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In ufficio l'open space non funziona, meglio lavorare al bar

In ufficio l'open space non funziona, meglio lavorare al barOpen office Google, Dublino. Studio Camenzind Evolution in collaborazione con Henry J. Lyons. Progetto fotografico: Peter Würmli
L’OPEN SPACE sembra aver fallito. Lo spazio di lavoro aperto e condiviso che sembrava la risposta alla routine solitaria e alienante non è efficace e ha ripercussioni considerevoli anche sulla produttività. Diffusi negli ultimi anni per promuovere il cameratismo, migliorare il lavoro di squadra e incoraggiare un flusso costante e libero di idee tra i colleghi, dopo decenni di segregazione in anguste stanzette, sembrano cedere il passo a nuove soluzioni. Se qualche tempo fa uno studio di design ucraino aveva ideato Helmfon, il casco per isolarsi e non essere disturbati dagli altri colleghi, adesso si affaccia una nuova alternativa.

In ufficio l'open space non funziona, meglio lavorare al bar

La futurologa Nicola Millard, esperta di dati, analisi e tecnologie emergenti ha previsto che i dipendenti diventeranno “operai con lo zaino in spalla”, ovvero si porteranno il lavoro sempre dietro e, armati di portatile o tablet, collaboreranno in piccoli team in caffè  o “coffices”, una via di mezzo tra un bar e un ufficio. I grandi spazi condivisi su cui hanno puntato molte aziende per incentivare la collaborazione a conti fatti si sono rivelati deleteri. Secondo la Millard, esperta di innovazione tecnologica e “costumer experience” per la BT, provider mondiale per servizi e soluzioni di comunicazione alle aziende, i lavoratori a stretto contatto si bloccano, come se fossero intrappolati in un ascensore. Nel suo intervento al New Scientist Live di Londra, in programma dal 28 settembre al primo ottobre, ha ribadito una teoria su cui insiste da anni: “Gli uffici open space sono un modello che non si adatta a nessuno. Siamo interrotti ogni tre minuti. Ci sono troppe distrazioni”. Il problema è sentito soprattutto dai lavoratori introversi che lavorano meglio quando non sono disturbati. Insomma, un disastro su tutta la linea tanto che la futurologa ne prevede l’imminente scomparsa.

In ufficio l'open space non funziona, meglio lavorare al bar

Nicola Millard

Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato modi e tempi di lavoro. Connettività e flessibilità, ma soprattutto il nuovo approccio generazionale, sono le parole chiave per il futuro del mondo del lavoro. Non serve più una scrivania e un orario fisso dalle 9 alle 17, basta uno zaino dove riporre il nostro pc, fermo restando che l’ufficio fisico è importante per la socializzazione. Questo non significa necessariamente che tutti lavoreranno da casa, al contrario la Millard parla di luoghi ibridi e informali, i coffices appunto – che potrebbero essere il corrispettivo dei nostri bar o le lobby di un hotel – dove lavorare in piccoli gruppi in un ambiente rassicurante e tranquillo: qui lo scambio di idee non degenera nel caos e nella confusione e la produttività cresce.
Tra le altre previsioni della futurologa, una è molto rassicurante: è improbabile che saremo sostituiti dalle macchine. “Le nuove tecnologie ci aiuteranno a fare i lavori sporchi, noiosi e pericolosi che non vogliamo fare, ma è difficile per i robot replicare gli esseri umani. Non hanno la destrezza, l’empatia, i sentimenti umani”, ha detto. In pratica, mentre noi lavoriamo al bar sorseggiando un caffè, il droide rimane in ufficio a fare le fotocopie.

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