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Sostenibilità della filiera del latte italiano: in provincia di Cremona nasce uno dei primi impianti di biometano agricolo

“Siamo consapevoli che il settore agroalimentare, come ogni attività antropica, ha un impatto sul Pianeta e, quindi, siamo convinti che utilizzando tecnologie nuove possiamo migliorare la nostra presenza e ridurre gli effetti negativi che produciamo.” Con queste parole Isaia Puddu, direttore generale della Cooperativa Granlatte che controlla Granarolo SPA, introduce uno dei progetti di economia circolare del Gruppo: l’avvio della realizzazione di impianti di biometano legati agli allevamenti nel Centro Nord Italia con lo scopo di ridurre le emissioni di CO2 e non soltanto. Il primo impianto è stato inaugurato il 1 dicembre scorso  a Cingia de’ Botti, in provincia di Cremona, e abbiamo chiesto a Puddu di raccontarci il progetto.

La ricerca della sostenibilità nella filiera lattiero-casearia

La filiera lattiero-casearia è spesso oggetto di discussione pubblica. Che sia per via della nomenclatura delle bevande vegetali che, oggi, nell’Unione Europea non possono essere chiamate “latte”, oppure per l’impatto ambientale di un comparto che, secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura e del Made in Italy, rappresenta da solo più del 12% del fatturato dell’intero settore food e supera i 14,5 miliardi di euro. Allo stesso tempo, il mondo agricolo è responsabile di circa il 10% delle emissioni di gas serra su scala globale e, di questa percentuale, il 40% è costituito dalle emissioni da fermentazione enterica degli animali: non solo quelli allevati per il consumo diretto, ma anche quelli per produrre latte e prodotti caseari. 

Africa Studio/shutterstock.com

Proprio in virtù della sua rilevanza, la filiera è spesso anche campo di innovazione e sperimentazione che si declinano in varie forme. Università e centri di ricerca stanno analizzando e osservando, come nel caso del programma Smart Dairy dell’Università di Ferrara, quali sono i margini per ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi. In altri casi le aziende si concentrano già oggi sul benessere animale, come nell’esperienza dell’allevatore Davide Magni, nel mantovano, che ha realizzato una stalla altamente innovativa con il supporto di robot per produrre in maniera più smart e sostenibile il “suo” latte, destinato alla produzione del Grana Padano. Un altro tema di sperimentazione è quello dell’industria 4.0 e dell’introduzione negli allevamenti di strumentazioni che migliorino la sicurezza e la salubrità del prodotto. 

“Il settore lattiero caseario” racconta Puddu in base alla sua esperienza, “è all’avanguardia, sensibile alle esigenze del consumatore e alla salvaguardia dell’ambiente: gli allevatori, come gli agricoltori, sono tra i primi ad accorgersi degli effetti della crisi climatica. È normale che ci sia la volontà di dar avvio ad azioni per fare la nostra parte.”

Impianti di biometano per rendere gli allevamenti più sostenibili

Tra le iniziative messe in campo per contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, Granlatte-Granarolo ha inaugurato uno dei primi impianti di biometano agricolo in Italia, un’apertura che avvia quella che vorrebbe essere una serie con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2.

L’impianto è stato inaugurato a dicembre nell’azienda agro zootecnica Pieve Ecoenergia, una delle associate alla filiera Granlatte-Granarolo. È già in attività e può produrre fino a 320 metri cubi/h di biometano, che vengono immessi in rete, quindi utilizzati dall’allevamento stesso. Di fatto, si stima che in un anno vengano prodotti 2.700.000 metri cubi di biogas che corrispondono a una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa 6350 tonnellate.

Rudmer Zwerver/shutterstock.com

“La produzione di biometano” spiega Puddu, “funziona a partire dagli scarti aziendali, compresi liquami e deiezioni degli animali, andando ad agire quindi anche sulla gestione degli scarti dell’allevamento.” L’impianto lavora come se fosse la concimaia della stalla: oltre ai reflui, raccoglie anche i sottoprodotti agroindustriali dell’azienda. Piere Ecoenergia, infatti, ha anche una parte agricola per una superficie di 1.000 ettari coltivati principalmente a mais, cereali autunno-vernini, soia e pomodoro. Anche questi scarti, per esempio le foglie e i tutoli di mais, vengono conferiti nell’impianto e contribuiscono alla produzione di biometano.

Il gas, tuttavia, non è il solo “prodotto” di questo tipo di struttura innovativa. “L’impianto restituisce anche il digestato, un fertilizzante organico, che viene poi interrato nel suolo con tecniche studiate ad hoc per favorire il miglior nutrimento del suolo. Andremo così ad utilizzare meno concimi chimici e a intervenire in maniera puntuale laddove il terreno ha più bisogno di sostegno” spiega il direttore generale, che aggiunge: aAbbiamo notato che nei terreni dove viene utilizzato la resa vegetale è migliore.”

10 impianti in 3 anni per ridurre drasticamente le emissioni

L’idea che gli impianti di biogas possano rappresentare uno strumento di maggiore sostenibilità per la filiera lattiero-casearia è uno dei perni della strategia di Granlatte-Granarolo che punta ad aprire 10 impianti consortili in 3 anni in Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Puglia. 

Il progetto dal titolo “Biometano in filiera” è ideato con la Confederazione dei Bieticoltori e, precisa Puddu, “favorisce la partecipazione di realtà medie e piccole. Puntiamo a fare rete non soltanto per raccogliere il latte, ma anche per creare impianti che siano utili a più aziende.”

I 10 impianti dovrebbero produrre 30 milioni di metri cubi all’anno di biometano, ovvero l’equivalente del fabbisogno di energia termica degli stessi stabilimenti che li useranno. A questo risultato, già significativo, si aggiungono 500.000 tonnellate all’anno di digestato, ovvero il fertilizzante naturale che, nell’ottica dell’economia circolare, le stesse aziende potranno utilizzare. Granlatte-Granarolo, infine, stima che il progetto porterà ad evitare l’emissione di 60.000 tonnellate di CO2 eq.

“Siamo convinti che il latte abbia un grande valore anche nutrizionale” conclude Puddu, “e siamo altrettanto consapevoli che sia importante ascoltare le priorità del consumatore e del Pianeta. Con l’installazione e l’avvio di questa tipologia di impianti di biometano vogliamo realizzare soluzioni concrete di economia circolare che abbracciano tutte le facce della sostenibilità: quella umana, quella economica e quella ambientale.”


Immagine in evidenza di: Parilov/shutterstock.com

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