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Pisa, caso Scieri svolta nelle indagini 19 anni dopo: un arresto per concorso in omicidio

Il parà era stato trovato morto nella caserma Gamerra: l’ombra del nonnismo e il lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta dopo tanti silenzi e omissioni. L’inchiesta della procura


Un arresto per concorso in omicidio e altri due indagati. Un paziente lavoro investigativo condotto dalla squadra mobile di Firenze che 19 anni dopo la morte di Emanuele Scieri, parà trovato senza vita il 16 agosto del 1999 sotto una torre di addestramento della caserma Gamerra della Folgore a Pisa, segna una svolta.  Agli arresti domiciliari è finito un ex commilitone di Scieri, arrestato dalla polizia. Le ombre del nonnismo dietro la morte di quel giovane si erano subito allungate, in mezzo a molti silenzi e omissioni dentro l’esercito.
Quelle ombre che avevano cominciato a diradarsi lo scorso anno, dopo che la procura di Pisa aveva riaperto le indagini e grazie al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del militare. Era stata proprio la commissione a dire che che non era stato un suicidio, quello del giovane militare siciliano appena arrivato nella caserma pisana. Scieri era stato aggredito prima di precipitare nel vuoto. Un episodio di nonnismo. Per la Commissione parlamentare presieduta da Sofia Ammodio, gli elementi che portavano ad escludere l’ipotesi del suicidio e anche quella di una prova di forza alla quale si voleva sottoporre Scieri scalando la torretta, “tesi che nel 1999 la catena di comando della Folgore suggerì alla magistratura”.
Ma quali erano gli indizi che avevano portato la Commissione parlamentare a tornare a sospettare di qualcuno dei commilitoni? Per esempio una scarpa trovata troppo distante dal corpo, la ferita sul dorso del piede sinistro e quella del polpaccio del tutto incompatibili con la caduta dalla torretta.
Dunque cosa successe allora il 16 agosto? Bisogna fare qualche passo indietro. Il 7 agosto 1999 al giuramento delle reclute che stanno finendo il Car nella caserma dei Lupi di Toscana, a Scandicci, assistono anche i genitori di Emanuele Scieri, Isabella e Corrado, insegnante lei e funzionario delle Dogane lui. Con loro anche il fratello Francesco, studente in Medicina. Emanuele, “Lele”,  il 31 agosto compirà 27 anni. Si è già laureato in Legge a Catania e ha fatto sei mesi di pratica come avvocato. Viene assegnato alla Folgore. Arriva alla Gamerra il 13. Già durante il trasferimento in pullman da Scandicci avvengono atti di nonnismo ai danni di alcune reclute che porteranno alla condanna a 6 mesi per quattro caporali dei parà. Una volta in caserma, e dopo aver ricevuto le prime istruzioni, Scieri fa un giro in centro con alcuni compagni. Intorno alle 20.30 chiama casa. Al rientro si ferma fuori dalla camerata. “Fumo una sigaretta, faccio una telefonata e vi raggiungo” dice all’amico Stefano. Sono le 22.15 del 13 agosto 1999. Al contrappello delle 23.45 Scieri non c’è. Nessuno lo vedrà più vivo. Il pomeriggio del 16 agosto i carabinieri avvertono la famiglia: “Emanuele ha avuto un incidente. È morto. Probabilmente si è suicidato gettandosi dalla torre”. Come hanno potuto i vertici militari di allora credere al suicidio?

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