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Val Susa, in mille in marcia al cantiere di Chiomonte per ribadire il "no" alla Tav

Gli oppositori della Torino-Lione partecipano al festival valsusino Alta Felicità indetto dal movimento No Tav. Alla dimostrazione anche attivisti arrestati di recente e appena rimessi in libertà. La polizia annuncia venti denunce per danneggiamenti e violazione dell’ordinanza prefettizia


È partita da Venaus sotto la pioggia ed è durata circa tre ore, senza incidenti ma con un faccia a faccia con i cordoni di polizia, la marcia di andata e ritorno del movimento No Tav diretta al cantiere della Torino-Lione di Chiomonte, in Valle di Susa. I manifestanti erano circa un migliaio: tra loro anche famiglie e bambini. Il corteo si è snodato per i sentieri della Clarea fino a raggiungere il cantiere. “La Valle che resiste. No Tav” era lo striscione che apriva la marcia, inserita tra gli eventi del festival dell’Alta Felicità, la manifestazione ispirata alla cultura dello sviluppo sostenibile e all’opposizione alle grandi opere.

No Tav, mille in marcia verso il cantiere di Chiomonte:”Dal governo vogliamo atti concreti e non dichiarazioni”

Tra i partecipanti i leader storici del movimento No Tav, come il valsusino Alberto Perino. “Continuiamo a essere vigili, attenti, non ci fidiamo delle dichiarazioni dei giornali e vogliamo vedere atti concreti – ha dichiarato – Perché un governo non opera con selfie, ma attraverso i documenti. Oggi come ieri siamo quindi pronti a resistere”. Alla passeggiata verso il cantiere di Chiomonte hanno partecipato famiglie, alcune anche con bambini. Molti i dimostranti provenienti da tutta Italia e, dall’estero, Francia e Slovenia in particolare.

Val Susa, in mille in marcia al cantiere di Chiomonte per ribadire il "no" alla Tav

Giunto in prossimità del cantiere del tunnel geognostico della Tav, i dimostranti hanno segato e divelto una rete metallica posta attraverso la strada per creare un blocco intermedio sul cammino e hanno proseguito verso l’imbocco della galleria, mentre gli agenti si ritiravano. Dopo circa 500 metri, ormai a ridosso del cantiere, il corteo ha trovato un cordone di polizia schierato: i manifestanti si sono avvicinati fino a una decina di metri e si sono fermati a fronteggiare le forze dell’ordine gridando slogan contro la Tav. Dopo circa una mezz’ora, senza che la tensione salisse e senza che vi fosse alcun incidente, i No Tav hanno lasciato la zona e sono rientrati verso Venaus.

Al termine della manifestazione la Questura di Torino ha annunciato che una ventina di partecipanti all’iniziativa, “non preavvisata a termini di legge” e dunque “non autorizzata”, sarà denunciata per aver violato l’ordinanza del prefetto che vietava di superare lo sbarramento e per il danneggiamento della rete. Sottolineando che la polizia “non ha raccolto le numerose provocazioni e non ha reagito ai comportamenti anche penalmente rilevanti posti in essere, allo scopo di preservare l’incolumità delle numerose persone presenti, tra le quali  diversi bambini”, la nota della Questura rimarca la presenza tra i dimostranti di due esponenti di Askatasuna, Giorgio Rossetto e Mattia Marzuoli, “di recente colpiti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari e liberati da pochi giorni”.
Nei giorni scorsi al cantiere della Tav, al centro delle polemiche politiche, la protesta No Tav è tornata a farsi sentire con il lancio di razzi e bombe carta che hanno portato la polizia a identificare 25 persone. Forse anche per questo la marcia di oggi è stata criticata da esponenti di destra come la deputata di Fdi Augusta Montaruli: “La marcia – ha scritto la parlamentare in una nota – doveva essere vietata. E’ un affronto alle forze dell’ordine e agli operai che doveva essere evitato. Ora mettiamo subito a tacere i mitomani del No Tav. Chiamparino convochi subito un Consiglio straordinario per procedere al referendum sulla Tav e andare a votare già a settembre”.
Proprio oggi, in un’intervista rilasciata a Repubblica, il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino ha fatto appello a un “moto d’orgoglio dei piemontesi” contro la minaccia di abbandonare il progetto della Torino-Lione fatta da esponenti del governo che ascoltano “solo chi appartiene alla loro tribù”, e ha dichiarato di essere pronto a indire un referendum perché i cittadini si esprimano su un’opera senza la quale il Nord Ovest resterebbe isolato.

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