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Roma, omicidio Varani: “Manuel Foffo era capace di intendere e volere: merita 30 anni di carcere”

Le motivazioni contenute nelle 29 pagine della sentenza di secondo grado a cui è arrivata la Corte di Assise di Appello di Roma su uno dei delitti più efferati avvenuti a Roma. L’omicida aveva sì disturbi della personalità ma ha compiuto gesti “deliberati e volontari perpetrati con piena consapevolezza delle conseguenze”

Manuel Foffo era “pienamente capace di intendere e volere al momento del fatto”, quando all’interno del suo appartamento in via Igino Giordani, al Collatino, il 5 marzo 2016, al temine di quattro giorni a base di droghe e alcool, ha ucciso con decine di coltellate e martellate il 23enne Luca Varani. Per questo motivo va confermata la sentenza di primo grado che lo ha condannato a 30 anni di reclusione. Sono queste le conclusioni, contenute nelle 29 pagine della sentenza di secondo grado, a cui arriva la Corte di Assise di Appello di Roma.

Partendo dal presupposto analizzato dal collegio peritale, che definisce Foffo un soggetto affetto da “un disturbo di personalità non altrimenti specificato, di una gravità moderata”, la Corte si pone una domanda per appurare se l’instabilità di Foffo sia tale da poterne dichiarare l’incapacità mentale: “Posto che Foffo è affetto da un disturbo di personalità – si chiedono i giudici – esso, ove correlato ai danni cerebrali, alle alterazioni genetiche, all’intossicazione da cocaina e alcool è così grave da aver inciso sul delitto?”. La risposta che danno i giudici è “negativa”. E, nel motivarla, portano due elementi, emersi nel processo, che loro stessi definiscono “determinanti”: “Foffo (prima dell’omicidio ndr) sospende l’uso delle droghe per passare i controlli e riottenere la patente (il che indica chiaramente come sia in grado di gestire l’uso della sostanza); “Foffo decide di assumere droghe in vista del compimento di azioni a sfondo sadico-sessuale su una vittima ancora da individuare. Gesto deliberato e volontario perpetrato con piena consapevolezza delle conseguenze”.

Secondo i giudici si tratta di elementi “inoppugnabili”: il delitto, dunque, “resta immune dall’influenza del disturbo di personalità di Foffo”. E per questo la condanna stabilita dal gup in primo grado deve, secondo la Corte d’Appello, essere confermata.
Si scioglie, così, anche l’ulteriore dubbio che aveva accompagnato tutta la dialettica interna al processo di secondo grado.

La difesa di Foffo, assistito dall’avvocato Fabio Menichetti, aveva nominato una serie di esperti che avevano portato alla luce come il 31enne non avesse un profilo comportamentale e psichico così lineare (tanto da chiedere la parziale incapacità di intendere e volere): il prolungato consumo di droghe, stando a quanto messo in evidenza dai medici di parte, aveva probabilmente causato dei danni alla corteccia cerebrale. E inoltre, soprattutto, anche a livello genetico erano state portate alla luce due alterazioni (polimorfismi) capaci di incidere sull’aggressività dell’imputato e sul controllo dei suoi impulsi.

A tali conclusioni, i disturbi comportamentali e le alterazioni genetiche, erano arrivati anche i periti della Corte, arrivando a stabilire, ad ogni modo, la capacità di intendere e volere. “Non esiste per la comunità scientifica, alcuna evidenza positiva di correlazioni assolute fra polimorfismi e la commissione di determinate patologie di delitti – si legge nella sentenza – Può esservi una predisposizione dell’individuo al compimento di condotte criminose. Ma non può esservi alcun determinismo”. Come dire, la genetica non determina il comportamento criminale delle persone.

Inoltre, scrivono i giudici, “a parità di condizioni di partenza, due individui portatori di analoga anomalia possono avviare percorsi esistenziali completamente antitetici, e uno può diventare delinquente così come l’altro affermarsi e avere successo. Molto dipende da fattori ambientali e l’algoritmo che li mette in relazione con il Dna non è ancora stato compiutamente decrittato”. Non sono stati i danni genetici e il deterioramento cerebrale legato al consumo di droghe di Foffo a causare la morte di Varani. Molto più semplicemente la spiegazione è nelle stesse parole di Foffo: “Volevamo solo fare del male a qualcuno”.

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