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Boeri contro il governo: "Minacciato da chi mi deve tutelare". Palazzo Chigi: "Toni inaccettabili"

Il presidente dell’Inps in audizione alla Camera attacca il vicepremier: “Ha perso contatto con la crosta terrestre”. E difende le sue stime sui posti di lavoro persi con il decreto: “8mila in meno sono addirittura ottimistici”. 

MILANO – Si accende di nuovo lo scontro tra il governo e il presidente dell’Inps Tito Boeri sul decreto dignità. In audizione alla Camera, Boeri è tornato sugli attacchi ricevuti in questi giorni dal vicepremier Salvini e da Di Maio: “Se nelle sedi istituzionali opportune mi venisse chiesto di lasciare il mio incarico anticipatamente perché ritenuto inadeguato a ricoprirlo, ne trarrei immediatamente le conseguenze. Ciò che non posso neanche prendere in considerazione sono le richieste di dimissioni on line e le minacce da parte di chi dovrebbe presiedere alla mia sicurezza personale”, ha detto, sottolienando poi come le accuse di Di Maio siano campate in aria: “Affermare che le relazioni tecniche esprimono un giudizio politico, come ha fatto il ministro Di Maio”, significa “perdere sempre più contatto con la crosta terrestre, mettersi in orbite lontane dal nostro pianeta”.

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In serata è arrivata secca la risposta di palazzo Chigi e dello stesso vicepremier. “Boeri dice a me di aver perso il contatto con la realtà. La verità è che oggi si è seduto sui banchi dell’opposizione. Non è la prima volta, speriamo sia l’ultima”, ha scritto sul suo profilo Facebook Luigi di Maio. Pochi minuti prima fonti di palazzo Chigi avevano fatto sapere di considerare i toni di Boeri “inaccettabili e fuori luogo”, ancora più gravi perché arrivano da una figura che dovrebbe mantenere un profilo “squisitamente tecnico”.

La polemica sul decreto dignità va avanti da giorni dopo che l’Inps ha fornito alla ragioneria generale dello stato, al ministero dell’economia e a quello del lavoro le stime sul numero di posti di lavoro che potrebbero andare persi in conseguenza del decreto. Dopo il botta e risposta tra la Confindustria e il vicepremier Di Maio sull’impatto che avrà la stretta sui contratti a termine, alla Camera Boeri, che già era arrivato ai ferri corti con la maggioranza, ha difeso la Relazione tecnica al provvedimento e la stima di un impatto da 8mila disoccupati in più l’anno. Stime sulle quali gli stessi tecnici della Camerahanno chiesto “verifiche” e altri elementi “di carattere statistico e previsionale”. Intanto le opposizioni si preparano a presentare centinaia di emendamenti e già si mette in conto che il decreto, atteso nell’Aula di Montecitorio martedì 24 luglio, probabilmente non vi approderà prima di giovedì 26.

