L’arte in bottiglia di Campari

ampari è uno dei marchi italiani più famosi nel mondo e uno dei pochi prodotti a essere istantaneamente risconoscibile, dal colore rosso rubino del drink alla forma particolare della bottiglia. Meno noto invece è il legame che Campari per oltre un secolo ha avuto con l’arte contemporanea, che ha portato a poster, etichette e campagne di marketing memorabili che hanno dissolto il confine tra arte e pubblicità.
La mostra “The Art of Campari” alla Estorick Collection di Londra, organizzata con la Galleria Campari, racconta la storia della pubblicità del gruppo che è anche la storia dell’arte e del design italiani.
Dalle locandine del periodo Belle Époque alle campagne all’avanguardia degli anni Venti fino al design elegante degli anni Sessanta e alle “Variazioni grafiche sul nome Campari” di Bruno Munari e agli spot diretti da Federico Fellini nel 1984, è il racconto di un felice matrimonio tra creatività e impresa, tra marketing e arte, illustrato con artwork originale, poster dell’epoca, disegni e oggetti.
Dietro tutto questo, come spesso accade, c’è stato un uomo con una visione più lungimirante degli altri, un pioniere del marketing e un vero appassionato di arte. La ditta era stata fondata nel 1860 da Gaspare Campari, che aveva inventato il Bitter Campari e aveva aperto un locale nella nuova Galleria Vittorio Emanuele, sancendo per sempre il legame tra Campari e Milano.

Ma è stato il figlio Davide a dare la svolta che viene celebrata da questa mostra. Ha scoperto, incoraggiato e ingaggiato artisti nuovi e designer all’avanguardia e ha capito e sfruttato il potenziale del poster pubblicitario unendo le sue due passioni: quella per l’arte e quella per il drink rosso dalla ricetta tuttora segreta.
All’inizio del Novecento Campari ha non solo iniziato ad esportare il Campari all’estero ma ha anche ingaggiato alcuni dei più celebri designer dell’epoca come Marcello Dudovich, Adolf Hohenstein e Leonetto Cappiello presentando poster eleganti in linea con l’estetica Art Nouveau dell’epoca. La svolta radicale c’è stata con la scelta di Davide Campari di puntare sull’avanguardia futurista e su Fortunato Depero in particolare.
Le creazioni originali, geometriche e spiritose di Depero con le sue marionette in bianco e nero hanno dato un’identità precisa e moderna a Campari, grazie anche a un uso deciso e innovativo della tipografia. Alla Biennale di Venezia del 1926 Depero dedicò le sue opere in mostra a Campari, dimostrazione di quanto fosse stretto il legame tra mecenate e artista.

Fu poi un disegno di Depero che portò alla creazione della elegante e moderna bottiglietta a cono del Campari Soda, lanciata nel 1932 e tuttora in commercio. All’epoca era rivoluzionaria: semplice ed essenziale, senza neanche un’etichetta, con la scritta in rilievo sul vetro della bottiglietta. Ancora oggi resta un’idea geniale per come facilita il packaging e il trasporto, ma soprattutto resta un punto di riferimento per il design.
“Gli artisti futuristi apprezzavano la pubblicità in quanto mezzo moderno e l’immediatezza dei suoi messaggi e dei suoi slogan, – spiega Roberta Cremoncini, direttrice della Estorick. – Era anche un modo in cui l’arte poteva sfuggire ai muri dei musei e trovare posto nella metropoli dinamica dell’utopia futurista. Depero, come il suo maestro Balla, era convinto che la pubblicità fosse l’arte del futuro.”
The Art of Campari
Fino al 16 Settembre 2018
Estorick Collection of Modern Italian Art, London
www.estorickcollection.com

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