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Siria, espugnata Raqqa: cade la "capitale" dell'Isis

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Le milizie curde appoggiate dagli Usa prendono il controllo della zona dello stadio, ultimo bastione di resistenza dei jihadisti, su cui ora sventolano le bandiere delle Forze democratiche siriane, del Ypg e del suo braccio femminile, l’Ypj. Terminata l’operazione militare, ora è caccia ai jihadisti ancora nascosti in città

DAMASCO – Raqqa è in mano ai curdi: lo hanno annunciato i portavoce delle forze democratiche siriane (Fsd), alleanza di milizie curde e arabe appoggiate dagli Usa, questa mattina. L’ultimo bastione a crollare è stato lo stadio della città. Ammainate le lugubri bandiere dell’Isis, sull’impianto ora sventolano non solo il vessillo del Fsd ma anche quello dell’Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo, e del suo braccio femminile, l’Ypj. La conquista dello stadio è stata preceduta dalla liberazione dell’ospedale, altra zona di resistenza delle milizie jihadiste. Rojda Felat, comandante curdo-siriana delle operazioni Fsd a Raqqa, ha dichiarato che è in corso la messa in sicurezza lo stadio, localizzando e disinnescando le mine disseminate dai jihadisti.

Isis perde la sua “capitale”: Raqqa conquistata dalle milizie curdo siriane

Termina così un’offensiva iniziata a giugno e che ha visto lanciare l’assalto finale contro la città siriana domenica. Come ha spiegato telefonicamente a Efe il portavoce delle Fsd Talal Salu, restano da stanare alcune sacche di jihadisti ancora a Raqqa. “L’operazione militare è terminata, ma adesso portiamo a termine un’operazione di pulizia per porre fine alle cellule dormienti di Daesh, che ci sono ancora”. Salu ha anticipato la diffusione di un comunicato ufficiale sulla liberazione di Raqqa dall’Isis. Dopo alcune ore, l’Fsd ha fatto sapere su Telegram che Raqqa è stata definitivamente liberata, senza entrare in dettagli. Secondo il comando Usa, invece, l’operazione “pulizia” non sarebbe ancora terminata, Raqqa è stata ripresa “al 90 per cento” e un “centinaio di uomini dell’Isis sono ancora in città”.

Nessun dubbio che, sostanzialmente, lo Stato Islamico ha perso l’ultima città importante che controllava fra Siria e Iraq ma soprattutto il luogo che aveva eletto a capitale del suo “Califfato”. La scorsa estate a cadere nelle mani dell’esercito iracheno, sempre appoggiato dagli Usa, era stata Mosul, l’altra città principale della geografia del Califfato. Ma dal punto di vista simbolico la caduta della città nella zona nord orientale della Siria è ben più significativa: qui infatti si erano concentrati le migliaia di combattenti stranieri accorsi da tutto il mondo per combattere nelle fila dell’Isis e qui lo Stato Islamico aveva costruito una vera e propria amministrazione, con tanto di polizia, documenti e tasse.

Raqqa, l’esercito curdo libera i civili: l’Isis li usava come scudi umani

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, la battaglia per la liberazione di Raqqa ha avuto un costo altissimo in termini di vite umane: 3.250 morti, di cui 1.130 civili. Un calcolo che l’ong con sede a Londra ha stilato sulla base delle informazioni ricevute dalla sua vasta rete di attivisti in Siria. Secondo l’osservatorio, “altre centinaia di persone mancano ancora all’appello e potrebbero essere rimaste sepolte vive nelle loro case” durante i bombardamenti aerei della Coalizione anti-Isis.
C’è poi la triste condizione in cui versano i civili fuggiti da Raqqa mentre da inizio giugno infuriavano i combattimenti. Si tratta di circa 270mila persone ora ospitate in campi profughi, che Save The Children  descrive come urgentemente bisognose di aiuto. Famiglie che, per la grande distruzione di cui è stata oggetto la città, ora non hanno in molti casi più una casa in cui tornare e nei prossimi mesi dovranno restare nei campi. Dove, denuncia Sonia Khush, direttrice per la Siria di Save The Children, “non ci sono abbastanza cibo, acqua e medicinali”. L’appello di Khush è a “non dimenticarli”.
Nei giorni scorsi centinaia di miliziani dell’Isis avevano lasciato Raqqa, grazie al salvacondotto garantito loro in cambio della liberazione degli ostaggi civili. Ma molti, soprattutto stranieri, avevano scelto di restare e combattere fino alla morte. Ora l’attenzione si sposta su Deir Ezzor, estremo rifugio dei jihadisti nell’est della Siria, dove pare si siano diretti anche i miliziani partiti da Raqqa. Lì l’assedio è portato dall’esercito regolare del presidente Bashar al Assad col sostegno dell’aviazione russa. Secondo l’Osservatorio siriano, le truppe di Damasco controllano ormai il 92% della città. “Le forze del regime – si legge sul sito dell’ong – sostenute dal cielo da un intenso bombardamento dell’aviazione russa e dell’artiglieria sono riuscite a realizzare una grande avanzata nei quartieri al Rassafah, al Ummal e al Sinàa, riducendo enormemente le aree controllate dall’Isis”.

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