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I migranti annegati al largo di Linosa, la procura di Agrigento apre un'inchiesta

Perché i quattro si sono gettati in mare? Sono annegate altre persone? Le domande alle quali i pm cercheranno di dare risposta


La procura di Agrigento ha aperto un fascicolo conoscitivo sui quattro somali scomparsi in mare che viaggiavano sul barcone dei 450, soccorso sabato al largo di Linosa, dopo ore di stallo. I magistrati, guidati dal procuratore Luigi Patronaggio, vogliono capire quando, perché e in che punto, si siano gettati in acqua. E soprattutto se il numero di chi manca all’appello sia più alto. Adesso, la procura di Agrigento, competente perché il fatto sarebbe accaduto tra Linosa e Lampedusa, vuole vederci chiaro. Anche perché il gip di Ragusa convalidando i fermi per gli 11 presunti scafisti del barcone individuati dalla squadra mobile, dopo lo sbarco a Pozzallo, ha fatto cadere l’accusa del reato di morte come conseguenza di altro delitto perché i migranti si sarebbero tuffati volontariamente.
Tutto inizia alle 4,25 del 13 luglio, quando un’imbarcazione zeppa di migranti viene segnalata al Maritime rescue coordination center italiano, mentre è ancora in zona maltese. Il caso esplode con un tweet del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Alle 16,30 di venerdì scorso annuncia sul social: “Da stamattina c’è una nave nelle acque di Malta. In Italia non può e non deve venire”. Da quel momento inizia lo stallo.
“Alle ore 20,30 del 13 luglio – annota la squadra mobile di Ragusa – il pattugliatore della guardia di finanza Monte Sperone procedeva in ausilio alla vedetta V2067 del Roan di Palermo, impegnata in un’attività di contrasto all’immigrazione clandestina, in quanto era stato intercettato un peschereccio con a bordo numerosi cittadini extracomunitari proveniente dalla Libia”. I migranti nel barcone sono stremati, vedono la nave ma non succede nulla, stanno finendo cibo e acqua. Sono al centro di uno scontro politico. “Alle ore 1,42, il pattugliatore P.01 ammainava entrambi i battelli di servizio al fine di soccorrere alcuni migranti presenti in acqua e successivamente abbordare il peschereccio per ristabilire l’ordine ed operare il soccorso, poiché parte dei passeggeri si era tuffato per raggiungere a nuoto le navi italiane”, continua la ricostruzione della polizia.
Trentaquattro migranti sono stati soccorsi da due motovedette della Capitaneria di porto e una della Guardia di finanza. Vengono trasbordati nella nave “Monte Sperone” delle fiamme gialle, in cui poco dopo ne saranno accolti altri, per un totale di 257 persone di cui 18 bambini, 48 donne e 191 uomini. Alle 5 del mattino arriva anche il pattugliatore Protector di Frontex e prende a bordo gli altri migranti rimasti sul barcone. Quando domenica i profughi arrivano a Pozzallo si scopre la tragedia. L’Oim denuncia quattro morti, poi arriva la conferma della polizia: dei parenti raccontano la morte in mare di quattro familiari, tra cui un minorenne, “che non sono riusciti a raggiungere l’imbarcazione di soccorso e che per questo si sono perse le loro tracce”. Quando e perché si sono gettati in mare? Quale e quanto era lontana la nave vista dai migranti prima di tuffarsi? Ci sono altri scomparsi? Sono alcune domande a cui i magistrati della procura di Agrigento vogliono dare risposte, collaborando con i colleghi della procura di Ragusa.

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