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Filippo Manelli: in questi giorni ci sentiamo un po' tutti marziani in attesa che la statistica e la primavera ci riportino sulla Terra.

Resto a casa e non mi sono mai sentito meno marziano. Il perché è ovvio: in questi giorni ci sentiamo un po’ tutti marziani in attesa che la statistica e la primavera ci riportino sulla Terra. In che strana situazione siamo. Guariremo e ricominceremo, perbacco. Ma ci tocca aspettare la fine dell’emergenza pieni di così tante preoccupazioni per il futuro. No, la prova non è delle più semplici. Un antidoto all’ansia globale è mettersi a guardare le cose piccolissime, laddove succedono. Per esempio nei supermercati.

Dal distanziamento sta scaturendo una prossemica tutta nuova, quasi una forma di galateo. Una delle regole non dette che si fa strada è accennare a un sorriso con un cenno del capo quando l’altrui presenza ci obbliga ad improvvisi allontanamenti difensivi. Come dire: “Cambio strada non perché non mi piaci, ma perché cosi ci tocca fare per un po’”. Succede anche che ci si guardi un istante negli occhi per coordinare i rispettivi movimenti, riassumendo così la frase “io vorrei pure avvicinarmi, ma forse potrò farlo solo quando tutta questa faccenda sarà sotto controllo”. Sembrano ovvietà, invece non lo sono per niente. Più il lockdown dura e meno quello che ci sembra scontato oggi lo sarà domani. Costruire linguaggi comuni adesso ci mette al riparo contro le divisioni future. E noi li dobbiamo inventare anche a partire da cose che nella normalità sono spesso imbecilli, come il galateo, e invece in questa situazione diventano argini sociali. Mentre lo facciamo, dobbiamo anche imparare a disubbidire. Sempre davanti ai supermercati. Non rispettare la distanza di un metro per dare un euro a un clochard non potrà mai diventare un reato. Non c’è virus che tenga.
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