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Aldo Vincent lecamarille Aldo Vincent lecamarille

Aldo Vincent lecamarille

Il professore dei salotti chic che colleziona consulenze

L’addio di Re Giorgio non ferma l’ascesa del figlio, docente all’ateneo “rosso” di Roma Tre: da Telecom al Coni continua a fare incetta di nomine pesanti
È «il principe ereditario», e per discendenza diretta, nella Roma dei salotti e delle corti, si ereditano anche potere, status, relazioni. Poteva non essere brillante la carriera di Giulio Napolitano, figlio del più duraturo (nove anni) presidente della Repubblica italiano, già presidente della Camera e già ministro dell’Interno?

Il cognome, diciamo, può aiutare. Spesso, però, può essere ingombrante, un ostacolo per chi sceglie, come ha fatto Napolitano jr, strade diverse da quelle paterne, non la politica ma la giurisprudenza, l’accademia. Bisogna dire che, nonostante l’ingombro del cognome, Giulio Napolitano se l’è cavata benissimo. Anche se i soliti invidiosi mettono bocca pure su questo. Perché l’università dove Giulio Napolitano è ordinario di Diritto pubblico, l’ateneo Roma Tre, è anche nota come «l’università dei Ds», e perché lo storico rettore Guido Fabiani è cognato di Giorgio Napolitano, avendo sposato la sorella della moglie Clio. Dunque, lo zio di Giulio Napolitano, brillante docente dell’ateneo. Collega, tra l’altro, di sua cugina, Anna Fabiani, figlia del rettore (nel frattempo diventato assessore della giunta Pd della Regione Lazio). E allora? Se uno è bravo non va preso solo per il cognome che porta? «Ha fatto parte di varie commissioni di studio e di indagine presso ministeri ed enti pubblici» riassumono le biografie.
Incarichi importanti fin da subito, come quando nel 2003, poco più che trentenne, diventa consulente legale della giunta comunale di Roma, guidata da Walter Veltroni. In effetti non può distrarsi un attimo che lo nominano in qualche comitato, board , commissione. Nel 2007 Nomisma, società di consulenza bolognese fondata da Romano Prodi, deve scegliere il nuovo comitato scientifico, chi chiama a farne parte? Napolitano jr, ma anche Filippo Andreatta, cioè Andreatta jr, economista e vicepresidente della fondazione Arel, quella di Enrico Letta. E proprio la fondazione lettiana fu galeotta per l’amore sbocciato tra Napolitano jr e l’attuale ministra Marianna Madia (ora renziana, ma all’epoca lettiana). Diverse le foto che li ritraggono insieme nella tribuna vip dell’Olimpico, per seguire la amata Lazio, o sulla spiaggia di Capalbio, ritrovo della sinistra potentona romana. «Con lui cominciai una storia sentimentale quando suo padre Giorgio era ancora solo un ex e illustre dirigente del Pci. Poi… beh, sono stata a cena, sul Colle, una sola volta» racconta, un po’ infastidita della curiosità per una storia passata, la ministra Madia. Che, per coincidenza astrale, ha finito con l’avere come capo del legislativo al suo ministero il figlio del successore di Napolitano al Colle, Bernardo Mattarella, cioè Mattarella jr. Ed entrambi, Napolitano Jr e Mattarella, siedono nel Comitato direttivo dell’Irpa. Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione, insieme a Sabino Cassese, amico di Napolitano senior. E così, tra i referenti del Master in diritto amministrativo dell’Università Sapienza, diretto da Mattarella jr, tra i docenti c’è proprio Napolitano jr. Un piccolo mondo.
