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Palermo, tre commercianti ammettono: "Pagavamo il pizzo"

Si apre una breccia nel muro del silenzio intorno al racket. Ascoltati dai carabinieri dopo il blitz antimafia, altri tre negozianti continuano a negare tutto: rischiano l’incriminazione per favoreggiamento

Si apre una breccia nel muro del silenzio nei quartieri palermitani San Lorenzo e Resuttana, dove la raccolta del pizzo — come emerge dall’ultima inchiesta antimafia di procura e carabinieri — era un affare che andava a gonfie vele, forte dell’acquiescenza delle vittime. A due giorni dal blitz che ha mandato in carcere capimafia ed esattori, tre dei sei commercianti convocati dai carabinieri hanno ammesso di avere pagato. Hanno confessato di non avere avuto la forza di dire: “No”. Uno di loro è stato accompagnato da esponenti di Addiopizzo. “La vittima ha confermato ciò che aveva subito, raccontando anche altri episodi estorsivi”, spiega Daniele Marannano, dirigente dell’associazione antiracket. E aggiunge: “Siamo in contatto con altre vittime per convincerle a cogliere l’opportunità offerta da investigatori e magistrati”. Una nota di ottimismo dopo lo sconfortante silenzio rilevato da due anni di indagini. I tre commercianti che invece hanno negato di avere pagato o di essere stati avvicinati dagli estorsori del mandamento rischiano l’iscrizione sul registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento. Nell’inchiesta Talea dei carabinieri non è emersa nessuna denuncia da parte degli imprenditori della zona. Nessuno ha segnalato nemmeno le intimidazioni che hanno preceduto le richieste di pizzo. Uno scenario che ha fatto emergere una rassegnazione alla prepotenza di Cosa nostra.
Dalle istituzioni è arrivata la condanna all’omertà che persiste. “Non ci sono più alibi per chi non denuncia”, ha detto a Repubblica il prefetto Antonella De Miro. Adesso la speranza è che i commercianti, dopo i silenzi lunghi anni, si convincano a parlare. Proprio dalle colonne di Repubblica altri commercianti che hanno deciso di denunciare negli anni passati hanno lanciato l’appello a chi ancora resiste. “Denunciate. È adesso il momento per cambiare», ha detto un tabaccaio che al Borgo Vecchio ha consentito l’arresto del suo estorsore. Nei giorni scorsi il colonnello Antonio Di Stasio aveva sottolineato: “Considero l’arresto di una persona un insuccesso perché è il risultato del fallimento sociale laddove registri l’inerzia di un numero rilevante di attori istituzionali”». ha portato agli arresti di 25 persone. A capo del mandamento c’era Mariangela Di Trapani, la moglie del boss Salvino Madonia, il killer dell’imprenditore Libero Grassi. La chiamavano “la padrona”. Due anni fa, a settembre, era stata scarcerata e si era messa subito al lavoro per ricostruire il mandamento. Ieri ci sono stati gli interrogatori di garanzia di alcuni degli arrestati. C’è chi ha dichiarato di “essere innocente”.

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