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Svolta del Viminale: stop agli sgomberi se non ci sono le case

(ansa)
ROMA – Nell’affannosa ricerca di un equilibrio politicamente accettabile tra il rispetto della legalità dei luoghi e la tutela di chi non ha un tetto sulla testa, il Viminale, dopo la guerriglia di giovedì in piazza Indipendenza, fissa quello che sembra essere un punto di non ritorno. Mai più sgomberi così. Mai più rifugiati buttati fuori da palazzi occupati abusivamente se prima non è stata garantita loro una sistemazione alternativa.
Due giorni dopo il getto degli idranti puntato in faccia ai migranti, gli scontri davanti alla sede del Consiglio superiore della magistratura, le immagini delle bombole a gas scaraventate in strada, il funzionario di polizia che ordina di spaccare delle braccia, una fonte qualificata del ministero dell’Interno parla così a Repubblica. “La prossima settimana scriveremo nuove linee guida per effettuare gli sgomberi ordinati dai giudici, e le invieremo a tutti i prefetti d’Italia. Tra le disposizioni ci sarà sicuramente quella di non autorizzarli se prima non è stata concordata una sistemazione dove alloggiare chi ne ha diritto. È una regola di buon senso, e non sarà l’unica “.
La decisione è stata anticipata nel pomeriggio di ieri dal senatore del Pd e presidente della commissione Diritti umani Luigi Manconi, durante una trasmissione televisiva: “Non posso virgolettarlo, perché non sono stato autorizzato a farlo, ma posso dire che il ministro dell’Interno Minniti non autorizzerà altri sgomberi a Roma senza che vi siano pronte soluzioni abitative”.
Ora, tecnicamente, non spetta al ministro autorizzare o meno l’intervento in un immobile occupato per riconsegnarlo al legittimo proprietario: è un decreto prefettizio a disporlo, dopo aver acquisito il parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Però di prassi il Viminale viene sempre informato preventivamente. E può fare pressioni per una deroga dei termini o per dilazionare la procedure quando a richiederlo siano ragioni di sicurezza sociale.
Quel che è accaduto nel pieno centro di Roma, cioè l’allontanamento di circa duecento rifugiati eritrei ed etiopi da un palazzo di via Curtatone occupato quattro anni fa e i tafferugli che ne sono seguiti per cacciarli dai giardini dove si erano accampati, non sembra essere figlio del decreto Minniti-Orlando sul decoro urbano, varato nel febbraio scorso e convertito in legge in aprile.
L’articolo 11 (“Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili”) tratta sì del tema, ma richiamando una procedura già regolata da un’altra norma precedente. La novità sta piuttosto nell’inserimento esplicito di principi quali “la tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale” e livelli assistenziali “che devono essere in ogni caso garantiti dalle Regioni e dagli enti locali”. Esattamente quei principi fatti a pezzi due giorni fa. E che adesso provocano lo scaricabarile tra la sindaca Raggi e il governatore del Lazio Zingaretti.
“Il decreto non c’entra niente, non c’è una stretta del Viminale sugli sgomberi né un calendario sui prossimi interventi”, chiarisce la fonte ministeriale. Nessun piano preventivo, quindi. “Dobbiamo ancora emanare la direttiva per specificare e attuare i principi di quell’articolo”.
È un fatto, però, che il decreto faccia pendere l’ago della responsabilità della gestione dell’assistenza verso i municipi. Non foss’altro per quel comma alla fine dell’articolo 11 in cui si afferma che “il sindaco, in presenza di persone meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a quanto previsto a tutela delle condizioni igienico-sanitarie”.
Anche il capo della Polizia Franco Gabrielli, in un’intervista concessa a questo giornale, ha voluto ricordare la latitanza dell’attuale amministrazione Raggi nel dar seguito e concretezza alla “road map” sulle soluzioni alle occupazioni abusive della città, inaugurata proprio da Gabrielli quando era prefetto di Roma insieme all’allora commissario straordinario Tronca.
Nelle settimane che hanno preceduto lo sgombero di via Curtatone, si sono tenuti almeno una decina di comitati in prefettura, e gli stessi proprietari dell’immobile si erano offerti di spostare una cinquantina di migranti in alcune case a Tivoli. Di fronte al loro rifiuto,
nessuno è stato più in grado di trovare un modo valido per evitare che fossero lasciati senza un posto dove andare per quattro giorni. Al Viminale non hanno dubbi su chi avesse il compito di sbrogliare la atassa. “L’assistenza sociale è a carico al Comun

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