La vulgata è che Napolitano jr abbia l’influenza, nel nuovo assetto di poteri tutti di marca Pd, per promuovere anche carriere e nomine altrui. Sotto il governo Monti, chiamato dal padre Napolitano, arriva al governo l’amico e co-autore di numerosi volumi Andrea Zoppini, come sottosegretario alla Giustizia. A Lavoro, come viceministro, Michel Martone, anche lui habitué, come Giulio, di VeDrò, il think tank di Enrico Letta. Poi nelle nomine delle partecipate del Tesoro, di cui è consulente, per molte, lo studio Zoppini. Fino addirittura – più leggenda che realtà – alla chiamata (sempre quirinalizia) a Palazzo Chigi proprio di Enrico Letta, con cui Napolitano jr ha grande consuetudine avendo fatto il suo consigliere giuridico per anni. Realtà e non leggenda, invece, sono gli altri innumerevoli incarichi ricevuti da Napolitano jr. Specie nello sport, sua passione, ricambiata dalla passione dei vertici sportivi per la sua professionalità. Lo chiama il Coni, lo chiama la Federcalcio, lo chiamano a far parte della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, poi della Commissione per la riforma della disciplina delle società sportive, poi di quella per «Roma 2020».
Ma non solo sport, le consulenze gli spuntano da ogni dove. Nel 2009 viene nominato nel board di Telecom Italia, su indicazione dell’Agcom, l’autorità per le comunicazioni. Materia di cui si intende Napolitano jr, avendo scritto lui come consigliere giuridico, insieme a Zoppini (futuro sottosegretario di Monti), il disegno di legge di Enrico Letta sul riordino delle authority presentato due anni prima.
PS. E l’altro principe ereditario? Giovanni Napolitano è dirigente dell’Agcm, l’Authority della concorrenza, dove lavorano anche Anna Marra, figlia di Donato Marra segretario generale del Quirinale con Napolitano, e Giovanni Calabrò, figlio del presidente dell’Agcom.

Chi è

Giulio Napolitano, 45 anni, è il secondo figlio di Clio e Giorgio Napolitano (il primogenito, Giovanni, di anni ne ha 54 ed è funzionario dell’Agcm). È stato dottore di Ricerca alla Scuola Sant’Anna di Pisa e oggi è ordinario di Diritto pubblico all’Università Roma Tre. Parlamento, ministeri ed enti pubblici gli hanno affidato incarichi in molte commissioni di studio e di ricerca. Appassionato di calcio (e tifoso della Lazio) è stato sentimentalmente legato all’attuale ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia.

Figlio e nipote di Giorgio Napolitano: due vincitori (di concorsi) dai meriti fortemente contestati

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Il figlio e la nipote di Napolitano: due ‘ragazzi’ intelligenti proprio come lui…
Il Prof. Paolo Cioni, alle cui proposte per una radicale riforma del sistema sanitario sto dando spazio in una serie di articoli, parlando di Università, ci ha ricordato una vicenda che riguarda da vicino il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, naturalmente ignorata dai grandi quotidiani di regime, ad eccezione di Italia Oggi.
Prima di entrare nel vivo della vicenda, ricordo ai nostri lettori che Paolo Cioni è uno stimato neuropsichiatra, docente di Psicopatologia e autore di diversi trattati di Psicologia e Psichiatria, nonché del best seller Neuroschiavi (Ed. Macro, 2009, scritto insieme a Marco Della Luna).
Non è un mistero per nessuno, sostiene Cioni, che nell’università italiana concorsi, dottorati, cattedre vengano vinti quasi sempre dai soliti noti, parenti o protetti di altri soliti noti. La situazione sconfortante si evince semplicemente guardando i cognomi di chi lavora nelle varie facoltà. Esiste infatti in rete una vastissima documentazione che dimostra, nero su bianco e con prove inoppugnabili, in che misura vengano favoriti per le cattedre e per gli incarichi più prestigiosi figli, parenti, cugini e cognati di pezzi grossi della politica, di deputati, senatori ed altri rappresentanti delle istituzioni. Ma pochi sanno, perché i giornali raramente ne parlano, che un caso controverso riguarda proprio l’attuale Presidente della Repubblica.
