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Un tour nella villa immersa nel verde di Maluma

Maluma ama circondarsi di verde, di bellezza e di arte. La sua casa tra le colline di Medellin, in Colombia, è un rifugio-santuario, dove il cantautore ha trascorso i mesi di isolamento a causa della pandemia. Un periodo che ha usato per “godere di tutte le cose costruite e raccolte nel corso degli anni” e che tra una tournée e l’altra non ha avuto modo di apprezzare completamente.

La famiglia rappresenta una componente fondamentale nella sua vita: lo prova una inaspettata collezione di tazze con i volti di sua mamma e suo papà, (che preferisce al servizio Versace), e un’area del salotto  dedicata ai momenti da trascorrere insieme, composta da un tappeto, una pila di cuscini e un tavolino per giocare a carte. Lo spazio abitativo principale è caratterizzato da alti soffitti e pareti di vetro, con una vista a 360° sulla natura lussureggiante all’esterno. L’arredo è simil  scandinavo, caratterizzato da toni neutri e linee pulite, arricchite da sculture e strumenti musicali, come il pianoforte bianco che campeggia in salotto, davanti alle gigantesche vetrate. All’esterno, una piscina, una Jacuzzi e tutto il necessario per il barbecue rivelano la sua passione per i momenti di relax e per le feste con gli amici. Al piano inferiore, Maluma ha raccolto tutto quello che gli serve per trascorrere i mesi di lockdown: una palestra con tanto di monitor attraverso il quale il personal trainer può allenarlo a distanza, un tavolo da ping pong, di cui è un grande appassionato, e un piccolo cinema personale per le serate Netflix.

La musica e l’arte sono ovunque, così come tutto ciò che lo possa ispirare. La terrazza affacciata sulle colline di Medellin, una sorta di giungla a pochi passi da casa, è il posto dove si concentra maggiormente e dove può dedicarsi alla composizione. È da qui che, quasi ogni mattina, vede i propri fan appostati lungo la strada per salutarlo e riprodurre le sue canzoni a tutto volume: “un bel modo di svegliarsi”, secondo Maluma.

Articolo originale pubblicato su Architectural Digest

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