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Precari, azzardo e addio allo spesometro Decreto dignità, il governo prepara il varo

Gli staff del ministro dell’Economia e di quello dello Sviluppo e Lavoro hanno fatto trapelare ieri sera che i due dicasteri, guidati rispettivamente da Giovanni Tria e Luigi Di Maio, starebbero collaborando per portare presto in consiglio dei ministri, magari già lunedì o martedì, come vorrebbe il capo dei 5 Stelle, quello che lo stesso Di Maio ha battezzato «decreto dignità». Provvedimento che, nelle intenzioni del vicepremier, ha tre obiettivi: ridurre la precarietà del lavoro; dare una forte stretta al gioco d’azzardo; semplificare il fisco per le imprese, superando redditometro, spesometro e split payment, strumenti messi in campo in questi anni per contrastare l’evasione Iva ma giudicati da Di Maio vessatori, per gli adempimenti e i costi che gravano sulle aziende.

Il problema delle coperture finanziarie è il principale da superare, ma non il solo. Le principali associazioni imprenditoriali (ieri si è aggiunta la Confapi) hanno manifestato una forte contrarietà alle norme che reintrodurrebbero vincoli sui contratti a termine e imporrebbero forti sanzioni a chi delocalizza. Quanto alle coperture, Tria, che pochi giorni fa aveva detto che per quest’anno erano possibili solo provvedimenti a costo zero, vuole limitare al massimo il costo dei provvedimenti. Che per la parte fiscale, sulla carta, sarebbe molto alto. Basti dire che lo split payment, il meccanismo attraverso il quale lo Stato trattiene a monte l’Iva sui fornitori, ha garantito un maggior gettito di 3,5 miliardi nei primi due anni (2015-16) ai quali si sommano altri 2,5 miliardi con l’ampliamento della sua applicazione deciso con la manovrina dell’anno scorso (1 miliardo nel 2017 e 1,5 miliardi quest’anno). Per questo si sta studiando una disapplicazione dello split payment limitata alla sola categoria dei professionisti, che richiederebbe una copertura di appena 35 milioni. Quanto allo spesometro (comunicazione telematica di corrispettivi e fatture), che dovrebbe restare in vigore fino alla fine dell’anno per essere sostituito nel 2019 dalla fatturazione elettronica, vale un maggior gettito stimato in 2,6 miliardi nel 2018. Per questo Di Maio dovrà probabilmente rinunciare all’idea di abolirlo. Si parla ora di un rinvio dell’ultima scadenza (il prossimo settembre) al 31 dicembre o a febbraio 2019.

Il rompicapo di questi giorni sulle coperture del «decreto dignità» è solo un anticipo di quello ben più impegnativo che Tria dovrà affrontare con la prossima legge di Bilancio. Giusto ieri la Banca centrale europea ha lanciato l’allarme sul rischio che l’Italia faccia marcia indietro sulla riforma Fornero in un quadro dove la spesa pensionistica sul Pil è comunque prevista in aumento. Con picchi che variano dal 16,2% al 20,5% del Pil nel 2040 secondo le previsioni (più ottimista il Tesoro,più pessimista il Fondo monetario internazionale). Anche le ipotesi più leggere di correzione della Fornero («quota 100») costerebbero 5 miliardi nel 2019. Poi c’è il reddito di cittadinanza, che Di Maio vuole «subito» e per il quale servirebbero già due miliardi il prossimo anno. Il tutto mentre Tria dovrà trovare 12,5 miliardi per impedire gli aumenti dell’Iva (clausole di salvaguardia), in un quadro di rallentamento del Pil che potrebbe spingere la commissione Ue a chiedere manovre aggiuntive già quest’anno (fino a 6 miliardi, dice Confindustria) e comunque a non concedere coperture della manovra 2019 fatte con l’aumento del deficit. Manovre senza coperture «non sono serie», ha commentato ieri l’ex premier Paolo Gentiloni in tv a Otto e mezzo.

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