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Professione influencer: ecco dove andare a studiare

A Madrid dal 22 ottobre inizia il primo corso universitario per influencer. Ne abbiamo parlato con Pietro Boselli, un influencer «accademico»

Un corso universitario di formazione di 160 ore per diventare influencer nel mondo della moda e  della cosmesi. È la novità che propone l’Università Autonoma di Madrid in collaborazione con l’Ibiza Fashion Week dal 22 ottobre 2018.

Qualcuno ancora non lo sa, ma gli influencer in generale sono coloro in grado, per l’appunto, di influenzare le idee e le scelte degli altri. In una prospettiva più commerciale, secondo glossariomarketing.it, sono «individui con un più o meno ampio seguito di pubblico che hanno la capacità di influenzare i comportamenti di acquisto dei consumatori in ragione del loro carisma e della loro autorevolezza rispetto a determinate tematiche».

Cosa significa in termini pratici? Che ci sono alcune persone che, soprattutto attraverso i propri social network, sono in grado di indirizzare i propri fan verso un certo luogo, un certo prodotto o una certa attività.

Per alcuni, questo che sembra poco più che un gioco, è diventato un lavoro. E talvolta anche molto ben retribuito. Basta considerare che influencer del calibro di Huda Kattan – la più pagata al mondo – o di Chiara Ferragni, con un solo post possono incassare diverse migliaia – sì, migliaia – di euro. Non stupisce quindi che questo mestiere apparentemente tutto «frizzi e lazzi» stia attraendo sempre più aspiranti. Fare soldi con un profilo social molto seguito insomma è diventato facile. Tanto in alcuni casi, da spingere un’agenzia di marketing a condurre un esperimento curioso come racconta Vice. Ha sostanzialmente creato dei profili Instagram finti e dopo aver comprato follower e like, ha provato a farli monetizzare, riuscendo nell’impresa.

Parliamoci chiaro: corsi dedicati al mondo dell’influencing marketing esistono da anni. In Italia, ad esempio, da tempo abbiamo la Condé Nast Social Academyche, con il contributo scientifico e didattico di SDA Bocconi, intende proprio formare gli influencer di domani (e non solo nel settore Beauty & Fashion, ma anche, in quello del Food & Travel e del Lifestyle).

La proposta di Madrid è tuttavia curiosa poiché nata e portata avanti integralmente in un contesto accademico. Ne abbiamo parlato quindi con Pietro Boselli che riunisce sia la figura dell’influencer sia quella dell’(ex) accademico.

Modello dall’età di sei anni, 2 milioni e mezzo di follower su Instagram, ha un dottorato di ricerca in Ingegneria Meccanica alla University College di Londra; qui è stato lettore dei corsi di Modelling & Analysis e di Matematica, attirando l’attenzione di alcuni studenti. Ha un’enorme passione per il fitness che, diciamo, si nota: oltre alla palestra, si dedica al nuoto (all’aperto) e al ciclismo. Nella gallery trovate gli effetti di tutta questa attività fisica e alcuni degli insegnamenti previsti dal corso di Madrid.

Sinteticamente, quali sono a suo avviso le competenze che deve avere un buon influencer?

«Bisogna rimanere autentici, saper trasmettere un’immagine onesta ed è indispensabile capire chi sia la propria audience. Quando si possono raggiungere tante persone direttamente e istantaneamente, il messaggio deve aggiungere qualcosa al pensiero di chi riceve, e stimolare emozioni che possano essere accettate da tutta l’audience. Che il messaggio sia positivo o negativo, l’effetto finale deve risultare in un’influenza positiva. In un certo senso è una responsabilità».

Si può diventare influencer per caso? 

«Sicuramente. Come dicevo, essere autentici è essenziale. Un’immagine artificiale è difficile da sostenere e oramai il pubblico cerca storie vere. Penso che gli influencer più positivi siano quelli capaci di vivere la propria vita in modo eccezionale e suscitare interesse in maniera indiretta. Comunque nulla è mai un caso, la fortuna è solo opportunità che incontra preparazione».

Molte professioni inizialmente non avevano una formazione specifica. Per diventare influencer oggi consiglierebbe di seguire un corso universitario?

«Secondo me non è necessario. Non bisogna dimenticarsi di vivere la propria vita reale, e se si raggiunge un obiettivo unico degno di nota, allora ci sarà una storia da raccontare. A questo punto si può certamente imparare a comunicare a un grosso numero di persone attraverso i social media. Ma non viceversa».ù

A chi sostiene che essere un influencer non sia un lavoro, cosa risponderebbe?

«Avere tanti follower non equivale a soldi facili, come invece appare nell’immaginario collettivo. Sicuramente si può estrarre profitto da un profilo social media molto seguito, ma bisogna lavorarci continuamente, specialmente se si vuole mantenere un’immagine onesta e di alto valore».

Questo primo corso è dedicato al fashion & beauty. Pensa sia una scelta corretta o altri settori meriterebbero una preparazione specifica?

«Penso che questo e altri settori siano saturi per quanto riguarda i social media. Il profilo del fashion & beauty influencer è stato già visto e rivisto in mille salse, ed è difficile riproporne altri. Secondo me, invece, il pubblico inizierà ad avere più interesse in altre cause che richiedano etica e compassione».

Le piacerebbe tenere un corso in questo contesto accademico?

«Insegnare, comunicare un messaggio positivo e aiutare i giovani sulla loro strada è sicuramente una mia passione, quindi direi di sì. Non so però se il messaggio che vorrei trasmettere sia in linea con gli ideali di chi propone questo corso».

Nella foto un’immagine di Boselli per la campagna underwear di Bench/Body.

fonte_
https://www.vanityfair.it/mybusiness/network/2018/09/10/scuola-di-influencer-universita-come-diventare-influencer-pietro-boselli

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