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L’ultima trattativa sul nodo ‘premier’ e squadra prima del piano B

AGI –  Un ‘big’ di Italia viva non nasconde quale sarà lo scoglio più grande. Dal primo di febbraio si comincerà a stringere su un programma di fine legislatura, sarà il presidente della Camera Roberto Fico a farsene garante, è probabile che venga messo nero su bianco un documento con le posizioni delle forze politiche da portare al tavolo dei leader. Ma poi? “Poi si aprirà una questione politica”.

E si torna sempre alla casella di partenza, perché lo scenario dell’esecutivo istituzionale o tecnico non è stato ancora sgombrato dal campo. Renzi con i suoi, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari, vede solo un problema sul ‘piano B’. Il Pd – ha ragionato ieri durante l’incontro con i senatori e i deputati di Iv – non voterebbe mai un governo che avrebbe la fiducia della Lega.

Ma da qui i ‘big’ renziani hanno interpretato il passaggio del suo discorso, ipotizzando che il partito di via Bellerio potrebbe eventualmente astenersi, favorendo la ‘maggioranza Ursula’, fermo restando che Fdi rimarrebbe in quel caso all’opposizione, senza magari alzare le barricate. In ogni caso il Pd non ci sta.

Non intende partecipare a un esecutivo insieme alla destra, punta su Conte anche per salvaguardare l’asse futuro con M5s e Leu, come alternativa mette sul tavolo solo l’ipotesi di un governo del presidente che mandi il Paese alle elezioni (tesi Bettini), anche se una parte dei gruppi parlamentari è contraria alle urne.

Comunque si continua a ragionare sul ‘Conte ter’, su un esecutivo con una forte spinta politica, ovvero con i leader dentro e una sorta di ‘depotenziamento’ del premier dimissionario.

I contatti sono in corso, M5s-Pd-Leu puntano a far sì che il nodo del nome si sciolga al più presto, Iv è per allungare la trattativa ma ‘l’esploratore’ Fico, che oggi ha visto anche gli europeisti e i ‘piccoli’ posizionarsi sul fronte rosso-giallo, sta cercando di sminare il terreno e far sì che il nome del presidente del Consiglio dimissionario sia quello su cui far convergere tutti i partiti, anche Iv, e quindi ricevere l’incarico.

Se invece all’orizzonte ci dovesse essere un altro tipo di esecutivo (ma non politico), si aprirebbe la riflessione anche nel Movimento 5 stelle che potrebbe essere sensibile ad una eventuale ‘moral suasion’ del Capo dello Stato, ma per ora – sottolinea un ‘big’ M5s – la posizione è assolutamente ferma: Conte ter.

Ma a quali condizioni? I dem non partecipano di proposito a ‘querelle’ legate sui nomi tirati in ballo in questi giorni, come quello di Gualtieri che oggi è stato ‘blindato’ da Confindustria. E altrettanto non fanno i pentastellati, consapevoli che un cambio di rotta potrebbe portare a rimettere in discussione ministri come Bonafede, Azzolina, Catalfo o altri.

Fermo restando che considerano il Mes uno dei temi divisivi e farebbero le barricate soprattutto sul reddito di cittadinanza ed eventualmente sul superbonus. Ma è nei gruppi parlamentari che si aspetta quale sarà l’esito della trattativa sul programma.

Magari non saranno 10 al Senato quelli che non voterebbero un esecutivo con Renzi di nuovo dentro la maggioranza, ma il dissenso tra i 5 stelle c’è. Potrebbe ridimensionarsi in un semplice malessere solo se al tavolo M5s difendesse i temi ‘identitari’. La ‘fronda’ M5s che ha detto no ad un dialogo con Renzi ha evitato strumentalizzazioni, posticipando una riunione che avrebbe dovuto tenersi in mattinata.

“Ma cambia poco – osserva un senatore – noi non ci stiamo a far rientrare Renzi con armi e bagagli come prima. Bisognerebbe cominciare a non escludere un governo tecnico e a prendere le distanze dal Pd che non scardina Italia viva”. “Il problema – fa notare un altro ‘big’ M5s – in realtà è che cosa succederebbe senza il nome di Conte sul tavolo.

Dire di sì ad un governo con Renzi, senza neanche Conte, sarebbe una follia”, il ‘refrain’ nei gruppi. Il timore nei gruppi è che il Movimento 5 stelle possa davvero andare incontro ad una scissione. Fico avrà altre 48 ore per concludere il suo mandato, anche se non è escluso da alcuni che il suo lavoro di mediazione non possa ritornare utile in un secondo momento, soprattutto se dovesse emergere proprio il suo nome come nuovo punto di equilibrio, perlomeno secondo quanto riferiscono i renziani.

I più ottimisti nel fronte rosso-giallo sul fatto che poi alla fine la maggioranza si possa ricomporre con numeri certi ne fanno una questione di “lealtà”: “Stiamo preparando il tavolo come richiesto da Iv, Renzi non può più strappare sulla figura di palazzo Chigi”. Un auspicio più che una convinzione.

Perché il timore è sempre lo stesso. Ovvero che Renzi quando parla di esecutivo politico non pensa a Conte e quando accenna all’esecutivo istituzionale pensa a Draghi o Cartabia. In entrambi i casi andrebbero verificati numeri e reazioni delle forze politiche.

Al momento la partita è sui programmi, almeno quella alla luce del sole, poi si sposterà più in alto e si verificherà se è vero che Iv punta al ministero delle Infrastrutture o al Mise (ma M5s non sarebbe disposto a cedere) ed insisterà per togliere il dicastero del Lavoro, quello della Giustizia e dell’Istruzione a M5s.  Di sicuro vorrà avere voce in capitolo sul dicastero di via Arenula, mentre – sempre se si dovesse concretizzare il ‘Conte ter’ – entrerebbe Orlando in veste di vicepremier o di ministro del ‘Recovery’.  

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