Prendiamo ad esempio il caso di Roberto Tomei, un dirigente dell’ISTAT con una grande passione per il Diritto e la Giurisprudenza, con alle spalle numerose pubblicazioni in tali ambiti. Nel 2000 decise di partecipare ad un concorso pubblico per l’assegnazione di una cattedra universitaria di Diritto Amministrativo (come Professore associato), resasi vacante nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del Molise. Ovviamente non era l’unico candidato. Assieme a Tomei si presentarono infatti altre persone. Ma sentiamo quello che lo stesso Tomei ha dichiarato al quotidiano Italia Oggi«Non ce la feci perché, nonostante avessi scritto libri e pubblicazioni in materia, la commissione esaminatrice non li ritenne idonei ai fini del mio punteggio. Ritenne invece idonee per la cattedra altre tre persone prima di me: Andrea Rallo, che venne chiamato dalla stessa Università del Molise, e, a seguire, Marina D’Orsogna e Giulio Napolitano, che furono chiamati rispettivamente dall’Università di Teramo e dall’Università della Tuscia».
Fin qui niente di strano: una persona partecipa ad un concorso per vincere una cattedra universitaria, e la commissione esaminatrice non la ritiene idonea. Una normale situazione già più volte sentita connotata però da due dettagli non trascurabili.
Il primo è che Giulio Napolitano è figlio del più noto Giorgio, oggi Presidente della Repubblica. Così come, sempre Giulio Napolitano, attualmente lavora come consigliere per la Presidenza del Consiglio. Il secondo è che, come racconta Tomei all’epoca dei fatti, sempre a Italia Oggi«Con l’aiuto del mio legale, l’avvocato Giorgio Carta, ho presentato subito ricorso, prima davanti al TAR del Lazio e poi al Consiglio di Stato, contro il decreto del Rettore dell’Università del Molise che aveva approvato gli atti del concorso. E il CdS (Consiglio di Stato, ndr), con una sentenza che definirei storica, (…) mi ha dato ragione, affermando il principio secondo cui per pubblicazione debbono intendersi soltanto le pubblicazioni diffuse nell’ambito della comunità scientifica che il candidato può vantare all’atto della domanda».
E quando il giornalista di Italia Oggi, Roberto Altesi, chiese al Tomei se Giulio Napolitano avesse “i titoli in regola”, questi rispose: «No. E questo non lo dico io ma il Consiglio di Stato, che le cito testualmente: “la monografia del dott. Napolitano Servizi pubblici e rapporti di utenza risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo”. E i giudici aggiunsero: “Tale lavoro ha costituito elemento decisivo per la valutazione del candidato, in quanto ritenuto dalla commissione quello di maggior rilievo sul piano sia formale sia sostanziale, come si evince chiaramente dai giudizi formulati, onde la sua non ammissibilità impone, di necessità, la rinnovazione del giudizio di idoneità espresso nei suoi confronti”. Insomma, il Consiglio di stato, non io, ha imposto alla commissione esaminatrice di annullare la prova e di rifarla, rivalutando i titoli».
Al che il giornalista chiese a Tomei se ciò fosse stato fatto. E il dirigente dell’ISTAT rispose: «Macchè. La Commissione esaminatrice, stordita dall’inattesa decisione del Consiglio di Stato (soltanto pochi candidati fino a quel momento erano riusciti a vincere innanzi al Consiglio di Stato un ricorso inerente concorsi universitari) non ha saputo che pesci prendere, tanto da preferire di farsi decadere. Una nuova Commissione, costituita nell’Agosto 2005, è stata poi annullata più di un mese dopo. Solo dopo una diffida da parte mia, a Febbraio del 2006, la commissione è stata ricostituita terminando i propri lavori nel Giugno del 2006. Non essendosi presentata la candidata D’Orsogna, si trattava di attribuire due posti fra i rimanenti candidati, cioè Napolitano e me. Ma ancora una volta sono stato bocciato, ancorché mi dovessero essere valutati titoli non considerati dalla prima commissione. É risultato idoneo invece Giulio Napolitano, nonostante il suo lavoro principale, quello sul quale la prima commissione aveva fatto leva per promuoverlo, non potesse essere più oggetto di valutazione secondo la sentenza del Consiglio di Stato».
