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Rottura con il Pd, Mpd e Si insieme: "Grasso nostro leader". Ma il presidente prende tempo: "Non ho sciolto la riserva"

Rammarico del “pontiere” dem Fassino dopo il fallimento della trattativa. Martina cita Bersani: “C’è la mucca in corridoio, ma qualcuno dice di parlare dopo il voto
ROMA – L’ultimo tentativo di Piero Fassino di dialogare con gli scissionisti è andato a vuoto. E, dopo la porta in faccia ricevuta ieri dal coordinatore dei demoprogressisti Roberto Speranza, oggi si è consumata la rottura definitiva tra il Pd e la sinistra.
La frattura incomponibile è il risultato di più di un’ora di riunione alla Camera tra il “pontiere” del Pd, accompagnato dal vicesegretario del partito Maurizio Martina e dal deputato Cesare Damiano, e la microdelegazione della sinistra composta  dalla capogruppo Mdp al Senato Maria Cecilia Guerra e dal presidente dei deputati di Sinistra italiana Giulio Marcon.
Ora è dunque ufficiale: Mdp e Sinistra Italiana-Possibile non entreranno nella coalizione che fa perno attorno al Pd, ma faranno una lista unitaria della sinistra alternativa ai democratici. “Il tempo è scaduto. Non c’è margine per un’intesa”, dicono Guerra e Marcon  al termine dell’incontro. E incoronano il presidente del Senato alla guida della loro coalizione: “Il 3 dicembre faremo un’assemblea della lista unitaria Mdp-Si-Possibile e naturalmente Pietro Grasso ci sarà e sarà il nostro leader”, aggiunge Marcon. Che poi precisa: “Il mio è un auspicio, non voglio tirarlo per la giacchetta”.Chiamato in causa, Grasso attraverso il suo portavoce specifica: “Il presidente non ha sciolto alcuna riserva in merito al suo futuro. Notizie e dichiarazioni in un senso o nell’altro vanno lette come auspici dei singoli e non interpretano il suo pensiero né le sue decisioni. Quando queste saranno prese sarà lui stesso a comunicarlo”.Tra i temi sul tappeto, oltre alla possibilità di costituire un’alleanza comune, anche la modifica del Jobs Act e altre misure di sostegno sociale. “È stato un incontro cordiale e approfondito – chiarisce Guerra – Non abbiamo dato la disponibilità a una trattativa in quanto abbiamo risottolineato come le differenze di impostazione politica fra noi e il Pd sono su temi di fondo che interessano la vita delle persone e su queste non ci sono dei credibili piani di convergenza”.”La rottura non si è consumata oggi”, puntualizza sul suo blog Pippo Civati, leader di Possibile, “ma nel corso di una lunga legislatura, tra presunte riforme del lavoro e della scuola, leggi di riforma costituzionale bocciate dagli elettori, sistemi elettorali offensivi nei modi e nella sostanza, scelte economiche di sapore squisitamente elettorale, politiche ambientali timide o addirittura fossili, innalzamento della soglia del contante, regali fiscali ai più benestanti, Verdini e Nazareni che hanno fatto risorgere la destra”.”A me verrebbe una battuta, c’è la mucca nel corridoio ma qualcuno dice che bisogna vedersi dopo il voto“, commenta amaramente Martina richiamando una nota metafora di Pier Luigi Bersani: “Secondo me è un errore – continua il vicesegretario dem –  e penso che, di fronte alla disponibilità concreta che abbiamo dimostrato anche oggi, si è risposto con un muro”.Anche Fassino si dice deluso dal confronto: “Abbiamo proposto aperture su Jobs Act e superticket e confermato la volontà di andare fino in fondo su ius soli e biotestamento.Non posso che esprimere rammarico, che è ancora più forte perchè le nostre proposte sono state giudicate interessanti. Ovviamente i matrimoni bisogna farli in due e quindi non possiamo che prendere atto di questo atteggiamento di chiusura”.

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