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Uomini che odiano le donne, la Regione Piemonte prova a rieducarli

Quasi trecento i condannati per violenze che seguono i corsi di otto associazioni


Lo dicono le donne, che gli uomini violenti non cambiano con il carcere. E lo dicono anche gli uomini violenti, che per cambiare ci vogliono cure. In tutto il Piemonte sono già 280 i maschi seguiti con programmi di rieducazione: 60 detenuti per reati sessuali a Torino, 45 nel carcere di Vercelli, 15 a Biella, che si aggiungono a 162 uomini non detenuti presi in carico da otto associazioni. Per potenziare questo modello l’assessora regionale ai Diritti civili, Monica Cerutti, ha annunciato la firma di un protocollo che rafforzerà l’azione degli operatori, dei centri antiviolenza e delle istituzioni carcerarie.
Due anni fa era stata proprio l’assembea di Palazzo Lascaris ad approvare una legge regionale pensata per prevenire e contrastare la violenza di genere, puntando a creare una rete territoriale di aiuto agli uomini, proprio come avviene con i centri antiviolenza per le donne.
“L’obiettivo è di rendere questi uomini non più un pericolo per le donne che hanno maltrattato”, spiega Cerutti. Proprio la paura che le denunce inaspriscano il conflitto è il motivo per cui tante vittime di abusi e maltrattamenti non cercano la protezione delle forze dell’ordine. E anche se denunciano, sono piene le cronache di femminicidi commessi anche quando il problema era noto.
“Quando escono dal carcere spesso questi uomini vanno a cercare di nuovo le proprie vittime — afferma l’assessora — E quando sono a piede libero diventano stalker, minacciano e si accaniscono, nei modi più violenti, contro le compagne che li hanno lasciati. Noi vogliamo cercare di impedire che continuino su questa strada”.

Ecco perché si cercano altre vie d’uscita. Nel Verbano Cusio Ossola, per esempio, per la prima volta è stato sperimentato l’allontanamento da casa di un compagno violento, a cui grazie a una parrocchia è stato dato un posto letto temporaneo.
Solitamente, invece, sono mogli e figli a lasciare l’abitazione per essere messi al sicuro: ma questo è un salto nel vuoto che molte donne non hanno il coraggio di fare. “Ci piacerebbe estendere l’esperienza di Verbania a tutto il Piemonte — afferma l’assessora — Ma il problema principale è la difficoltà a reperire le risorse”.
Dopo i primi approcci terapeutici sperimentali iniziati qualche mese fa, quando la Regione aveva creato una task force per rieducare gli autori di violenza, ora si analizzano i primi risultati per capire quali siano le strategie di intervento più efficaci.

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