Allora il giornalista di Italia Oggi chiese al Tomei se nel frattempo Giulio Napolitano avesse pubblicato altri testi, questi sì, idonei. E Tomei rispose: «É noto che in tutti i concorsi i titoli che si presentano debbono essere posseduti alla data della domanda, e non è possibile alcuna sanatoria in corso d’opera. Quindi se anche avesse scritto qualcosa nel frattempo, non avrebbe potuto essere valutata in quel concorso».
A titolo di cronaca e per informazione ai nostri lettori, i virgolettati sono tratte da un articolo di Roberto Altesi apparso Martedì 20 Marzo 2007 a pagina 5 del quotidiano Italia Oggi. E le notizie contenute nell’articolo succitato, come ci ha rilevato Paolo Cioni, non sono mai state né contestate né smentite dal Professor Giulio Napolitano.
“C’è forse da attendersi qualcosa di meglio da un’università di Stato?” – si chiede Paolo Cioni, proseguendo con altri quesiti e altre considerazioni: “E  perché poi dev’essere lo Stato ad occuparsene? É uno dei tanti bei frutti della Rivoluzione francese? Almeno prima c’erano concorsi di libera docenza per diventare professore aperti a tutti quelli che avessero accumulato produzione scientifica e curriculum di carriera. É utile in questo contesto utilizzare il solito slogan secondo cui occorre spendere di più per la ricerca? Ci sarà sicuramente qualche ricercatore serio – prosegue Cioni – ma in un contesto cosiffatto il suo contributo non può essere dato per scontato. Io non darei una lira (sì una lira, non un eurocent) bucata per la ricerca in un contesto simile. E solo le Università beneficiano di un regime per cui le ditte che sono costrette a fare progetti di collaborazione con loro (senza potersi scegliere i consulenti che le Università stesse inviano) vengono detassate”.
Sempre in famiglia Napolitano Paolo Cioni ci ricorda poi anche il caso di Susanna Napolitano, nipote del Presidente della Repubblica. Già per due anni impiegata con contratto precario presso l’ufficio stampa della Regione Puglia, è stata promossa da Nichi Vendola a Capo Addetto Stampa del Presidente della Regione, con uno stipendio lordo di 91.000 Euro annui, come rilevò il sito Isegretidellacasta.blogspot.it il 19 Gennaio 2012. Non abbiamo avuto il piacere di conoscere la Signora Susanna Napolitano, ma sicuramente deve essere molto qualificata per rivestire questo incarico.
Nicola Bizzi
IL REGIME ILLIBERALE DEI FIGLI DI PAPA’
Renzi è incapace di riformare e il nostro Paese è e rimane in un regime illiberale che si sostanzia in un “credo” sinistrorso retorico unanime incarnatosi nella burocrazia totalmente insofferente alla competizione e alla possibilità di governare in base a una concezione diversa da quella di sinistra, movimento che sarebbe alla base della democrazia liberale che, da noi, non esiste. E, infatti, il Paese è fermo. Esemplificativi del corpo amministrativo burocratico sinistrorso che deve cambiare volente o nolente sono Giulio Napolitano e Bernardo Mattarella (nella foto), rispettivamente figli di Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, presidenti della Repubblica.
