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Rapito in Niger sacerdote italiano, impegnato contro l’infibulazione

Padre Pierluigi Maccalli era appena rientrato dall’Italia nella diocesi di Niamey. Secondo i missionari i sequestratori sarebbero jihadisti. Il religioso operava nel sociale ed era attivo nell’aiuto alle giovani vittime di pratiche di mutilazione sessuale. Indaga la Procura di Roma


NYAMEI – Un missionario italiano, padre Pierluigi Maccalli, della Società delle missioni africane (Sma), “è stato rapito la notte scorsa da presunti jihadisti” in Niger. La notizia è stata riportata dall’agenzia Fides che cita padre Mauro Armanino, missionario a Niamey, secondo cui da qualche mese la zona in cui è stato rapito “si trova in stato di urgenza a causa di questa presenza di terroristi provenienti dal Mali e il Burkina Faso”. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine per terrorismo. Le autorità nigerine, pur dichiarando di non essere state a conoscenza della presenza di Maccalli nella regione, hanno assicurato di aver avviato indagini per ottenere la sua liberazione. Il ministro degli Esteri Moavero sta seguendo la vicenda, in stretto contatto con i familiari del sacerdote e – afferma la Farnesina in una nota – “l’Ambasciata d’Italia a Niamey ha formalmente chiesto alle autorità locali di dare assoluta priorità alla rapida soluzione della vicenda e in ogni caso di evitare iniziative che possano mettere a rischio l’incolumità di padre Maccalli”.

Sacerdote italiano rapito, quando nel 2009 raccoglieva fondi per il Niger

Padre Maccalli, originario della diocesi di Crema, già missionario in Costa d’Avorio per vari anni, si trovava nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey.  L’uomo è “stato rapito a Gourmancè durante la notte da un gruppo di persone che hanno fatto irruzione nella sua abitazione e lo hanno portato via su una moto, hanno preso anche il suo computer, il cellulare e il computer delle suore”. Lo ha raccontato all’AGI padre Luigino Frattin, responsabile provinciale della Società missione africane di cui Maccalli fa parte. “Con lui c’era solo un confratello indiano che ha fatto in tempo a nascondersi”, aggiunge Frattin che spiega che il missionario si trovava in una zona, al confine con il Burkina Faso, dove “vivono poche persone e tra un insediamento e l’altro ci sono decine di chilometri”. Maccalli era rientrato venerdì 7 settembre in Niger, dopo un periodo di vacanza in Italia. “Non aveva espresso particolari preoccupazioni anche se la zona è sempre più calda”, racconta ancora Frattin. “I sacerdoti erano comunque sempre prudenti, non uscivano mai di notte. E dopo il rapimento, abbiamo chiesto anche agli altri confratelli di recarsi a Niamey”.

Da tempo, dice l’agenzia Fides, il religioso lavora nell’area unendo evangelizzazione e promozione umana. “Attento alle problematiche legate alle culture locali, aveva organizzato incontri per affrontare temi e contrastare pratiche legate alle culture tradizionali, tra le quali anche la circoncisione e l’escissione delle ragazze, attirandosi anche una certa ostilità”. Questo, secondo fonti locali citate dall’agenzia, potrebbe essere uno dei moventi per il rapimento del missionario, giunto una settimana dopo il suo rientro da un tempo di riposo in Italia.

La missione cattolica dei padri Sma si trova in zona Gourmancé (Sud-Ovest) alla frontiera con il Burkina Faso e a circa 125 km dalla capitale Niamey. Il popolo Gourmancé è interamente dedito alla agricoltura e stimato in questa regione attorno a 30mila abitanti. La missione è presente dagli anni ’90, e i villaggi visitati dai missionari sono più di 20, di cui 12 con piccole comunità cristiane, distanti dalla missione anche oltre 60 km.

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