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Omicidio di Noemi Durini: denunce, verifiche e provvedimento in ritardo. «Solo schiaffi non sembrava grave»

I lividi sul volto, le fughe da casa, i problemi a scuola. Mamma Imma era molto preoccupata per Noemi e per la tormentata relazione con quel ragazzo che considerava la causa prima dei suoi mali.

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LECCE – I lividi sul volto, le fughe da casa, i problemi a scuola. Mamma Imma era molto preoccupata per Noemi e per la tormentata relazione con quel ragazzo che considerava la causa prima dei suoi mali. «È violento, sbandato e pericoloso, fate qualcosa per favore».

A maggio dai carabinieri

Era lo scorso maggio quando bussò alla porta del comandante dei carabinieri di Specchia, Giuseppe Borrello, chiedendo che venisse allontanato da Noemi. Lo fece formalmente, presentando una denuncia contro di lui e in qualche modo anche un po’ contro Noemi, visto che lei continuava a frequentarlo, prigioniera forse di un vortice dal quale non usciva. «E non stupitevi se siamo ancora qua, abbiamo detto per sempre e per sempre sarà», scriveva il 12 agosto per festeggiare il primo anno di fidanzamento. Contro tutto e contro tutti. Nonostante le botte, le furiose litigate e i tre Tso (trattamento sanitario obbligatorio) a cui è stato sottoposto il diciassettenne di Alessano negli ultimi sei mesi. La madre aveva però capito che Noemi era entrata in un tunnel pericoloso e con lei l’aveva capito anche la sorella di Noemi, Benedetta, entrambe unite nella condanna del ragazzo.

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La vicenda: Noemi scomparsa il 3 settembre
A luglio al tribunale dei minori

Oltre alla denuncia finita alla procura per i minorenni di Lecce, Imma Rizzo aveva chiesto anche l’intervento dei servizi sociali perché sentiva che la situazione poteva sfuggire al suo controllo. Il primo luglio è stata convocata da un assistente del Tribunale dei minori. «Se è un problema, se può essere d’aiuto a mia figlia, intervenite anche su di lei», aveva implorato quel giorno. E il tribunale ha chiesto al Comune di Specchia una relazione sulla situazione familiare di Noemi. «Sulla base di questo documento e di valutazioni autonome dei magistrati, il Tribunale ha emesso un provvedimento di presa in carico della ragazza da parte dei servizi sociali», ha spiegato il sindaco di Specchia, Rocco Pagliara.
Il provvedimento sarebbe però giunto sul tavolo degli operatori sociali solo il 6 settembre. Troppo tardi. Noemi era già stata uccisa e sepolta sotto un cumulo di pietre nelle campagne di Castrignano del Capo.

«Di segnalazioni così ne arrivano a decine»

Le domande sono naturalmente quelle: perché si è perso tanto tempo? Perché non si è fatto nulla per bloccare un giovane violento? Gli inquirenti rispondono in modo univoco: «Perché dalla denuncia non emergeva una situazione gravissima. Alla ragazza erano stati dati pochi giorni di prognosi per lesioni da schiaffeggiamento: di denunce come quella ne arrivano a decine». E i Tso? E il fatto che il ragazzo scorrazzasse in macchina senza patente? «Sui trattamenti stavamo facendo delle verifiche», rispondono alla Procura per i minorenni. «Quanto alla patente, se solo l’avessimo scoperto una volta…», conclude amaro il comandante dei carabinieri.

Dietro alla tragedia emerge un ambiente di forte degrado. Due famiglie che si odiavano: quella di lei e quella di lui, entrambi a rifiutare ferocemente i fidanzati dei loro figli. Dopo la denuncia della madre di Noemi è stata la volta dei genitori di lui, che hanno puntato il dito sulla ragazza presentando una controdenuncia. La madre del giovane ha caricato le parole con la polvere da sparo: «È stata lei a farlo diventare un mostro, hanno mandato gente da Taviano per ucciderlo». Senza pietà.

«Follie», ha tagliato corto l’avvocato che assiste la famiglia di Noemi, Mario Blandolino. Con lui, mamma Imma ha indagato per prima sulla scomparsa della figlia. Sapeva che era sparita fra le 2 e le 7 del mattino del 3 settembre. Ha cercato una telecamera nella zona, l’ha trovata, ha visionato il filmato e ha scoperto che Noemi era uscita alle cinque di notte per incontrare il suo fidanzato diventato assassino.

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