizzo ripetuto dello stesso sistema consistente nell’invito alla gara di un numero cospicuo di ditte compiacenti (ovviamente preavvertite), gara nella quale l’aggiudicazione avviene mediante un sistema che consente alle commissioni di gara di ‘manipolare’ le votazioni da attribuire in modo da avvantaggiare l’impresa già prescritta”.

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