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Mondo di mezzo, i giudici: "Buzzi e Carminati, solo corruzione: la loro non era una cosca"

Buzzi e Carminati non avevano il controllo della città. E non essendo stata riconosciuta neanche per la Banda della Magliana, la holding di Mafia Capitale non poteva essere considerata una cosca mafiosa. Sono le motivazioni del tribunale che ha giudicato lo scorso 20 luglio i 46 imputati alla sbarra per reati che vanno dal 416bis alla corruzione e che arrivano con qualche giorno di anticipo rispetto i 90 giorni richiesti dal presidente Rossana Ianniello.
L’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
La parte che riguarda l’associazione a delinquere di stampo mafioso è quella finale delle motivazioni. Duecento pagine scarse su 3.200 per spiegare perché tutto questo non era mafia. “La seconda questione da dirimere riguarda la mafiosità delle due associazioni criminose, quella costituita presso il distributore di corso Francia e composta da Carminati, Brugia, Calvio e Lacopo Roberto (il reato associativo non è stato contestato a Lacopo Giovanni) e quella operante nel settore degli appalti pubblici, della quale debbono essere ritenuti partecipi Buzzi, Gramazio, Testa, Ietto, Gaglianone, Panzironi, Cerrito, Caldarelli, Guarany, Garrone e  Di Ninno oltre Carminati e Brugia”, scrive Ianniello.
“Tralasciando il clamore mediatico, non vi è dubbio che i fatti accertati siano di estrema gravità, intanto per il loro stesso numero, poi per essere stati i reati realizzati in forma associata e infine per la durata stessa della condotta antigiuridica, che è proseguita nel tempo e che, con l’affinamento dei metodi di azione, ha creato le premesse per una permanente operatività, interrotta soltanto dalle indagini prima e dal processo poi”.
I DUE GRUPPI CRIMINALI DEL MONDO DI MEZZO 
Per il collegio, presieduto da Rosanna Ianniello “i gruppi criminali – come individuati – appaiono distinti per la diversita’ dei soggetti coinvolti nelle due categorie di azioni criminose, per la diversita’ stessa della azioni criminose e per la eterogeneita’ delle condotte organizzative ed operative; sicche’ non puo’ essere condivisa la lettura unitaria proposta dall’accusa circa l’esistenza di un unicum criminale che, cementando le sue diverse componenti (criminali di strada, imprenditori e soggetti esterni alla amministrazione, pubblici funzionari corrotti) giunge ad avvalersi di una carica intimidatoria condizionante, da un lato, la legalita’ dell’agire amministrativo e, dall’altro, la liberta’ di iniziativa dei soggetti imprenditoriali concorrenti nelle pubbliche gare e cio’ al fine di controllare ed orientare in proprio esclusivo favore gli esiti delle relative procedure”.  “Prima di entrare nel merito della valutazione appena indicata, va detto che il Tribunale non ha individuato, per i due gruppi criminali, alcuna mafiosità”. Il collegio parte con il paragone tra la holding di Buzzi e Carminati e la storica banda della Magliana che, ai tempi che furono  “aveva realizzato la coalizione tra bande criminali, costituendo un unicum nella storia della città, solitamente pervasa – forse per strutturale incapacità organizzativa – da una pluralità di realtà criminali tra di loro intersecantesi e talora aspramente confliggenti. Si tratta tuttavia di un gruppo ormai estinto”.
CARMINATI E LA BANDA DELLA MAGLIANA
Quindi il punto di collegamento, tra i due gruppi facenti capo al Cecato e al ras delle coop e la banda della Magliana “è dunque costituito dalla sola persona di Massimo Carminati, destinatario – per le l’importanza delle vicende giudiziarie in cui è stato coinvolto e per l’interesse mediatico che le ha accompagnate – di una notevole e duratura fama mediatica, che ne ha consolidato l’immagine e gli ha creato intorno un alone di inafferrabilità : per essere sopravvissuto; per aver riportato, per quelle vicende, condanne complessivamente modeste; per essere andato assolto da alcune gravi imputazioni. Fama a parte, l’esistenza di un collegamento soggettivo non significa, però, automatico ripristino o prosecuzione del gruppo precedente: non è sufficiente l’intervento di Carminati, “erede della banda della magliana”, a stabilire un rapporto di derivazione tra detta banda e successive organizzazioni in cui Carminati si trovi coinvolto.
Peraltro, neppure per la banda della Magliana si è potuti giungere ad affermare che si trattasse di un’associazione di tipo mafioso.
I CONTATTI CON LA POLITICA
“La lunga esperienza maturata” dal ‘ras’ delle cooperative Salvatore Buzzi “nel settore della cooperazione sociale e gli stessi contatti, con politici ed amministrativi, costruiti nel tempo in relazione all’attivita’ delle cooperative, sono stati da lui sapientemente utilizzati e sfruttati per la commissione di reati finalizzati – consentendo una innaturale espansione sul mercato – a potenziare i profitti delle cooperative e dei soggetti che di esse avevano la direzione e la gestione”. Evidenzia ancora il tribunale di Roma nelle motivazioni. “Il dato appare ancor piu’ grave – si legge  – ove si tenga conto del percorso di Buzzi, che pure aveva tentato di recuperare il suo passato criminale, e della conoscenza di tale percorso che avevano i suoi collaboratori e sodali, conoscenza che avrebbe dovuto indurrre a salvaguardare l’esperienza della creazione di cooperative sociali finalizzate al recupero di ex detenuti e non ad orientarle verso la commissione di reati gravi, e commessi in forma associata. Il ruolo di Buzzi, quale capo di detta associazione, si desume dall’esame dell’intera

vicenda, che lo vede sempre impegnato in prima persona, e con ruolo decisamente centrale, nella incessante attivita’ di accaparramento di appalti pubblici, attraverso la rete di conoscenze e contatti da lui abilmente coltivata”. Nel settore del recupero crediti, l’altra associazione, quella che ha al centro le figure di Massimo Carminati e Riccardo Brugia, “ha confermato le capacita’ criminali dei singoli, potenziandone le possibilita’”.

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