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Pornovendetta, ok al reato ma tempi troppi lunghi per la rimozione dei video

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Il reato di porno vendetta – il cosiddetto revenge porn – introdotto nel Codice rosso prevede da uno a sei anni di carcere e una multa da 5.000 a 15.000 euro per chi diffonde immagini o video sessualmente espliciti di una persona senza il suo consenso.
Un risultato importante, senza dubbio, ma che lascia irrisolti alcuni nodi. Spesso, infatti, i colpevoli non vengono identificati e il nodo cruciale resta la rimozione dei video, come nel caso di Tiziana Cantone: il 25 aprile 2015 su un portale viene caricato uno dei suoi filmati hard che poi invadono la rete. Il 13 settembre 2016 Tiziana si suicida. “Ottenere la rimozione totale dei filmati è praticamente impossibile, spesso sono caricati su siti con sedi in paradisi fiscali o comunque Oltreoceano”, ci racconta Andrea Orefice, il legale amministrativista che assiste Maria Teresa Giglio, la mamma di Tiziana, dinanzi al Garante per la Privacy.

Per ottenere la deindicizzazione di quasi tutti i 130 link con i video o i frame segnalati – che continuano quindi a esistere ma il motore di ricerca non li inserisce più nelle ricerche utenti – ci sono voluti circa sei mesi. “Tempi troppo lunghi”, spiega Orefice, “a novembre 2016 abbiamo chiesto ai motori di ricerca la deindicizzazione delle pagine che pubblicavano illecitamente i video pornografici. Non ottenemmo nessuna risposta. Dopo un mese abbiamo posto la questione al Garante della privacy, che ha avviato l’istruttoria, ha accertato l’esistenza delle pagine e ha inviato la richiesta ai motori. Solo dopo 4-5 mesi le pagine segnalate sono state deindicizzate”.

“Inoltre – continua l’avvocato – nel corso del procedimento abbiamo chiesto al Garante che venissero comminate delle sanzioni per i ritardi, senza avere mai risposta”. In una lettera inviata lo scorso 4 aprile a Maria Teresa Giglio, il Garante della privacy esprime la massima disponibilità a un ulteriore confronto per valutare possibili azioni, sottolineando la complessità tecnico-giuridica di prevedere misure di filtraggio per impedire l’immissione in rete dei contenuti. “”Siamo sicuri che il Garante adotterà quanto prima un provvedimento formale in ordine alle istanze ritualmente presentate dalla signora Giglio, adottando i provvedimenti richiesti o fornendo le dovute spiegazioni dell’eventuale rifiuto”, sottolinea Orefice, che conclude: “Servirebbero accordi sugli obblighi di cancellazione e bisognerebbe rivedere il decreto legislativo del 2003 sul commercio elettronico, che non individua una tempistica predefinita per la rimozione dei video”.

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