Giulio Napolitano, guarda caso, è in cattedra nell’università cosiddetta dei Ds Roma tre, da quando è nato in pratica anzi forse anche prima, dato che, guarda caso, il rettore è suo zio. Consulente della giunta comunale di Veltroni, guarda caso, messo da Nomisma, società di Romano Prodi, guarda caso, nel comitato scientifico insieme a un altro figlio, quello di Andreatta, Filippo, guarda caso, vice presidente della fondazione comunista Arel di Enrico Letta, guarda caso. Giulio Napolitano è stato anche fidanzatino mancato di Marianna Madia, attualmente, guarda caso, al ministero della pubblica amministrazione. Frequentatori della spiaggia costosissima (ma quando i soldi sono regalati, non si bada alle spese) di Capalbio, una spiaggetta niente di che, con mare inferiore a quello della limitrofa Ansedonia e inferiorissimo a quello di Porto Ercole, se non fosse che è il ritrovo della sinistra imbrogliona e ladrona sulla pelle dei cittadini italiani, che si presta lì ad essere turlupinata, mai uno scontrino fiscale, dai fratelli gestori della plage sinistrorsa. Marianna Madia intraprese la storia sentimentale quando il paparino Giorgio Napolitano già si occupava per il partito comunista italiano della ricezione dei soldi dall’Urss.
E chi è il capo dell’ufficio legislativo del ministero della Madia? Ca va sans dire, Bernardo Mattarella, cioè il figlio dell’attuale presidente della Repubblica, nominato da Renzi mai eletto, con Parlamento abusivo alle spalle, giudicato illegittimo dalla stessa Corte Costituzionale di cui Sergio Mattarella faceva parte fino a ieri. L’illegittimità è la guazza in cui si sguazza in Italia oggi, con Matteo Renzi presidente del consiglio non eletto, Sergio Mattarella presidente della repubblica in odor di mafia eletto da abusivi, e maggioranza truffa composta da traditori voltagabbana per tenersi la poltrona, e lo stipendio, il nostro. Tornando ai “nostri”, il figlio di Sergio Mattarella, Bernardo, e il figlio di Giorgio Napolitano, Giulio, siedono e si fanno compagnia nel comitato direttivo dell’Istituto ricerche della pubblica amministrazione, insieme al giudice costituzionale Sabino Cassese, scartato alla presidenza della Repubblica delle banane. Il master in diritto amministrativo? Lo fa Giulio Napolitano mentre Bernardo Mattarella lo dirige, e così via dicendo.
Durante lo sfacelo democratico voluto da Giorgio Napolitano con il suo primo governo non eletto di Mario Monti, quello attaccato a filo doppio alla poltrona regalata da senatore a vita (paghiamo sempre noi), è arrivato a fare da sottosegretario alla giustizia Andrea Zoppini. Piovutogli addosso di tutto e di più, il tapino si ritirò vergognosamente sperando non si scoprissero tutte quante le malefatte sul lavoro e non da avvocato, consulente, arbitro, eccetera, fatte in precedenza. Altro frequentatore del think tank di figli di papà incapaci di Enrico Letta “Vedrò”, è Michael Martone, quello che, miracolato nella carriera accademica e professionale in quanto figlio di papà pure lui, diceva ai ragazzi italiani di darsi una mossa, dimenticando che, barando, lui e i suoi amici avevano occupato tutto, senza merito e solo grazie al loro paparino. Merito? Responsabilità? Onestà? Mandare a casa i figli di papà, e ristabilire alcune regole fondamentali della concorrenza? Mai.
Le “carriere” di Giulio, Bernardo, Andrea e Michael dimostrano quanto in Italia si sia lontani ani luce dal mercato. Questi invece si sollazzano e profittano di parentela e “giro”. Chi è consulente delle partecipate del Tesoro? Andrea Zoppini. Chi è stato chiamato da Giorgio Napolitano a fare il presidente del consiglio del governo non eletto, dopo Monti e prima di Renzi (tutti non eletti)? Enrico Letta il quale tra l’altro ha fatto una figura così meschina poveretto, “perdendo” addirittura il governo rubatogli dall’ imbroglione ancor più viscido e ruspante, Renzi. Mentre pagavamo tutti noi, come succede tuttora, Enrico Letta ha dispensato cariche e onori a Giulio Napolitano, facendolo essere sempre consigliere giuridico fisso, e poi al Coni, alla Federcalcio, alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, alla commissione per la riforma della disciplina delle società sportive, a Roma 2020, e chi più ne ha più ne metta.
