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Processo Mondo di mezzo, inchiesta chiusa: in 28 a rischio processo, C'é anche direttore 'Tempo'

Si chiude oggi un altro pezzo dell’inchiesta Mafia Capitale che, lo scorso luglio ha portato condanne esemplari in primo grado per la holding di Buzzi e Carminati ma non ha riconosciuto la mafiosita’ di quel gruppo. La tranche che oggi si chiude riguarda 28 persone che dall’indagine Mondo di mezzo furono lambite ma stralciate dal procedimento madre e personaggi già coinvolte nel maxi processo stavolta indagate per altri reati.
Tra i 28 che rischiano di finire sotto processo c’è anche il direttore de “Il Tempo” Gian Marco Chiocci, per favoreggiamento.  Avrebbe aiutato Massimo Carminati “a eludere le investigazioni dell’autorita’ giudiziaria che procedeva nei suoi confronti per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e di corruzione, comunicandogli, per il tramite di Salvatore Buzzi, di avere appreso in ambienti giudiziari della indagine a suo carico e di attivita’ di intercettazione e di riprese video in corso”.
“Sono allibito ed enormemente sorpreso  – replica Chiocci – dalla decisione della procura di Pignatone che evidentemente non ha ritenuto sufficienti le dettagliate spiegazioni da me rese a verbale il 6 luglio 2015. Ribadisco, una volta di più, di non aver mai riferito notizie di indagini a Massimo Carminati”. Il giornalista spiega che le indagini della Procura erano “note allo stesso Carminati (come emerso ripetutamente al processo e come mi disse lo stesso Carminati allorché provai invano a intervistarlo) e a tantissimi giornalisti che di Carminati e dei dettagli segretissimi delle indagini di Mafia Capitale scrissero in tempi non sospetti, a più riprese, in articoli e libri, essendo evidentemente la notizia di dominio pubblico nel mondo della cronaca giudiziaria.
E poi  Salvatore Buzzi, Ras delle cooperative, Massimo Carminati, Luca Odevaine, Gennaro Mokbel, Franco Panzironi e Giovanni

Fiscon. Tra i reati contestati non c’è l’associazione per delinquere di stampo mafioso ma, a vario titolo, anche  bancarotta, traffico di influenze illecite, corruzione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori.
L’atto di chiusura dell’inchiesta è firmato dal Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, dagli aggiunti Paolo Ielo e Michele Prestipino e dai sostituti Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini.

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