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LA RELAZIONE DI BOERI
Il presidente Inps ha spiegato la gestazione delle stime sugli effetti dei provvedimenti del governo. Ha ricostruito il carteggio tra il ministero del Lavoro e l’Istituto per arrivare a definire gli impatti. In particolare, ha detto che “il 2 luglio il ministero del Lavoro ha inviato la richiesta di stima della platea di lavoratori coinvolti” dai provvedimenti, “per stimare il minor gettito contributivo dai lavoratori a termine” da compensare con il maggior gettito derivante dal rincaro dei contributi dopo il primo rinnovo.
Questo snodo è fondamentale per Boeri perché già nella richiesta di fatto “si riconosceva che ci sarebbe stata una riduzione dei lavoratori del tempo determinato”. Per altro, il presidente Inps ha rimarcato che già la prima relazione tecnica inviata dall’Inps al ministero del Lavoro “in data 6 luglio 2018 alle ore 12.23”, ha “una lunghezza di sei pagine e contiene tabelle che offrono un’immediata rappresentazione delle stime, contiene già i numeri sugli effetti occupazionali negativi del provvedimento, come confermato dal Ministro Di Maio ieri in audizione”. Aggiungendo poi: “Bisogna almeno sfogliarla (la relazione tecnica, ndr) per carpirne i contenuti…”.
Spiegando la ragione della stima di maggiori disoccupati ha ricordato che con la riduzione della durata dei tempi determinati aumenta il turnover di questi lavoratori. Nella fase del ricambio, il datore di lavoro potrà stabilizzare il lavoratore, assumerne un altro a tempo o in somministrazione, oppure chiudere il rapporto. Il ragionamento di Boeri è che il datore di lavoro sarà disincentivato a stabilizzare visto che è stata aumentata l’indennità di licenziamento, e che sarà disincentivato anche a trovare un nuovo lavoratore a causa dei costi di ricerca ad essa collegati.
“Vi sono ampie ragioni, sia teoriche che empiriche, per ritenere che il provvedimento possa avere, almeno inizialmente un impatto negativo sull’occupazione”. Detto che le stime dell’Inps sono state condotte su base dei dati forniti dallo stesso dicastero del Lavoro, sulla quantificazione l’Istituto ha difeso l’indicazione di 8.000 posti di lavoro in meno, che anzi “possono apparire addirittura ottimistiche se si tiene conto che ai lavori in somministrazione vengono estese tutte le restrizioni stabilite dal decreto per i contratti a tempo determinato”.
La risposta dei grillini non si è fatta attendere. I portavoce del M5S in Commissione lavoro al termine dell’audizione hanno diramato una nota sottolineando che “le stime dell’Inps sui possibili inoccupati a causa del Dl dignità di cui sta parlando Boeri in questi giorni non tengono in nessuna considerazione il livello degli ordinativi delle imprese e il livello degli investimenti. Assomigliano quindi più a delle previsioni arbitrarie che non dicono nulla sulla domanda di lavoro che ci sarà tra dieci anni. Nella relazione tecnica si parla di 8mila posti di lavoro in meno – continuano – ma non esistono elementi che possano portare a una verifica parlamentare delle variabili utilizzate per elaborarla. Non sono altro che valutazioni di carattere politico, quindi”.
CONSULENTI DEL LAVORO
In apertura di commissione erano intervenuti i Consulenti del Lavoro. Gli esperti ritengono che il decreto “desti perplessità” per la “scarsa efficacia intrinseca nella dichiarata lotta alla precarietà”. Secondo la presidente, Marina Calderone, il ritorno delle causali dopo il primo contratto a termine “denota una rigidità specifica che va ben oltre le causali generiche ante 2015”, quando i contratti furono liberalizzati.
Inoltre “la scelta legislativa di non lasciare ambiti di determinazione alla contrattazione collettiva, al fine di inserire altre causali, rende molto rigida la norma che, in termini occupazionali, potrebbe rendere più difficile il ricorso a questa tipologia di contratto”. L’opinione degli addetti ai lavori è che sia meglio lavorare anche sulla durata, “riportando la durata massima del contratto a termine alla misura di trentasei mesi” dai ventiquattro previsti dal Dignità: “Ciò garantisce maggiori certezze in funzione della continuità della prestazione lavorativa”.
Critiche anche sull’ampliamento a centottanta giorni del limite entro il quale si possono impugnare i contratti: “Individuare un periodo più lungo ha come effetto certo l’aumento della latenza del contenzioso e l’allontanamento del momento della sua definizione. Non si ravvisano altrimenti giovamenti nell’ampliamento previsto dal decreto legge”, dicono i Consulenti. Che aggiungono una critica alla mancanza di una “fase transitoria” delle nuove norme, che anzi si applicano anche ai rinnovi di contratti in essere. Quanto alla estensione delle norme ai contratti di somministrazione, “appare del tutto eccessiva, finendo non tanto per perseguirne le applicazioni elusive, quanto per comprimerne del tutto qualsiasi applicazione”.
I CORRETTIVI
Per correggere gli effetti del decreto, il governo sta studiando una agevolazione per le assunzioni stabili nell’ordine di uno sconto contributivo dello 0,5%, per annullare l’aggravio previsto per i rinnovi dei contratti a termine. Barba Lezzi, ministra per il Sud, oggi ha aggiunto: “Stiamo valutando di allungare le agevolazioni per il Sud che ci sono già per quest’anno. Per noi è molto importante che ci siano sgravi contributivi, abbiamo fatto una lunga battaglia perché non venissero annullati quelli che c’erano prima. Stiamo lavorando per allargare quel piano”.
Critico invece il presidente Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Ungdcec), Daniele Virgillito, che lamenta la mancata convocazione nel ciclo di audizioni: “Ci vuole coraggio per fare, ma anche coraggio per ascoltare: i giovani non sono stati invitati al confronto”.

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