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“Scafarto e Ultimo, metodi da matti”. I carabinieri di Consip sotto accusa

La deposizione shock al Csm di Lucia Musti, procuratore di Modena. “Erano esagitati. Mi dissero: scoppierà un casino, arriviamo a Renzi”

ROMA –  «Quei due sono veramente dei matti. Abbiamo fatto bene a liberarcene subito». «Le loro intercettazioni? Fatte coi piedi». Le informative? «Roba da marziani». Parola del procuratore di Modena Lucia Musti che il 17 luglio, davanti alla prima commissione del Csm, parla così del colonnello del Noe Sergio De Caprio e del capitano Gianpaolo Scafarto, lamentando le continue pressioni di Scafarto per incontrarla. La lunga audizione del magistrato, già sbobinata dopo una settimana, è rimasta per tutto agosto nei cassetti del Csm, e solo il 14 settembre, con una posta certificata, è partita alla volta della procura di Roma, che ha messo Scafarto sotto inchiesta. Un’attesa, motivata dalle ferie, decisamente troppo lunga e che già solleva più di un interrogativo.
“FINALMENTE L’HANNO PRESO” È un atto d’accusa pesantissimo quello di Musti contro Scafarto e De Caprio. Tant’è che, la sera in cui si diffonde la notizia dell’incriminazione di Scafarto, come lei stessa riferisce al presidente della prima commissione Giuseppe Fanfani, ai relatori Luca Palamara e Aldo Morgigni, a consiglieri come Antonello Ardituro e Piergiorgio Morosini che la interrogano, eccola commentare: «Mi è venuto un colpo, perché ho detto “uno più uno fa due, finalmente l’hanno preso”, punto, fine. Perché il modo di fare di questo capitano era assolutamente spregiudicato, ma non solo il suo, anche quello del colonnello che lo comandava allora, De Caprio».
“DVD SENZA CAUTELA” Nella primavera 2015 Musti riceve da Napoli, dal pm Henry John Woodcock, gli atti di Cpl Concordia. Ma è Scafarto in persona, come dice Musti al Csm, a portarle l’informativa: «Erano due Dvd e non avevano alcuna forma di particolare cautela, assolutamente no. Non c’erano dei sigilli». Prosegue Musti tra le insistenze dell’ex pm Ardituro: «Vede consigliere, ripeto, io non ho mai visto un’informativa così, perché entra subito nel merito. Cioè comincia subito a raccontare i fatti. Quelle a cui ero abituata io, per vent’anni, avevano scritti gli indagati e i reati». Fanfani le chiede «se questo è un modo di trasmettere gli atti». Musti: «Lui veniva per nome e per conto di Woodcock, che mi aveva telefonato e mi aveva detto: “Ti mando Scafarto”».
ESPLODE IL CASO ADINOLFI La telefonata tra l’ex premier Renzi e il generale Adinolfi viene pubblicata sui giornali. Non era omissata nel dvd consegnato dai carabinieri a Musti. Ma lo era nelle carte dei pm. Musti: «Ho parlato con Woodcock quando la notizia è uscita, è lui che ha chiamato me, non sono io che ho chiamato lui. Mi ha chiamato per minimizzare, era piuttosto turbato, agitato, preoccupato. Io l’ho lasciato sfogare, punto e basta. In realtà ero piuttosto arrabbiata, mi sono confrontata con Pignatone dicendo: “Ma in che pasticcio sono andati a metterci?”. Sono sincera, ho detto questo».
“INTERCETTAZIONI COI PIEDI” Musti non fa sconti ai carabinieri: «Queste intercettazioni erano fatte coi piedi, dove sulla base di un’informazione del tipo “questo lampadario è verde”, allora si diceva che il lampadario era verde perché erano venuti marziani che avevano corrotto e sulla base di un lampadario verde si facevano delle costruzioni di reato».
“SONO DEI MATTI” Musti, con due colleghi, partecipa a una riunione al reparto operativo dei Cc di Roma, con Scafarto e De Caprio. Chiosa al Csm: «Mi sembravano molto spregiudicati, con un delirio di onnipotenza, soprattutto il colonnello e il capitano, perché poi c’era questo maggiore De Rosa che mi sembrava più equilibrato, ma gli altri due erano veramente matti. Scusi, matti no, erano esagitati, non mi piaceva neanche il rapporto con l’autorità giudiziaria che avevano, perché a me avevano detto: “Dottoressa, lei se vuole ha una bomba in mano, lei se vuole può far esplodere la bomba”».
Il presidente Fanfani chiede: «Chi glielo disse?». Musti: «Il colonnello De Caprio mi disse: “Lei ha una bomba in mano, se vuole la può fare esplodere”». Fanfani: «Ma in riferimento a cosa?». Lei: «Ma cosa ne so? Cioè, io non lo so perché erano degli agitati. Io dovevo lavorare su Cpl Concordia, punto, su quest’episodio di corruzione. Dissi ai miei, “prima ci liberiamo di questo fascicolo meglio è”. Nel frattempo, secondo me, il colonnello pensava che io chissà cosa potessi potuto fare, forse il burattino nelle sue mani, io non lo so cosa avesse in mente».
“SUCCEDERA’ UN CASINO”
Musti dedica molte risposte alle insistenti pressioni di Scafarto per incontrarla. «E va bene, cosa gli devi dire, di no? Una volta gli ho detto di sì, la seconda pure, la terza volta no, e ho ancora il suo ultimo messaggio al quale dissi “faccia come vuole, ma io non ho tempo”». Ma nell’ultimo incontro ecco la frase shock di Scafarto. Racconta Musti: «Lui mi ha parlato del caso Consip, un modo di fare secondo me poco serio, perché un capitano, un maresciallo, un generale sono vincolati al segreto col loro pm, non devi dire a me che cosa stai facendo con un altro. Quindi, quando lui faceva lo sbruffone dicendo che sarebbe “scoppiato un casino”, io dentro di me ho detto “per l’amor di Dio”. Una persona seria non viene a dire certe cose, quell’ufficiale non è una persona seria». Fanfani vuole dettagli: «De Caprio ha detto “Ha una bomba in mano”, mentre Scafarto “succederà un casino”?». Musti risponde: «Scoppierà un casino, arriviamo a Renzi».

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