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Spaghetti del “saponaro” di Eduardo De Filippo, semplici e pronti in pochi minuti: “Ecco quanti grammi ci di olio di vogliono”

Spaghetti del “saponaro” di Eduardo De Filippo, semplici e pronti in pochi minuti: “Ecco quanti grammi ci di olio di vogliono”.I saponari erano piccoli affaristi che andavano in giro per le case, portandosi dietro una certa quantità di sapone da dare in cambio della roba vecchia di cui le massaie volevano disfarsi. A volte riuscivano ad ottenere oggetti graziosi e commerciabili.

Eduardo chiamava affettuosamente “saponaro” il suo amico Navarra, uomo di talento che in seguito divenne antiquario di successo e mise negozio in Piazza dei Martiri, nel centro di Napoli. lntelligente e spiritoso, era simpatico a tutti; Eduardo lo frequentava regolarmente e spesso restava a mangiare con lui, in bottega, dove Navarra gli cucinava questo piatto sfizioso.

Ingredienti degli Spaghetti del “saponaro” di Eduardo De Filippo

  • 500 grammi di spaghetti
  • 100 grammi di capperi dissalati
  • 300 grammi di olive di Gaeta snocciolate
  • 100 grammi di olio
  • 4 o 5 cucchiai di pangrattato

Mettete a bollire l’acqua per la pasta e intanto saltate in padella l’aglio nell’olio, poi aggiungete capperi e olive e togliete l’aglio. Scolate gli spaghetti al dente, versateli nella padella dove li lascerete insaporire a fuoco forte, mescolando, per qualche minuto. Questo serve non soltanto a dar loro un buon gusto, ma anche a fermare la cottura degli spaghetti, mantenendoli belli sodi. Togliete dal fuoco la padella, mescolate alla pasta due o tre cucchiai di pangrattato, poi versate il composto in una pirofila, cospargete la superficie con altro pangrattato, fateci colare sopra un filo di olio e mettete in forno assai caldo per una mezz’oretta. Gli spaghetti in superficie dovranno essere croccanti, quelli all’interno morbidi. Dovrebbero servire 5 o 6 persone.

Storia

Questi spaghetti alla “saponara” mi ricordano un giorno d’aprile del 1980 quando vennero a pranzare con noi a Roma Carlo Molfese con sua moglie Luisa e Dario Fo, che si trovava a recitare in città. Passammo ore straordinarie: vedere, ascoltare Eduardo e Dario insieme é stato sempre un piacere unico, e quel giorno lo fu in modo particolare, anche perché Dario regalò a Eduardo un bellissimo ritratto che gli aveva fatto e che suscitò, e ancor oggi suscita, l’ammirazione di tutti. Lo aveva raffigurato con le braccia e le mani atteggiate nella posizione che gli attori dell’antica Grecia assumevano per significare che lo spettacolo stava per iniziare. Il viso magro e scavato aveva un’espressione pensosa, piena di mistero

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tratto dal libro “Se cucin comm vogl Io” di Eduardo De Filippo

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