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Roberta Ragusa, le motivazioni della sentenza: "Uccisa dal marito per motivi economici"

Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Firenze che hanno confermato la condanna a venti anni di carcere per Antonio Logli: “Illogico pensare a un allontanamento volontario”
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Antonio Logli, condannato a venti anni dalla corte d’Appello di Firenze per aver ucciso la moglie Roberta Ragusa ha commesso l’omicidio per motivi sostanzialmente economici. Temeva che con una separazione, presa in considerazione da Roberta, ci sarebbero stati dei “contraccolpi economici”. Come la perdita della scuola guida di Logli e della moglie o della casa, di proprietà dei genitori di Roberta. Lo affermano i giudici fiorentini nelle motivazioni della sentenza di secondo grado che ha confermato la condannainflitta dal Tribunale di Pisa per omicidio e distruzione di cadavere. Il corpo di Roberta Ragusa, scomparsa da San Giuliano Terme nella notte tra il 12 e il 13 gennaio 2012 dopo un litigio con il marito, non è mai stato ritrovato. “Gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita”, hanno scritto i giudici.
Quello ad Antonio Logli, è stato “certamente un processo di natura indiziaria” – hanno scritto i giudici –  tuttavia “la globale tenuta logico-probatoria della ricostruzione adottata dalla sentenza di primo grado” ha resistito anche nel procedimento d’appello che ha confermato la condanna.
Secondo la corte d’appello, al di là di “talune inesattezze” ravvisabili tra le diverse testimonianze “il compendio probatorio non risulta significativamente sminuito, data la assoluta complementarietà e convergenza degli degli elementi indiziari e logici che nella doverosa osservazione globale del dato probatorio conducono a risultati di confortante certezza”.
Per i giudici fiorentini è “del tutto fantasioso e illogico pensare a un allontanamento volontario” di Roberta Ragusa “che sarebbe improvvisato, non programmato o preparato in alcun modo neppure per garantirsi nell’immediato i mezzi e le risorse più strettamente necessari per la sopravvivenza e tanto meno per porre le basi di una, per quanto improbabile, parallela esistenza lontana dall’ambiente di provenienza”. Da qui la conclusione che non solo su Logli grava “una lunga serie di indizi convergenti e rilevanti in ordine all’omicidio della moglie” ma anche che la sua difesa non ha formulato “alcuna alternativa ricostruzione globale della vicenda che ne esclusa la responsabilità”.
Il movente che avrebbe spinto Logli a uccidere la moglie per la Corte è di natura economica: “La coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito” con Sara Calzolaio (la giovane dipendente dell’autoscuola di famiglia ed ex baby sitter dei figli della coppia). Inoltre, la donna, secondo anche le testimonianze raccolte, “aveva preso in considerazione l’ipotesi della separazione” che, concludono i giudici fiorentini, invece “era avversata dal Logli che ne temeva i contraccolpi economici nonostante fosse pressato anche dall’amante”. Infine, secondo la corte “il diritto al silenzio” di Logli in tutta la fase processuale “certifica semplicemente la sua rinuncia a fornire la sua versione ma non indice sulla assoluta assenza di alternative letture della vicenda” e il mancato ritrovamento del corpo di Roberta Ragusa “impedisce di verificare con quale mezzo sia stato cagionato l’evento morte ma non esclude certo che l’omicidio si sia realizzato e a opera dell’imputato, anzi rafforza per quanto possibile il quadro indiziario”
“La Corte di Firenze, nel confermare la responsabilità di Antonio Logli, in ben 81 pagine, valorizza tra i diversi elementi a carico dell’ uomo – ha detto l’avvocato Nicodemo Gentile, parte civile al processo – l’inesistenza di serie e logiche ipotesi alternative all’omicidio di Roberta; l’esperimento realizzato in Via Gigli e l’intervista rilasciata dal Logli, ritenuta di eccezionale portata indiziaria”. L’avvocato Gentile sottolinea infine come alcuni testimoni dell’accusa, in particolare “Gozi e la moglie”, sono stati ritenuti comunque “assolutamente attendibili”. Il presidente dell’associazione Penelope conclude dicendo che “fiduciosi aspettiamo l’ultimo round in Cassazione”.
Sono passati più di sei anni da quando Roberta Ragusa svanì nel nulla. Nel mezzo i processi (compresa la prima udienza preliminare conclusa con il non luogo a procedere nei confronti del marito). Il primo verdetto era arrivato il 21 dicembre 2016, dopo cinque anni di indagini, accertamenti e colpi di scena. Il tribunale di Pisa, accogliendo le richieste dell’accusa, aveva condannato Logli a 20 anni disponendo l’obbligo di dimora nel comuni di Pisa e San Giuliano Terme e l’interdizione dalla potestà genitoriale.Poi la conferma della Corte d’appello dello scorso14 maggio.

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