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Omicidio Bevilacqua: «Gli assassini di mio figlio sono due»  

MONTESILVANO. Una fiaccolata per non dimenticare Antonio Bevilacqua e per tenere i riflettori accesi sulla sua morte. Il corteo, organizzato dalla famiglia del giovane rom ucciso con una fucilata al viso, da un uomo col volto coperto, Massimo Fantauzzi, la notte del 16 settembre in un pub di via Verrotti, partirà stasera alle 20,30, dal civico 15 di via Piemonte, dove si trova l’abitazione del 21 enne. Attraverserà viale Europa e si fermerà davanti al bar dove il ragazzo ha perso la vita.
La madre della vittima, Maria Santeramo, 47 anni, invita la comunità a essere presente alla fiaccolata. «Mi piacerebbe», esorta la signora, che non ha origini rom, «che tutti i cittadini, e non solo parenti e amici, si stringessero intorno al nostro dolore e partecipassero alla nostra fiaccolata silenziosa. Mio figlio era un ragazzo d’oro, nessuno me lo potrà restituire. Non chiediamo vendetta. Da persone civili vogliamo solo giustizia: i colpevoli devono essere puniti e andare in carcere».
Dell’omicidio di Antonio Bevilacqua è accusato Fantauzzi, 46 anni, arrestato sabato scorso dopo una settimana di latitanza. Ascoltato in carcere dal giudice per le indagini preliminari, Fantauzzi ha raccontato di una lite scoppiata nel locale tra Nunzio Mancinelli, 48 anni, e il giovane rom, poco prima di essere freddato.

Mancinelli, tirato in ballo dal killer che ha affermato di aver organizzato insieme la spedizione punitiva contro Bevilacqua, ha detto, in un’intervista esclusiva al Centro, di essere «estraneo all’omicidio e non so cosa ci sia dietro, ma denuncerò Fantauzzi per calunnia». Ma la mamma del ragazzo ucciso continua ad accusarlo.
Signora Santeramo, secondo lei chi ha ucciso suo figlio?
Fantauzzi e Mancinelli: sono entrambi colpevoli. Ma quest’ultimo è il vero responsabile, il mandante. Perché Fantauzzi ha agito per ordine di Mancinelli, il quale mente quando dice di non sapere nulla di cosa è accaduto. Perché mio figlio ha chiamato lui “infame” e non Fantauzzi che invece, come mi è stato riferito anche dal barista che era presente, si trovava fuori dal bar. Non so se Fantauzzi ha sentito la discussione che Antonio ha avuto con Mancinelli e non so perché lui è ancora libero. Dice di essere estraneo ai fatti, ma io non credo che lo sia. E di questo volevo parlare stamani con Pompa (Paolo, il pm che coordina le indagini, ndc): sono andata da lui ma non ha potuto ricevermi. Sostiene, anche, Mancinelli, di essere tornato indietro al bar per pagare la consumazione dopo aver accompagnato Fantauzzi a casa quella notte, ma neppure questo è vero perché il conto era stato saldato dall’amico di Antonio.
Ma che motivo aveva Fantauzzi di agire per ordine di Mancinelli? 
Non lo so, forse gli ha promesso qualcosa e lui ha ucciso mio figlio. Quando Mancinelli ha sentito lo sparo, è andato via e ha sputato per terra. Lui è colpevole quanto Fantauzzi, ma perché è ancora libero? Se fosse stato un rom a uccidere un cittadino qualunque, si sarebbe sollevato un gran polverone come accaduto con il delitto Rigante.
Mancinelli sostiene di aver visto suo figlio soltanto due volte. Perché, quindi, Antonio si sarebbe rivolto a lui tacciandolo come infame?
Non lo so, forse ha solo ripetuto le dicerie di paese. Forse una parola sfuggita col bicchiere di birra in mano.
Secondo lei, ci sono altre persone coinvolte nell’omicidio? 
No, solo questi due, Fantauzzi e Mancinelli. Non ho dubbi perché parlano i filmati e i testimoni.
Pensa che un giorno potrà perdonare l’assassino di suo figlio? 
No, mai. Auguro a chi l’ha ucciso lo stesso destino.
Quali sentimenti prova in questo momento?
Dolore, rabbia, odio, rancore. La mia vita è distrutta.
Suo figlio era coinvolto in situazioni a rischio?
Se si riferisce alla droga, no. Mio figlio non si drogava né spacciava e non giocava. Era un ragazzo di venti anni.
Che motivo aveva di frequentare due cinquantenni? 
La figlia di Fantauzzi andava a scuola con Antonio, poteva essere suo padre. Non aveva una doppia vita, Antonio. Era un ragazzo d’oro, bravo, educato, rispettoso e affettuoso. Amava la sua famiglia e adorava sua figlia Maria di nove mesi. “Sei l’amore di papà”, le diceva sempre.
Che sogni aveva Antonio? 
Aveva iniziato a informarsi per aprire un call center. Voleva creare una sua attività, oltre alla rivendita delle auto che seguiva con il fratello, Costantino e mio marito.
Ci racconta il suo ultimo giorno di vita? 
Quel giorno è stato molto felice per la nostra famiglia. Mio marito (Vincenzo Bevilacqua, detenuto per omicidio, ndc) era tornato con un permesso premio di sei ore. Siamo stati a festeggiare in un ristorante della riviera. La sera mi è venuta una grande tristezza, forse un presentimento.
Che cosa vi siete detti l’ultima volta che ha visto Antonio?
Era l’una di notte. Gli dissi: vai a dormire. Lui mi rispose: esco dieci minuti a comprare le sigarette e torno. Lo faceva spesso, come tutti i giovani, non aveva appuntamenti con nessuno se non con il destino. Avevo persino chiuso il cancello per non farlo uscire, ma lui lo ha scavalcato. Da quel momento non l’ho più visto. Ora vado tutti i giorni a trovarlo al cimitero. Se non fosse uscito sarebbe ancora vivo, ma non mi ha ascoltato.
Che cosa racconterete a Maria quando sarà grande? 
La bambina bacia le foto di suo padre. Le parleremo di lui, le foto e i video saranno per Maria i soli ricordi del papà.

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