Tutti incarichi “truccati” e dati tra amichetti di papà ai figlioletti preferiti, perché gli altri, ove vogliano provare, neanche li vedono. Provare per credere. Poi Giulio, Renzuccio bello vigente, è nel board di Telecom Italia su indicazione dell’Agcom l’autorità per le comunicazioni in cui è “pargheggiato” quatto quatto, pure da dirigente, il fratello di Giulio, Giovanni Napolitano, insieme ad altra figliola d’arte Anna di Donato Marra segretario al Quirinale di Napolitano, e Giovanni Calabrò, figlio del presidente stesso dell’autorità della concorrenza. Paghiamo ovviamente tutto sempre noi. Ma di quale “concorrenza” di preciso si tratta all’Agcom? Quale, nel nostro Paese? E veniamo a Bernardo Mattarella, figliolo quarantasettenne del siciliano attuale presidente Mattarella.
Subito in cattedra pure lui all’università di Siena che muore di debiti perché male amministrata e male gestita, ha tante pubblicazioni. Si deve sapere tuttavia che non si riesce a pubblicare se non sei figlio di, dunque ecco che già il mare di pubblicazioni dimostra quanto sia figlio di papà Mattarella, prima alla Corte Costituzionale, adesso nientedimeno che alla presidenza. Si prevedono dunque un sacco di altre pubblicazioni. Vicino a Marcello Clarich cioè al presidente della Fondazione Monte dei Paschi (oddio), con la Madia al ministero della pubblica amministrazione a duecentomila euro, si è messo in aspettativa dall’università, così poi ci ritorna, e non perde lo stipendio della malmessa università.
E’ stato incaricato di studiare la pubblica amministrazione italiana a nostre spese da Sabino Cassese il quale scrive ottimi libri sulla riforma dello Stato che contribuisce a sviare, poi ha con Pietro Ichino inteso appesantire le nostre tasche con l’inutile ulteriore authority della valutazione dei dipendenti pubblici, lavoro concessogli da Prodi. Come una specie di tangente che si paga per esistere, Brunetta gli avrà dovuto elemosinare di uno studio sulla class action che si sarebbe potuto risparmiare, potendone disporre entrando in una qualsiasi biblioteca. E’ poi approdato alla Scuola superiore della pubblica amministrazione, ricettacolo di trombati riforniti di obolo assistenziale a nostre spese.
Fa parte di Astrid di Franco Bassanini, il presidente cioè della ricchissima nostra Cassa depositi e prestiti amministrata totalmente gestita dalla sinistra che bara al potere, e di cui fanno parte Tiziano Treu, Valerio Onida, Francesco Merloni, Giovanni Maria Flick, Giulio Napolitano (dove non è), De Vincenti, Marcello Clarich medesimo. Tutti quelli di Astrid, compreso Bernardo Mattarella, in compagnia di molti giudici della Corte Costituzionale ed ex presidenti della stessa tipo Casavola, Elia, Zagrebelsky e Onida hanno firmato l’appello contro la riforma proposta dal governo Berlusconi. Come li riformiamo noi tutti questi? Come si riforma l’esercito di italiani, raccomandati e pagati a gratis? Immettendo tutto e tutti nel mercato vero. L’Università? Si privatizza. Lo Stato? Si assottiglia, sino al minimo. Sino a fare stare e a fare “esistere” tutto autonomamente economicamente. Ci vuole un governo eletto democraticamente, e liberale, che intriso e forte di vera cultura liberale proceda a riformare nella dovuta direzione.

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