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Via Crucis, il Papa: "Sfidiamo le coscienze addormentate". A portare la croce una famiglia siriana, religiosi iracheni e della Terra Santa

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Francesco, nella preghiera finale, ha espresso speranza perché “la Chiesa, santa e fatta di peccatori, continua ancora oggi a essere una luce che illumina, nonostante tutti i tentativi di screditarla”. Ma ha parlato anche di vergogna “per i sacerdoti avidi e divorati dall’ambizione”ROMA – Le ferite delle guerre: della Siria, dell’Iraq, della Terra Santa. La fragilità di bambini, anziani, disabili. Le ansie dei giovani ma anche le loro speranze, nell’anno del Sinodo dedicato a loro. Sono stati i temi della Via Crucis di Papa Francesco al Colosseo per il Venerdì Santo. Una celebrazione blindatissima, con uno spiegamento di forze di polizia come forse non si era mai visto. In tutto 20mila i fedeli che hanno partecipato, secondo la Gendarmeria vaticana. In un clima di minaccia a livelli altissimi, le celebrazioni pasquali con il Papa non hanno quindi subito alcuna modifica.
“Le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo dove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati”, ha denunciato il Papa che ha dedicato alla “vergogna di aver perso la vergogna” la sua preghiera conclusiva. Vergogna per quando si sceglie “il potere e il dio denaro”; vergogna per gli uomini, anche di Chiesa, che si fanno prendere dall’ambizione “perdendo la loro dignità”. “Vergogna – ha detto – perché tante persone, e perfino alcuni ministri di Dio, si sono lasciati ingannare dall’ambizione e dalla vanagloria perdendo la loro dignità e il loro primo amore”.Ma dalla terrazza del Palatino dalla quale ha presieduto la cerimonia – trasmessa in mondovisione – Papa Francesco nella sua preghiera ha evocato anche “la speranza perché tanti missionari e missionarie continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati; la speranza perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva”.
Il pontefice ha affidato quest’anno le meditazioni della Via Crucis ad un gruppo di liceali romani, coordinati dal loro professore di religione, Andrea Monda. Le delusioni, le ingiustizie, i fallimenti ma anche il coraggio, la speranza, la solidarietà: sono stati questi i temi delle meditazioni. “Mi guardo intorno e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono”, è il testo di in una delle preghiere. E si cita “l’apparenza, oggi tanto importante nella nostra società delle immagini”. E ancora: “Cadiamo così tante volte che perdiamo il conto, ma speriamo sempre che ogni caduta sia l’ultima”.
Ma, stazione dopo stazione, sono stati rappresentati anche tutti gli scenari della guerra. Simbolicamente Bergoglio ha voluto che tra i portatori della Croce ci fossero tre religiosi iracheni – padre José, dei Trinitari, con suor Leya e suor Genevieve, domenicane di Santa Caterina da Siena, i francescani da Gerusalemme, frate Antonio e frate Elivano, e ancora una famiglia dalla Siria: Riad Sargi e Rouba Farah con i loro tre figli. “In quella croce – ha detto suor Genevieve – sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani”.
A portare la croce anche una bambina disabile accompagnata dai volontari dell’Unitalsi. Nel pomeriggio si era svolta invece nella basilica vaticana la celebrazione della Passione. Il Papa si è prostrato a terra in segno di devozione. Poi il predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha invitato i giovani ad “andare contro corrente” e a “salvare l’amore umano dalla deriva tragica nella quale è finito”, diventando “possesso, spesso violento e tirannico”.

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