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Sindaco di Pisticci: “Il “modello Basilicata”, tra strutture sanitarie inutilizzate e volontari di Protezione civile non vaccinati”


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La campagna vaccinale, sin dai suoi esordi, è stata al centro dell’attenzione mediatica, tra polemiche e proclami relativi al “modello Basilicata”, sfoggiato in occasione della visita del conterraneo commissario all’emergenza, Gen. Figliuolo.

In Basilicata sono attivi diversi centri, o meglio “hub” vaccinali dove, prenotandosi mediante la piattaforma elettronica di Poste Italiane, i cittadini rientranti nelle categorie previste dal Piano vaccinale nazionale, possono essere sottoposti alla vaccinazione anti-covid. Molti di questi centri, compreso quello di Pisticci, sono ospitati in strutture di proprietà dei comuni, sui quali grava interamente la gestione con i relativi ingenti costi: pulizie quotidiane, utenze elettriche, installazione linea internet, fornitura di arredi per le postazioni. Inutili sono stati i tentativi da parte delle Amministrazioni comunali, la mia compresa, di richiedere alla Regione un sostegno economico per la gestione di strutture che, ad oggi, non sappiamo per quanti mesi dovranno essere operative e dove ogni giorno sorgono esigenze di qualunque tipo, dalla fornitura della carta per la stampa di documenti, al trasporto delle dosi di vaccino, alla necessità di un presidio continuo da parte di Polizia Locale e volontari di Protezione civile, alle prese con un’utenza spesso delicata ed in cerca di spiegazioni alle mille problematiche quotidiane sulle prenotazioni.

Poi c’è il capitolo personale sanitario, spesso in numero insufficiente a gestire un carico di prenotazioni abbastanza elevato ma che, con dedizione e professionalità, non risparmia il suo impegno quotidiano per servire e rassicurare i cittadini pieni di dubbi e paure instillate dalla bulimia di informazioni (e disinformazione) sul vaccino.

E ci sono i volontari. Mi ritengo un sindaco particolarmente fortunato, perché posso contare sul gruppo dei volontari di Protezione Civile di Pisticci e Marconia che, sin dall’inizio della pandemia, si sono adoperati con ogni mezzo per fornire ausilio alla cittadinanza e anche in occasione della campagna vaccinale si sono distinti per impegno e senso civico, garantendo presenza e supporto quotidiano. Come minimo queste persone, alle cui preziose attività neppure viene fornito un adeguato supporto economico, sarebbero dovute rientrare nel piano vaccinale tra le categorie prioritarie, essendo costantemente esposte al pericolo di contrarre il virus. Invece, nel “modello Basilicata”, questo dettaglio non è stato contemplato, così come non sono state contemplate una serie di categorie che, pur avendone diritto, non riescono a vaccinarsi oppure riscontrano enormi difficoltà (come alcuni studenti e lavoratori che sono residenti in Basilicata ma domiciliati in altra regione e viceversa). Ed è così che i telefoni e i canali social degli amministratori locali sono diventati bollenti, tra continue richieste di informazioni e segnalazioni di disfunzioni di vario tipo da parte dei cittadini, che non riescono a trovare risposte altrove. Peccato che queste risposte, in molti casi, non siamo in grado di fornirle neppure noi, che siamo “soldati semplici” e non ci siamo mai seduti al tavolo con i generali, dove si prendono decisioni e si acquisiscono informazioni.

Ciononostante non ci siamo mai sottratti e abbiamo offerto una collaborazione continua e costante, ben oltre i compiti e i doveri istituzionali propri degli amministratori locali, senza ricevere nemmeno un grazie o essere ascoltati quando ci siamo permessi di porre qualche problema e qualche soluzione.

Allora forse dobbiamo concludere che il “modello Basilicata” non è fatto di piattaforme e “chiamate alle armi” tramite annunci social che invitano a prendere d’assalto i centri vaccinali senza prenotazione (vedasi caso vaccinazioni astrazeneca a Matera e Potenza), ma è fatto del lavoro quotidiano di amministratori, personale sanitario e volontari non vaccinati, che sono la frontiera di cittadini impauriti e confusi.

Se da domani i comuni non mettessero più a disposizione risorse umane e strutturali e i volontari decidessero, legittimamente, di non esporsi più a rischi sottraendo tempo a lavoro e famiglia, il “modello Basilicata” naufragherebbe miseramente e i cittadini non saprebbero più dove andare a vaccinarsi. Allora, forse, qualcuno si ricorderebbe che esistono strutture sanitarie che inspiegabilmente non sono state utilizzate in alcun modo per le prestazioni sanitarie legate all’emergenza covid, come l’ospedale di Tinchi che pure dispone di ampi locali ristrutturati e inutilizzati da oltre un anno e che sarebbe perfettamente funzionale come luogo dove ubicare un Centro vaccinale.

Se vogliamo parlare davvero di modello Basilicata, in senso virtuoso, si pensi subito a vaccinare i volontari di Protezione Civile e si valuti di dare dignità a strutture sanitarie come quella di Tinchi.

IL SINDACO DI PISTICCI

Viviana Verri

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