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GENOVA: Opera Pia San Giovanni, esposto del Movimento 5 Stelle

Il consigliere comunale genovese Giordano manda in Procura le carte sul buco da 7 milioni di euro e sul patrimonio spolpato.
Un buco di 7 milioni. Nessun revisore dei conti. Bilanci mai approvati. Appartamenti, box e un palazzo venduti a cifre fuori mercato, ben al di sotto di quelle stabilite da due perizie.
Come nel caso della vecchia succursale del liceo Cassini, acquistata dalla società Saia Spa, il cui presidente è il marchese Marcello Cattaneo Adorno, a un milione e 800 mila euro dopo tre aste andate a vuoto, quando il valore era di cinque milioni e 700 mila euro.
Il caso del crack della Fondazione San Giovanni Battista di via Serra finisce in Procura. Stefano Giordano, consigliere del Movimento Cinque Stelle, dopo che diverse commissioni consiliari non sono riuscite a fare luce sulla travagliata gestione dell’erede della storica “Opera Pia putti di San Giovanni Battista”, ha presentato un esposto in cui chiede di indagare perché dal 2003 la Fondazione è a controllo pubblico (regionale) e il patrimonio è stato spolpato.
“Colpisce il numero degli immobili venduti, il relativo prezzo e il fatto che sulla scorta di quanto dichiarato da Francesco De Simone – il presidente della San Giovanni – le operazioni di vendita di immobili del patrimonio erano divenute una sorta di prassi per coprire le perdite”.
Nelle quattro pagine del documento, che è ora al vaglio della magistratura, è stata inserita una tabella sulla stima degli immobili di proprietà della Fondazione e che sono stati venduti a prezzi stracciati, qunidi “sospetti”. Un appartamento di via Serra, il cui valore stimato era di 131 mila euro, è stato ceduto a 96 mila. La stessa cifra di un altro, nello stesso palazzo, che però ne valeva 105.
“Non congruo” neppure il prezzo di vendita di un immobile in salita Porta San Bernardino a Castelletto: valore 85 mila euro, prezzo finale 63. In via Casaregis un appartamento da 182 mila euro è stato acquistato da un privato per 130 e nel caso di un altro in via Ruffini il valore è stato dimezzato: da una stima di partenza di 312 mila euro si è scesi a 153.
“Dopo forti insistenze del sottoscritto – scrive Giordano nell’esposto – il 24 aprile veniva disposta un’ultima audizione di De Simone, nel corso della quale confermava i propri sospetti di ” spogliazione” del patrimonio immobiliare della Fondazione e auspicava un intervento della magistratura”.
Secondo il Movimento Cinque Stelle, che sta seguendo la vicenda, la Fondazione San Giovanni Battista ha ceduto altri beni a prezzi fuori mercato. Il 15 febbraio è stata messa all’asta una palazzina di via Peschiera (valore stimato 700 mila euro) e un appartamento nella stessa zona che ospita richiedenti asilo.
Il protettore che dal 2009 guida la Fondazione, appunto De Simone (ex assessore provinciale, chiamato al vertice dall’allora sindaca Marta Vincenzi) ha portato nelle varie commissioni documenti e bilancio ( mai approvati), ma la vicenda è così ingarbugliata che ore e ore di discussioni non hanno chiarito il motivo per cui la Fondazione è stata così spolpata da rischiare il tracollo.
De Simone due anni fa aveva spiegato che le entrate erano di 400 mila euro l’anno di affitto per i vari immobili, ma poi c’erano solo spese che gravavano sul bilancio. Inoltre, sono pesati in questi anni i costi per ristrutturazioni di immobili per 6 milioni.
L’Opera Pia dal 2003 è una Fondazione istituita dalla Regione con un patrimonio immobiliare. E proprio il patrimonio diventa la fonte di reddito per svolgere l’attività sociale gestita dal consiglio, scelto dal Comune (che indica 4 protettori) e dalla Provincia ( ora Città Metropolitana).
Nel 2009 il sindaco Vincenzi chiama De Simone alla presidenza. L’incarico scade e dopo una proroga viene riconfermato nel 2014 da Marco Doria. Nel 2014 esplode l’emergenza profughi e la Regione stabilisce che la Fondazione diventi l’hub regionale per l’accoglienza dei minori non accompagnati, con età compresa tra i 12 e i 18 anni, ma anche per ospitare gli sfollati dell’alluvione genovese del 2011.
“In questi anni sono stati venduti ventuno beni immobili – aveva spiegato De Simone in commissione – e abbiamo perso il 50% del patrimonio” . Per il Cassini – si legge nei documenti allegati all’esposto – erano stati fatti lavori di messa a norma per 2,5 milioni. “Più di quanto ottenuto con la vendita”, conclude Giordano.

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