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DYNASTY DE LUCA

La Dynasty De Luca: un figlio assessore, l’altro sarà onorevole

Roberto, 32 anni, gestirà i fondi erogati dalla Regione. Piero, 36, studia da parlamentare

dal nostro inviato CONCHITA SANNINO

Lo avevano detto, gli eredi. «Il Progetto Salerno continua». Anzi, «il meglio deve ancora arrivare», promettevano Roberto e Piero De Luca, 32 e 36 anni, uno commercialista, l’altro avvocato, figli del potente Vincenzo, il governatore della Campania che è stato per oltre vent’anni sindaco-sceriffo della città costiera. E “il meglio” comincerà ad entrare, a breve, dalla porta principale del Comune. Di padre in figlio. Da De Luca senior ai De Luca brothers.
Per uno, Roberto, si spalanca il posto più pesante in giunta, a Salerno. Dopo il trionfo nelle urne di Vincenzo Napoli — fedelissimo di papà, già reggente a Palazzo di città e consacrato sindaco il 5 giugno con il 71 per cento dei consensi — al secondogenito è riservata la poltrona di super assessore, deleghe al Bilancio e allo Sviluppo. Una scelta che si poteva già leggere nella gestione della campagna e nel video spot conclusivo del candidato sindaco: su un minuto e mezzo di collage, il governatore-padre e i due figli figurano in tutto 12 volte. Non compare Renzi, che pure a Salerno era andato a visitare la stazione Marittima di Zaha Hadid, né ministri, né parlamentari del Pd. Lo scrittore Roberto Saviano aveva attaccato citando Caligola: «Come lui nominò senatore il proprio cavallo, De Luca fa nominare assessore suo figlio».

La famiglia De Luca per 12 volte accanto al sindaco neo-eletto

Ma il governatore stavolta non raccoglie: forse perché sul secondogenito si puntava già come candidato sindaco e questa nomina sembra poco più che un atto dovuto. Per l’altro figlio, Piero, membro dell’assemblea nazionale Pd, avvocato con il pallino dei viaggi in Lussemburgo e l’incarico di referendario presso la Corte di giustizia europea, sarebbe già “prenotato” un posto in lista alle politiche 2018. Magari nella certezza che Piero, per quella data, si sia liberato dall’inchiesta che lo vede indagato per bancarotta fraudolenta con l’ex amico Mario Del Mese, della società Ifil, famosa scatola vuota su cui gravava il sospetto di essere stata “collettore di tangenti”, e che aveva ingoiato poco meno di un milione di euro, sempre in relazione al sistema appalti. Soldi di cui, poi, si sono perse le tracce.

Salerno, così il neo-assessore De Luca jr loda le scelte di suo padre (senza citarlo)

D’altro canto, nessuno a Roma, nel giglio magico, nega l’ipotesi che per Piero si accarezzi un ruolo da deputato. Specie ora che diventerà coordinatore scientifico di un comitato per il sì al referendum sull’asse Salerno- Napoli-Roma, d’intesa con il renziano Francesco Nicodemo. Anzi. «Piero è in gamba — spiega un parlamentare vicino a Renzi — potrebbe fare il deputato. Se vale, perché no?». Ecco: se son figli, fioriranno.
Sembra la regola numero uno di Salerno, feudo politico dove la “ditta” coincide perfettamente con la famiglia — di sangue o di fedeltà; dove il Pd che sia veltroniano, bersaniano o renziano è al traino di De Luca senior che li premia ai congressi con quote che stanno tra l’80 e il 95 per cento; dove in tutte le partecipate crescono gli adepti. E dove il Pd vince in Comune senza osare esporre il simbolo. Un regno dove non si muove voto, o tessera, che il governatore, già Vincenzo o’ manganello, non voglia. Figurarsi ora che, con la disfatta dei democrat a Napoli e i regolamenti di conti in corso, resta l’unico leader.
Chi dovrebbe fermare i De Luca? La cooptazione di Roberto è stato il primo annuncio del neo sindaco: che proprio oggi sarà proclamato primo cittadino. «Un regalo sull’altare del sovrano. Il rampollo premiato in funzione del re», protestano le opposizioni, da Forza Italia a Sinistra Italiana. «Io non ci vedo proprio nulla di male. Un cognome importante non può essere una condanna — replica pacatamente Napoli — Intendo aprire alle nuove generazioni. Su 8 assessori, solo 3 sono i confermati, gli altri sono alla nuova esperienza o giovani». Oltretutto, aggiunge, «Roberto è da tempo capo del Dipartimento economia del Pd salernitano, fa il commercialista».
Basta intendersi di bilanci per governare il tondo miliardo di euro che papà-governatore ha destinato a Salerno? «Non cominciamo ora con la faccenda del presunto campanilismo di De Luca. Se a noi sono destinati fondi per un miliardo, a Napoli ne toccano 4. De Luca guarda davvero ai territori a 360 gradi». Sorridente e impermeabile, il sindaco respinge anche l’idea che lui sia il clone del sindaco-governatore. «Dicono che sono schiacciato su di lui, ma ho la mia identità, la mia autonomia ». Quindi, dottor Napoli, ci sarà una cosa, una soltanto, che non le piace di De Luca? Lui ci pensa. «No, in effetti non c’è. Andiamo d’amore e d’accordo».
A poco sono serviti anche i mal di pancia del residuo Pd che non si riconosce nella dinastia, o l’amarezza di candidati consiglieri che, a differenza di Roberto e Piero, si caricavano il lavoro oscuro e sono rimasti a mani vuote. Né a turbare la successione sono riuscite le cronache sull’imbarazzante sequenza di errori e di verbali mal redatti dai presidenti di seggio, che hanno rallentato oltre i limiti le operazioni di scrutinio. «Fesserie», direbbe De Luca- padre. Anzi, «polemiche di sfessati», canzonerebbe il De Luca di Crozza. Il neo sindaco rivendica invece il modello Salerno che fa il pieno di consensi: «Siamo terzi in Italia per numero di asili nido. Abbiamo la differenziata al 65 per cento e arriveremo al 75. Abbiamo ribaltato la prospettiva della città, che è ormai diventata un attrattore turistico in crescita da anni, abbiamo cantieri e progetti che vedono la luce». Non basta. Roberto, che respinge con garbo le richieste di interviste, scrive lunghi post. In cui promette: «Tocca a noi rilanciare ». Il meglio, a Salerno, sta per arrivare. E porta il nome di papà.

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