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Salvatore Romeo: «Pentito per gli errori, ma pronto a tornare»

di Lorenzo De Cicco
«Pentito per gli errori», certo, a cominciare da quel legame con Raffaele Marra che sembrava indissolubile e «che alla fine ha danneggiato Virginia». Ma anche disponibile, ora, a tornare lì, nel Raggio magico, nella stanza dei bottoni di Palazzo Senatorio, da dove è stato estromesso a dicembre, su diktat di Grillo, dopo l’arresto per corruzione dell’ex capo del Personale. Per la serie rieccolo, alla buvette del Campidoglio, intorno alle due del pomeriggio di ieri, si materializza Salvatore Romeo.

Non sono passate neanche 24 ore dalla richiesta di archiviazione della Procura per la sua promozione da semplice funzionario comunale a capo della segreteria di Virginia Raggi. Non c’è stato abuso d’ufficio, per la Procura, che ha invece chiesto il processo della sindaca per un altro capo d’imputazione, il falso ideologico. Ma è tutta un’altra storia, riguarda una promozione sì, ma del fratello di Marra, Renato. «E allora posso dire la mia, adesso, finalmente, dopo tanti mesi di silenzio», si sfoga l’ex fedelissimo di Virginia. «Rivedo il sereno», dice, ora che la bufera giudiziaria che gli è passata sopra la testa comincia ad allontanarsi.
Che farà ora, Romeo? Tornerà a fare il braccio destro di Virginia Raggi?
«Se me lo chiedesse, potrei tornare. Perché no? Per ora resto al dipartimento Partecipate, dove sono molto impegnato, ci sono tante società da riorganizzare, di lavoro non manca insomma. Ho appena finito una riunione con l’assessore Massimo Colomban».
Quindi oggi non ha incontrato la sindaca?
«No, ho visto solo Colomban. Con lei ci siamo sentiti al telefono, ieri, subito dopo avere saputo della decisione dei pm».
Raggi a febbraio aveva promesso di denunciarla, dopo l’apertura della terza polizza a suo favore (e a sua insaputa)…
«Guardi, sentirla ieri è stato emozionante. Era la prima volta, dopo tanti mesi di silenzi. Durante l’indagine, era meglio che non ci parlassimo, non sarebbe convenuto a nessuno, anzi. Ho pazientato. Ma è stato bello risentirci, finalmente, ora che è tutto finito».
Ci dica delle famigerate polizze. Tutte chiuse, giusto?
«No, ma che chiuse! Sono tutte aperte».
Davvero? E chi ne beneficia?
«Beh, non la sindaca, immagino sia questo quello che vuole sapere (risata, ndr) Mi faccia dire, mi è dispiaciuto che per questa vicenda si sia alzato un polverone mediatico immeritato, francamente».
Reato non c’era, hanno detto i magistrati. Però forse, dal punto di vista dell’opportunità politica, non era la mossa più azzeccata indicare come beneficiaria la Raggi che poi l’avrebbe promossa a capo segreteria…
«Ma la sindaca, come ho detto, neanche lo sapeva. Anzi, alla fine tutta questa vicenda l’ha danneggiata. Sa, io non ho moglie né figli, quindi ho pensato di indicare come beneficiari di queste polizze, solo in caso di morte, le persone che più stimo e tra queste c’è anche lei. Tutto qui. Mi dispiace di averla messa in imbarazzo. I miei investimenti in fondo dovrebbero riguardare esclusivamente me, sono sollevato che la vicenda si sia chiarita, anche con i magistrati, che ringrazio per il loro lavoro».
È il suo unico rammarico nei suoi cinque mesi passati nell’ufficio della sindaca?
«Ho fatto degli errori».
Per esempio Marra. In fondo lei è stato uno dei suoi principali “sponsor” con la Raggi, e poi l’ex capo del Personale è finito agli arresti…
«Di questo infatti sono pentito, lo dico senza problemi. Però c’è anche un’altra cosa che dovrebbe emergere, a questo punto».
Cosa?
«Non ero io il bersaglio. Qualcuno voleva colpire me per colpire la sindaca e questa amministrazione».
Anche nel M5S c’erano nemici interni?
Romeo sorride. «Non mi faccia parlare…».
Sta già parlando…
«Mettiamola così, di certo a qualcuno davamo fastidio, ecco. E devo dire che è stata dura vedere certi attacchi. È stato un periodo difficile, non è bello, sa, vedere i propri messaggi privati messi su piazza. Io ho voluto stare alla larga dai giornali per tanto tempo, ma ora è finita. Resto qui, a fare il mio lavoro, che riguarda anche l’Atac. Poi se dovesse arrivarmi un’offerta, è ovvio, la valuterò».

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